Viterbo RACCONTO Che gli hobby siano gratificanti lo dice la saggezza popolare
di Agostino G. Pasquali

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Che cosa c’è di più bello, di più desiderabile di una vacanza?

     Il ‘tipico uomo moderno’ lavora per mesi, tutti i giorni dal lunedì al venerdì, mentre i sabati e le domeniche li dedica alla manutenzione della casa  (riparare, restaurare e pulire, soprattutto pulire) e dell’auto (soprattutto pulire). 

E se poi quell’uomo ha pure  un giardino?  Lo deve curare (falciare, potare, zappare, seminare e pulire, soprattutto pulire). Si è vero: si tratta di hobby, e gli hobby si fanno con piacere perché sono gratificanti (escluso il pulire, pulire non è mai gratificante).

     Che gli hobby siano gratificanti lo dice la saggezza popolare, quella saggezza popolare che non si sa da chi sia stata inventata, ma c’è il forte sospetto che sia favorita e alimentata dai produttori e venditori di materiali per il fai-da-te.

     Un esempio perfetto di ‘tipico uomo moderno’ è il geometra Eraldo Pinzi che è occupato in un’impresa edile, della quale è socio lavoratore; infatti dedica i giorni dal lunedì al venerdì all’azienda. Nei fine settimana pratica tutti gli hobby elencati sopra e in più si diletta a costruire orologi a pendolo antichi (naturalmente con movimento elettrico) e modellini di navi (che non navigano, ma hanno le lucine elettriche, anche i galeoni dei pirati), e altri modelli… insomma tutta quella roba che periodicamente la pubblicità propone in scatole di montaggio frazionate a scadenze settimanali. Quella pubblicità che appare in televisione e arriva per posta, e quella per posta è la più efficace perché  personalizzata: “Egregio signor Eraldo, abbiamo realizzato esclusivamente per Lei…”  Come si fa a dire di no all’offerta di una scatola di montaggio ‘esclusiva’?

     Ma per fortuna una volta all’anno, raramente anche due volte, il geometra Eraldo Pinzi si concede una settimana di vacanza. Non un mese intero? No, questo è un lusso da lavoratori dipendenti, i quali si lamentano sempre, ma in realtà lavorano meno degli autonomi.

     Appunto oggi, venerdì pomeriggio, è arrivato il momento della settimana di vacanza per Eraldo Pinzi che, appena tornato a casa dal lavoro, dimentica il lavoro e trascura gli hobby, e si dedica invece a preparare bagagli e auto per partire domani per una bella, desiderata, sognata per mesi, settimana bianca.

     Alla sera, giustamente soddisfatto, pregusta il momento di godersi una buona cenetta che Deborah, la moglie, e Elena, la figlia diciottenne, hanno preparato con una cura particolare per festeggiare la partenza.

     Si sente un po’ stanco perché anche i preparativi per la partenza sono stati un bell’impegno, ma è sereno e tranquillo come è ovvio che sia chi è consapevole di aver organizzato tutto e bene. Sale su per la breve rampa di scale che dal garage porta all’ingresso di casa;  sale con calma, rilassato,  sfiorando il corrimano della ringhiera come fa sempre, non per necessità, ma per vezzo, accarezzando quel legno che il tempo e l’uso hanno reso liscio come il velluto. Arrivato sul pianerottolo avverte però l’impellente necessità di restare attaccato al corrimano. Non capisce il perché di quell’esigenza, ma la sente istintivamente. Con un piccolo sforzo di volontà si distacca, fa un passo e intuisce che sta per cadere, quindi si appoggia al muro.

     E’ colto da una strana sensazione di vertigini.

     Eraldo ha sempre sofferto di vertigini, più precisamente di acrofobia, la paura dei luoghi alti che gli dà tremori e senso di soffocamento, per cui evita sempre di salire su una torre o affacciarsi da un balcone più su del secondo piano. Con il lavoro che fa questo è talvolta un problema, ma lui si occupa prevalentemente del lavoro d’ufficio e, quando è in cantiere, cerca di non salire sulle impalcature, ma se è necessario sale con cautela e apprensione.

     Però ora sta a casa sua, al piano rialzato, e non c’è alcun vuoto su cui affacciarsi. E poi la sensazione è differente da quella propriamente acrofobica  perché non sente alcun disagio, niente tremore né affanno, ma è solo che non riesce a stare in equilibrio. Apre la porta e camminando cautamente, appoggiandosi alla parete, raggiunge la cucina dove Deborah ed Elena stanno preparando la tavola con piatti e bicchieri di plastica (così si buttano, non si perde tempo e tutto è in ordine per la partenza di domani).

     Deborah nota subito la preoccupazione sul volto di Eraldo, si accorge che lui cammina incerto,    allora chiede:

     “Che succede? Ti sei fatto male? Hai una distorsione alla caviglia? Ci manca proprio questo ora che stiamo per partire per la montagna…”

     “No, ho un po’ di difficoltà a stare in piedi, ma non ho dolori. Sarà la stanchezza, ora mi riposo un attimo e va tutto a posto.”

     La sua sedia è vicina alla parete sulla quale sta appoggiato e per sedersi deve fare un passo solo.

     Eraldo finge tranquillità e anche allegria per non dare preoccupazioni alla moglie e alla figlia, ma non è affatto tranquillo. Però, ora che si è seduto, si sente bene, proprio bene, e si dispone con ottimismo a gustare la cena che le ‘sue donne’ stanno portando in tavola. Contrariamente al suo solito non aiuta, non si alza a prendere le bevande, chiede alla figlia di provvedere lei perché lui questa sera è proprio stanco. Spera che il riposo, il cibo caldo e un buon bicchiere di vino gli facciano passare il disturbo, confida che a fine cena starà benissimo.

     Come piatto forte Deborah ha preparato una rosticciata, uno spezzatino di carne con patate tipico delle Dolomiti, un piatto quindi che anticipa l’atmosfera della vacanza. Eraldo va ghiotto per la rosticciata, tuttavia al terzo boccone gli viene un attacco di nausea. Deve andare in bagno, ma appena si alza avverte la mancanza di equilibrio e chiede alla moglie di accompagnarlo. In piedi la nausea scompare, ma l’equilibrio non ritorna per cui è costretto a spiegare a Deborah quello che gli sta succedendo.

     “Devi sentire subito il dottore...” consiglia lei.

     “Sì, ti pare? Di venerdì sera? Ammesso che lo trovi, che vuoi che dica?”

     “Allora andiamo subito al pronto soccorso.”

*     *     *

     Al pronto soccorso Eraldo viene interrogato sui disturbi che accusa, e, visto che non ha alcun sintomo che richiede urgenza, viene classificato ‘codice verde’ e messo in attesa. Precedenza ai codici gialli e rossi.

     Ogni volta che la fila d’attesa sta per esaurirsi arrivano nuovi casi urgenti:  incidenti stradali, difficoltà respiratorie e sul tardi, sono ormai passate le undici di sera, anche casi di ebbrezza alcolica con manifestazioni patologiche. “Tipico delle notti del venerdì e del sabato” spiega un autista del 118.

     Mentre aspetta in compagnia della moglie (la figlia è rimasta a casa e chiama di tanto in tanto con il telefonino) Eraldo utilizza lo smartphone per cercare su internet qualche notizia su ‘vertigini’;   scopre così che le vertigini non sono una malattia, ma il sintomo di numerose patologie, alcune banali come infezioni e disturbi dell’orecchio o come artrosi cervicale, altre anche gravi come insufficienza circolatoria e neoplasie.

     Si può ben immaginare il peggiorare dello stato d’animo, l’ansia di Eraldo, quando finalmente, passata la mezzanotte, viene visitato. Il medico non ha bisogno di chiedere nulla perché Eraldo nell’attesa si è preparato un discorso dettagliato e glielo recita d’impulso, come uno sfogo, esponendo fatti e sintomi; li enumera e li descrive minutamente e conclude con l’elenco delle possibili cause e delle diagnosi che ne possono derivare, tutto come l’ha trovato in internet. Il medico all’inizio resta sorpreso, poi inizia a sorridere perché gli viene in mente Furio Zòccano, quel personaggio logorroico recitato da Carlo Verdone nel film ‘Bianco, rosso e Verdone’. In un momento di pausa di Eraldo, necessario per riprendere fiato, il medico chiede:

     “Ma lei si chiama Furio Zòccano?”

     “No, Pinzi Eraldo…”

     “Ah, bene. Credevo… Allora la cartella preparata dall’infermiere è giusta. Sì, appunto, Pinzi Eraldo. Bene signor Pinzi. Vedo che lei è preparato in medicina, ha detto tutto lei, sa già tutto, quindi non perderò tempo e la mando a fare subito una TAC…”

     Eraldo impallidisce e balbetta: “Allora lei pensa al peggio… una neoplasia…”

     Il medico sorride e conclude:  “Tutto è possibile, l’ha detto lei ‘autorevolmente’ e io non posso smentire. Secondo me lei non ha niente di grave. Però, visto che è qui, io ho il dovere di farle tutti gli accertamenti che il caso richiede. E la TAC è solo il primo…”

     Mentre il tecnico di radiologia lo sistema sul lettino e gli introduce la testa nella macchina, Eraldo, che non ha mai fatto prima una TAC, mormora:

     “Però mi fa un po’ paura…”

     “Nun se preoccupi, da qui v’ho visti uscì sempre tutti vivi…” dice allegramente il tecnico.

     Come augurio non c’è male!

     Tornato all’accettazione con il referto della TAC, il medico dice ad Eraldo:

     “La TAC è negativa, quindi il peggio è da escludere. La ricovero in ‘Otorino’ per altri accertamenti e poi magari andrà in ‘Neurologia’. Purtroppo oggi è venerdì, anzi è già sabato e quindi per lei riposo a letto. Per gli esami se ne riparla lunedì.”

      Ma in otorino non ci sono posti liberi, quindi Eraldo Pinzi viene trasferito direttamente in neurologia.

     (Continua e finisce il 28 Febbraio clicca qui)

Agostino G. Pasquali

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