Francesco Mattioli, sociologo

Beh, che l’amico Marini Balestra fosse nella schiera dei cattolici tradizionalisti lo sapevo già ed è parte integrante delle nostre pur saltuarie chiacchierate sui destini del mondo.

Papa Francesco a molti piace e a molti no. Forse sarà divisivo, ma era divisivo anche Gesù quando rivelò di essere il Cristo, quindi che lo sia un Papa è il meno. D’altronde lo fu Gregorio Magno, lo fu Giulio II, persino Pio X e tutto sommato anche Giovanni XXIII. Tutta gente che si faceva portare sulla sedia gestatoria, che era una forma di riverenza degna più della statua di coccio di un  Santo Patrono che di un Pastore pronto ad assumere l’odore delle sue pecore.

Lasciamo stare la questione dei cagnolini vs i figli; nel mio articolo ho solo detto che non sono alternativi, anzi la loro convivenza è di grande utilità sociale e umana. E ho sottolineato che non fare figli in Italia dipende da situazioni in cui i cani o i gatti c’entrano poco. Insomma, ho fatto il mio mestiere.

Che a mio avviso Papa Francesco sia il miglior papa possibile in questo momento, dipende forse dal fatto che sono un cattolico progressista.

Che è poco entusiasta della regale pompa magna in cui un papa doveva vivere (cosa estranea sia a Gesù che a Pietro);

che è poco entusiasta delle connivenze finanziarie di cardinali troppo attenti alle speculazioni per non essere accostati ad Anania e  Saffira;

che non  sopporta gli scandali sessuali di persone che poi ti condannavano a venti avemmarie se da ragazzo ti masturbavi in bagno;

che mostravano consenso e amicizia verso dittatori che ammazzavano gli oppositori in carcere;

che dicevano ai poveri e agli sfruttati di sopportare, di non  reagire, tanto più si pena qui, più si gode in paradiso, ma si circondavano di ricchezze e godurie varie;

che chiudevano la porta ai “peccatori” d’ogni diversità e vedevano la scienza come un’opera del demonio piuttosto che come il barlume di intelligenza divina che alligna nei Figli della Luce. 

Preferisco la Chiesa di Giovanni Paolo II, di papa Bergoglio, ma anche di S. Francesco, di Filippo Neri, di Leonardo Murialdo, di Don Milani, del vescovo Romero; la Chiesa che va incontro a Dio andando incontro all’Uomo.

D’altronde la Chiesa non è mai la stessa, ed è proprio per questo che sopravvive alla Storia. Certo, è lenta a cambiare, ma cambia, per buona pace dei tradizionalisti.

Il Concilio Vaticano II fu rivoluzionario, ci consegnò una liturgia comprensibile anche a chi non ha studiato al liceo classico, un prete che dall’altare ci guarda negli occhi, la musica intonata da speranzosi ragazzi moderni invece delle uggiose cantilene barocche cantate dai “castrati”, veri e finti che fossero; ma soprattutto ci ha offerto una Chiesa sul campo, che interpella la politica senza omologarla nei corridoi del potere, una reale applicazione della parola evangelica che guarda più al povero che al ricco, che  rivendica a sé l’“invenzione” della trinità giacobina della libertà (come assunzione di responsabilità individuale), dell’uguaglianza (nel godimento dei diritti), della fraternità (come rispetto dell’Altro).

Certo, non lo sta facendo tutta la Chiesa, organismo complesso di membri che tirano da un parte e altri che tirano altrove. Ma Papa Francesco, con molta prudenza ma anche molta linearità è incamminato in una direzione in cui il perdono, la comprensione e l’inclusione superano la condanna; è il papa del “chi sono io per condannare” piuttosto che il papa-re dell’infallibilità. Può non piacere ai tradizionalisti, ai sanfedisti, ai gattopardi, ai nostalgici. Sociologicamente ciò è comprensibile, per un Küng che invita a cambiare in  nome dell’originale messaggio d’amore di Cristo c’è un Livi che piange il tradimento degli insegnamenti immutabili dei Padri della Chiesa.

Nessun eccesso è benvenuto, certo, come non lo è tuttavia alcun ritiro dalla realtà che cambia intorno a noi. Così, ha ragione Ratzinger quando lamenta che alcuni cattolici troppo “progressisti” si dimenticano di Dio e a forza di umanizzare Gesù restituiscono una visione del Cristianesimo in cui “lavora solo l’Uomo a costruire il regno… conta solo organizzare il mondo”. 

Ma ha ragione anche Piero Coda, equilibrato e apprezzato teologo cattolico, quando si interroga sulla necessità di rimodulare la verità cristiana alla luce sia delle scoperte scientifiche (in specie quelle sull’autocoscienza) sia della maturazione di un’etica sociale che, tramite la vera carità paolina – che significa accoglienza e comprensione - difenda la dignità dell’Essere Umano in tutte le sue manifestazioni.  

Franco Garelli, un sociologo cattolico profondo studioso del processo di secolarizzazione, molto vicino in gioventù a Paolo VI, qualche tempo fa mi disse più o meno così: “Penso che gran parte dei cattolici tradizionalisti di oggi, allora avrebbero crocifisso Gesù per il suo scandaloso messaggio di fraternità e di amore”.

Ne sono convinto anche io; invito l’amico Marini Balestra a prendere le distanze da chi guarda al dito di una mera tradizione gerarchica del Magistero, piuttosto che alla luna di un Cristianesimo ispirato sostantivamente alla Parola evangelica.

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L'articolo dell'avv. Andrea Stefano Marini Balestra

PER IL SOCIOLOGO FRANCESCO MATTIOLI PAPA FRANCESCO E’ BUONO, MA…. NON SEMPRE

 

 

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