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di Francesco Serra e di Melissa Mongiardo
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Viterbo VIDEO - POLITICA Il sindaco resiste due mesi: non dà le dimissioni e non tratta con il gruppo di Serra che è costretto a tornare in consiglio
Tiziana Mancinelli

Ha vinto Leonardo Michelini. Ha vinto il muro di gomma. Il sindaco dal volto serafico ha indossato il guanto di velluto sopra un pugno di ferro e ha messo al tappeto il gruppo di Serra, uscito dalla maggioranza per circa sessanta giorni e rientrato proprio venerdì nella Sala del Consiglio in occasione della seduta di Consiglio comunale, convocata per deliberare sul referendum per l’acqua pubblica, richiesto dai cittadini, e sul mattatoio.

Dei sette che avevano abbandonato la maggioranza, solo Arduino Troili non si è visto in Consiglio comunale. Nelle prossime sedute si capirà se la sua assenza equivale a una bella pernacchia a quel meccanismo politico che si è messo in moto per riportare nelle file della maggioranza, minacciando, sembrerebbe, anche l’espulsione dal partito, sei consiglieri comunali per niente convinti che il dietro front fosse la decisione giusta. Che però hanno preso, tornando sui banchi del consiglio.

La convinzione del singolo si piega alle logiche di un partito che sembrerebbe anteporre il mantenimento degli spazi politici, la salvaguardia di una bandierina rossa posta su un capoluogo di provincia, piuttosto che l’interesse di una città a essere governata, mantenendo in vita una coalizione che non solo si sta dimostrando incapace di programmare il futuro, ma anche di assicurare un adeguato funzionamento quotidiano.

I sette consiglieri Pd che hanno lasciato la maggioranza, volevano vedere in questi sessanta giorni un cedimento da parte del sindaco Michelini. Volevano le sue dimissioni, che avrebbero aperto lo spazio di venti giorni, dopo i quali sarebbero diventate definitive, per ricercare una composizione politica tra Partito Democratico e Moderati e Riformisti.

La vera spina nel fianco, questi ultimi, della parte del Pd che in questi due mesi ha lasciato l’aula del consiglio. Lo dice espressamente Serra: “Questa città non è né moderata, né riformista. Questa città voleva un cambio di rotta. E lei – ha proseguito Serra rivolto al sindaco – si è fatto promotore di un movimento politico. Ne è diventato presidente, perdendo la sua terzietà e presentando addirittura una lista alle elezioni provinciali”.

Ma Michelini in questi sessanta giorni non ha ceduto. Il sindaco non solo non ha dato le dimissioni, ma ha nuovamente sventolato il pugno di ferro, dichiarando al termine della seduta di venerdì: “Se mi dimetto non torno indietro”, un’affermazione che cancella ogni speranza circa la riapertura della partita sullo scacchiere politico comunale.

Il gruppo di Serra, come era ovvio attendersi, non ha reclamato posti in giunta, ma una “esemplificazione” dell’assetto, che potrebbe far pensare alla richiesta di rimuovere qualche assessore per riequilibrare la rappresentanza nell’esecutivo di Mo.Ri. da una parte, e Pd dall’altra, soprattutto dopo l’uscita dalla giunta di Vannini, in quota, appunto, al partito di Renzi.

Ma sarebbe meglio dire, tra fioroniani da un lato e Serra - panunziani dall’altro, contando, la prima, ben cinque posizioni: gli assessori Ciambella, Ricci, Saraconi, Barelli e il presidente del consiglio Marco Ciorba, e la seconda solo tre, ossia Troncarelli, Perà e Delli Iaconi.

Il probabile scontro sulla giunta, però, venerdì si è appena intuito: come impone la retorica politica, ma qui c’è anche molta verità, il gruppo di Serra ha espresso malcontento per: “Mancata attuazione del programma”.

E qui verrebbe da chiedere quale programma: che questa amministrazione non aveva le idee chiare si era capito immediatamente all’atto dell’insediamento, quando si era presa tutti i 100 giorni consentiti dalla legge per presentare in consiglio le linee programmatiche che generalmente si illustrano alla prima seduta. E la cosa è peggiorata strada facendo.

Come giustamente ha osservato la consigliera Mongiardo, anche lei rientrata in maggioranza solo venerdì, “la situazione non è migliorata, ma peggiorata”. E su questo non c’è dubbio. Il gruppo di Serra c’è, ma non c’è. Sono in consiglio, ma non voteranno, se non lo riterranno opportuno. Liberi dal mandato. Responsabili solo nei confronti dei cittadini. È questa la linea che prevarrà in consiglio. Una linea di fuoco.

Uno scontro che non solo non si è spento, ma minaccia di divampare in modo ancora più virulento, travolgendo e distruggendo un contesto cittadino che in questi tre anni ha ingranato la marcia verso un decadimento disastroso e senza ritorno.

Michelini ha vinto, ma la sua è una vittoria di Pirro, costretto ad andare in consiglio da oggi in poi con il pallottoliere in mano, contando a ogni atto se ha, o no, i numeri per approvarlo, per mandare avanti la macchina amministrativa, fronteggiando un’opposizione agguerritissima e indisponibile a fare sconti, confortata nel vedere giorno dopo giorno occupare i propri banchi da un consigliere in più che salta la sponda della maggioranza.

Se l’amministrazione di centrosinistra proseguirà il suo mandato con le premesse che sono state messe ieri in consiglio, sarà un’”Odissea nello spazio”, una “terra di mezzo”, come ha ironicamente detto il consigliere di opposizione, Gianmaria Santucci, evocando i campi di battaglia di Tolkien, contesi da orde di orchi meno feroci del braccio di ferro che si sta consumando, a danno dei cittadini, tra fioroniani e Serra - panunziani.

Forse l’unico gesto di responsabilità che la città si aspettava, era quello di far partire i titoli di coda su questa infelice esperienza amministrativa.

“Saremmo stati visti come i killer del centrosinistra”, ha detto Serra riguardo all’ipotesi di far cadere Michelini. E così da venerdì, se le cose continueranno su questi binari, potrebbero essere diventati i killer delle speranze di un’intera città.

E poco servirà la rinuncia al ruolo di capogruppo di Serra, a offuscare ai cittadini questo brutto ricordo.

Tiziana Mancinelli


Francesco Serra e Melissa Mongiardo

Ripresa di Tiziana Mancinelli per il quotidiano www.lacitta.eu

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