Carlo Bordini, Fabrizio Dal Passo, Pamela Ferri

LA VIA CASSIA-FRANCIGENA E L’ALTO LAZIO NELLA SECONDA META’ DEL XVIII SECOLO

INTRODUZIONE∗

Lo studio della via Cassia nel secolo XVIII, svolto per la ricerca “La cartografia tematica nelle scienze storiche e geografiche”, è stato realizzato con il contributo del Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, e sotto la direzione del Prof. Cosimo Palagiano.

L' importanza della via Cassia nei secoli proviene dal fatto che essa costituisce il collegamento naturale di Roma con il resto dell'Europa; importanza che si accresce nel basso medioevo, dal momento in cui la Cassia diviene, con l'istituzione dei giubilei, la principale via di accesso per i pellegrini. Successivamente, quando, a partire dal Settecento, si sviluppa l'abitudine del viaggio di formazione in Italia dei giovani dell'aristocrazia europea, la Cassia diviene un punto di passaggio per buona parte della classe dirigente e intellettuale del continente in visita a Firenze e a Roma, tappe obbligate del "Grand tour". Nella seconda metà del Settecento, inoltre, la Santa Sede cerca di rilanciare l' istituzione giubilare, che aveva conosciuto il periodo del suo massimo splendore tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento.

Nello studio in oggetto è stata messa in evidenza non soltanto l’importanza geografica dell’asse viario tra Roma e l’Alto Lazio nell’età moderna, per il quale esso si prefigura come una vera e propria dorsale di collegamento, ma anche l’enorme importanza storico-culturale della Cassia come “strada Francigena”, rilevando la sua intrinseca vitalità sia per quel che riguarda l’accoglienza ai pellegrini e ai viaggiatori del Settecento, sia per le strutture sanitarie poste lungo il suo percorso.

Per quanto riguarda la descrizione storico-topografica della via Cassia, di grande aiuto e riferimento sono state le opere di A. Nibby, “Analisi dei dintorni di Roma” del 1849, il II tomo dell’opera di G. Tomassetti “La Campagna Romana. Antica, Medioevale e Moderna” del 1910 e quella di E. Martinori “Le Vie Maestre d’Italia: la Via Cassia e le sue deviazioni” del 1930, oltre all’analisi di numerosi altri testi elencati in bibliografia. Il risultato è un vero e proprio cammino attraverso la via Cassia confrontato, miglio dopo miglio, con i luoghi, le loro vicende storiche dal XII al XIX secolo, le locande, le osterie, gli ospizi e gli ospedali per viaggiatori e pellegrini nei vari secoli, con una serie di notizie dettagliate e, spesso, di aneddoti particolarmente interessanti.

Si è proceduto alla classificazione del materiale reperito alla Biblioteca Nazionale di Roma, alle Biblioteche Alessandrina, Vaticana, di Storia Moderna e Contemporanea, Casanatense, di Storia dell’Arte ed Archeologia, della Società Geografica Italiana e dell’Ecole Française - Ambasciata di Francia a Roma, oltre alla consultazione della Biblioteca di Storia Moderna a Viterbo e del Centro Studi Romei a Siena.

In tal modo si sono potuti compilare dei regesti delle osterie e delle locande nominate sulla via Cassia tra il XIV ed il XVIII secolo, con particolare riferimento alle testimonianze storiche più significative. Ugualmente importante è stato, poi, l’esame dei principali luoghi di culto posti lungo il percorso dei pellegrini romei, comprese le chiese scomparse negli ultimi due secoli.

Un ulteriore rilievo è stato dato ad un argomento finora poco studiato: i luoghi di posta lungo la via Cassia, veri e propri snodi stradali tra le antiche strade consolari e le mulattiere della Campagna Romana. Per alcuni di essi, come ad es. la Posta del Baccano, sono stati trovati anche dei riferimenti agli avvenimenti storici più significativi per lo Stato della Chiesa, nonché la presenza di alcuni personaggi illustri, (nel caso della posta del Baccano Vittorio Alfieri). Particolare attenzione è stata data allo studio delle comunità straniere presenti a Roma durante il XVIII secolo (tedeschi, francesi, inglesi ecc.), specialmente confrontando il numero di pellegrini giunti nella città negli anni giubilari rispetto alla popolazione effettiva; ed ancora analizzando il tipo di accoglienza riservato a individui di diversa estrazione sociale (nobili studiosi, ricchi viaggiatori, nullafacenti), in base al quale risulta che a Roma la maggior parte dei pellegrini cercava una camera in affitto, vivendo all’interno di famiglie di diverse condizioni economiche.

Al fine di reperire il maggior numero possibile di notizie, è stata necessaria la ricerca di documenti all’interno degli archivi, in particolare quelli collocati nei centri piccoli e grandi sorti lungo il percorso della via Cassia, in quanto potenziali conservatori di memorie locali.
Sotto questo aspetto, fondamentale è stata la ricerca all’Archivio di Stato di Roma, che contiene la documentazione relativa alle città, ai borghi e alle stazioni di posta dell’Alto Lazio nel XVIII secolo, in particolare tutti i regolamenti e le disposizioni generali emessi dall’autorità pontificia.

In tal modo la ricerca ha portato, e in alcuni casi riportato, alla luce l’importanza storica che aveva la via Cassia in tutto il settore settentrionale del Lazio; sia come via di comunicazione tra Roma, la Chiesa e l’Europa dei Lumi, sia come direttiva commerciale ed economica, oltre che come percorso organizzato appositamente dai Papi per l’accoglienza e il sostentamento dei pellegrini e dei viaggiatori giunti a Roma nella seconda metà del XVIII secolo.

Carlo Bordini

∗ Alla ricerca hanno partecipato, con la supervisione del Dott. Carlo Bordini, responsabile dell’unità storica, la Dott.ssa Francesca Cantalini, il Dott. Fabrizio Dal Passo, la Dott.ssa Pamela Ferri e la Dott.ssa Barbara Mancuso. Una buona parte di questo lavoro è stata pubblicata su Internet a cura del L.I.D.S (laboratorio di Informatica del Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli studi “La Sapienza” di Roma). La presente pubblicazione è frutto di una rielaborazione dell’insieme delle ricerche, (esclusa la parte di Barbara Mancuso) da parte di Fabrizio Dal Passo e Pamela Ferri, sotto la direzione di Carlo Bordini. Pur essendo un lavoro realizzato a più mani, occorre precisare che la parte riguardante la viabilità della via Cassia in generale (dal paragrafo “La via Cassia: storia descrizione e percorsi” fino a “Le strutture di assistenza a Roma lungo la via Cassia”) è stata curata dal dott. Fabrizio Dal Passo, mentre la parte riguardante i “riattamenti”, le ispezioni e i progetti basati su fonti archivistiche, è stata curata dalla dott.ssa Pamela Ferri.

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LA VIA CASSIA: STORIA, DESCRIZIONI E PERCORSI.

Questa grande arteria stradale, che da Roma conduceva nell’Etruria, si vuole debba il suo nome al censore e proconsole L. Cassio Longino Ravilla, il quale, tra il 116 ed il 106 a. C., restaurò e selciò la via, che già da tempo esisteva e serviva di comunicazione tra Roma e la province del Settentrione1. Il primo tratto della Cassia, che distaccava dalla sinistra della Flaminia al piazzale di Ponte Milvio, fu comune con la Clodia o Claudia, aperta posteriormente, e che da essa si diramava, come vedremo, circa al decimo miglio da Roma, per condurre, a sinistra, verso la Maremma a congiungersi con la Aurelia. L’antica strada Romana aveva un doppio percorso, se non triplice. Il NIBBY dopo accurati studi sul tracciato antico, medievale e moderno della via Cassia, ha rettificato secondo questa sequenza gli itinerari:

Roma
Pons Milvius, m. III
ad Sextum m. III
Veios m. VI
Baccanas m. IX
Sutrium m. VII
Vicum Matrinum m. VIII
Forum Cassii m. IV
Aquae Passaris m. XI
Volsinios m. IX
ad Pallam flumen m. XII (XV)
Clusium m. VIII (IX)
ad Novas m. IX
Arretium m. XXIV
Flumen Umbro2
Bituritam3
Ad fines (Casas Casarianas) m. XXV
Aquileiam
Florentiam m. XIV

1. La Via Cassia a Roma.

L’antica Cassia partiva dunque dal piazzale di Ponte Milvio e non da una Porta Cassia, quale erroneamente fu creduta la ora distrutta Porta Angelica, sulla quale era scritto che Pio IV l’aveva aperta iuxta Cassiam. E’ più esatto quanto si legge sull’arco del corridoio vaticano, cioè che VIAM ANGELICAM TRIBUS MILLIBUS

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1 La via Cassia era una delle quattro strade postali del Lazio che, attraverso Viterbo e Acquapendente, giungeva al confine con la Toscana. Misurava 83 miglia da Porta del Popolo fino al Ponte Centino, precisamente a metà del torrente Elvella, ed era divisa in undici poste. Fu soggetta nel corso del XVIII secolo, in particolare in occasione dei Giubilei, a molti lavori di restauro. Frequentemente citata nelle guide per i pellegrini soprattutto del XVIII secolo, costituiva una delle vie di accesso a Roma più frequentate. In Roma antica e moderna... una descrizione di Roma edita in occasione degli anni giubilari del 1750 e 1775 le si dedicano poche righe, delle descrizioni sintetiche ma più circoscritte sono invece quelle di Montfaucon, del Barone Alexis de Krüdener, del Conte di Caylus, dell'inglese Gibbon, che si sofferma soprattutto sulla "Campagna di Roma", dell'abate di Saint-Non. Spesso i viaggiatori annotavano nei loro viaggi le difficoltà del cammino, individuando le differenze con le strade della Toscana più curate e agevoli, raccontando a volte anche gli incidenti che si verificavano durante il viaggio, come quello in cui incorsero sul Monte Cimino quattro viaggiatori olandesi nel 1778. Delle undici poste della via Cassia tre -quelle dalla Montagna a Viterbo, da Bolsena a San Lorenzo e da San Lorenzo ad Acquapendente- non erano complete. I luoghi di posta erano Centino, San Lorenzo Nuovo, lago di Bolsena, Montefiascone, Viterbo, Ronciglione, Baccano e La Storta.

Nel XVIII secolo si hanno notizie contrastanti sul numero delle poste lungo la via. Il Reverendo Alban Butler, nel suo diario di viaggio del 1746 (Travels through France & Italy...) scrive: «Da Siena a Roma, attraverso Radicofani, Acquapendente e Viterbo, sono 13 poste italiane (circa 110 miglia), una strada in parte buona, in parte, vicino al confine con la Toscana, molto montagnosa e cattiva». Testimoniati sono i lavori di restauro lungo la via Cassia in occasione del giubileo del 1775, soprattutto dei ponti. Quello sul fiume Paglia, che aveva subito interventi già nel 1751, fu restaurato nel 1773. Il 1767 fu l'anno che vide più rifacimenti in onore di Maria Carolina sorella del Granduca di Toscana che nel 1768 avrebbe attraversato l'Italia attraverso la via Cassia per raggiungere Napoli e andare in sposa a Ferdinando IV.

2 Correggi, Ambra.

3 Biturgia (Bituriza).

PASSUUM AD CASSIAM DUCIT4.

Sin dal medioevo, la Chiesa Romana considerò la via Cassia una delle principali vie di comunicazione all’interno e all’esterno dei suoi domini, come testimonia l’altro nome che le venne dato, cioè quello di via Francisca, dai numerosi pellegrini che dai principi Carolingi in poi, e per la massima parte Franchi, la seguivano per venire a Roma. CIRIACO d’Ancona la segnò con tal nome; il che fa vedere che nel secolo XV durava tuttora. Il primo tronco della via stessa, presso il Vaticano, sulle cui tracce Pio IV fece costruire la Via Angelica, fu detta ruga francisca (dal francese rue).

Questa denominazione è indicata in martirologi e necrologi vaticani del secolo XIII e XIV, ma dunque era già invalsa ed antica. Usciva dalla porta Viridaria detta anche Sancti Petri ed Aurea, presso la quale era una statua marmorea con tre teste, forse un’antica Diana triforme. Da questa porta s’intitolarono anche i virgarii,5 fabbricanti di verghe o bordoni, che qui dovevano avere la loro sede. La porta ebbe anche il nome di S. Pellegrino, dalla antica chiesa prossima tuttora esistente, ma abbandonata e adesso vergognosamente ridotta, sulla sinistra della via, nell’interno del Vaticano.

Annesso alla chiesa era un ospedale ricordato in una bolla di Leone IX e detto hospitale S. Paegrini in Naumachia e in un atto di S. Maria in Via Lata del 1042, con menzione della detta porta di S. Pellegrino. Presso la chiesa v’era una fonte, che serviva ai pellegrini appena giunti, per lavarsi o dissetarsi6. Niccolò III, per ampliare il terreno attorno alle mura vaticane e ingrandire la strada, acquistò la tenuta di S. Lazzaro sotto il monte Mario con l’ospedale annesso (ecco il primo Lazzaretto d’Europa, intitolato dal famoso santo risuscitato dal Redentore, ridotta ora ad un magazzino di ciarpami presso l’osteria di S. Lazzaro, che è la sola memoria storica di un’opera pia antichissima, destinata in favore dei lebbrosi.7

La porta di S. Pellegrino, che corrisponderebbe oggi all’arco di S. Anna, fu detta aurea, lo fu di S. Pietro e lo fu anche Viridaria dal giardino vaticano.

Questa porta ebbe il disonore di chiamarsi per più di una volta porta Merdaria, come in tutto il secolo XV, quando fuori di essa si era formato un letamaio di pubbliche deiezioni8. Ed ora torniamo alla Via Cassia. Dovremo percorrere la storia di quindici tenute e di molti importanti comuni, sino ad Acquapendente, che è l’ultimo comune del dominio di S. Pietro dal medioevo a questa parte.

Alcune memorie moderne testimoniano la concessione di dazi della porta Angelica fatte nel 1566 da Pio V a Ludovico Roscio chierico Intermamnense; la conferma al medesimo nel 1572 e la concessione fattane da Clemente X, nel 1673, ai conti Muzio e Giuseppe Carpegna in infinitum, in successione del Card. Carlo Roberti Carpegna; essendo morto nel 1750 Francesco M. Carpegna senza figli maschi, Benedetto XIV li concesse a Egano Lambertini suo nipote. E’ importante ricordare che il tratto iniziale della via Cassia prendeva il nome di via Angelica, mentre la vera e propria strada Cassia iniziava dal Piazzale di ponte Milvio9.

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4 La Via Angelica con poco divario seguiva il tracciato dell’odierno Viale Angelico, che da Piazza del Risorgimento conduce al piazzale di Ponte Milvio. In un manoscritto di GIACOMO VOLTERRANO viene denominata Cassia la Porta Pertusa sulle mura Vaticane, forse perché da quella si poteva, per la Via Trionfale, raggiungere la Cassia presso la tenuta della Giustiniana. Nel medio evo la Cassia prese il nome di Via Francisca o Francigena perché era percorsa dai pellegrini che venivano dalla Francia fin dal tempo di Carlomagno.

5 Virgarii portae Sancti Petri.

6 Riportiamo l’iscrizione, che allude a Giulio II: FONS AD HOSPITEM/ unde mihi tam forma decens dulcenque liquorem/ nosce hospes iuli numinis aura dedit/ hi latices superum superent te iudice rorem/ his homines illo solis aluntur equi.

7 A. D. TANI, nell’articolo Roma e Giappone, apparso su “Il Messaggero” del 17 luglio 1921, nell’ambito dei rapporti tra Roma e il Giappone, ricorda la seconda ambasceria partita dal Giappone nel 1614 e organizzata dai francescani. Questa ambasceria, dopo molte vicissitudini e sventure che ne avevano ridotto i componenti da 130 a 25 persone, vestita dei costumi nazionali, era giunta a S. Lazzaro, ai piedi del monte Mario, e qui era stata ricevuta dai rappresentanti della corte, del municipio e della nobiltà romana.

8 Extra portam platee S.ti petri, contigua domuj fundarìe artellarìe, trovavasi una casa detta Palazzetto, donata da Clemente VII a Vincenzo Goiardo, dicte artellarie funditori et capiteneo; il 29 novembre 1541 Paolo III confermò tale beneficio e diede ordine di immettere immediatamente il donatario nel possesso corporale della casa (Archivio Segreto Vaticano, arm. XXIX, Divers. Camer., t. 127, f. 59v. olim 54v.).


9 Gibbon percorse nell'ottobre del 1764 il cammino da Radicofani a Roma in due giorni, con un'unica sosta a Viterbo. Il lunedì I ottobre scrive nel suo giornale di viaggio: «Da Radicofani a Viterbo. Il paese va già meglio. Siamo negli Stati del papa. Ho visto da lontano il lago di Bolsena. Volsinii è davvero posta in fondo ai boschi che si elevano ai bordi del lago». Il giorno successivo, sul tratto tra Viterbo e Roma, annota: «La Campagna di Roma! Bella pianura dopo che si è passata la montagna di Viterbo. Sembra che in questo paese più la natura ha fatto per gli uomini e più ancora essi trascurano i suoi doni. Siamo arrivati a ROMA alle cinque della sera. Dopo Ponte Milvio sono stato in un sogno d'antichità che non è stato interrotto che dai Commissari della Dogana. Gente molto moderna che ci ha costretto ad andare a cercare a piedi un alloggio, poiché non ci sono affatto alberghi, mentre loro conducevano la nostra carrozza di posta alla Dogana. L'approccio con Roma non è stato gradevole».

Gibbon's Journey from Geneva to Rome. His journal from 20 April to 2 October 1764, a cura di Georges A. Bonnard, Thomas Nelson and Sons Ltd, London-Edinburg-Paris-Melbourne-Johannesburg-Toronto and New York 1961. Interessante anche il commento di un altro illustre viaggiatore del Grand Tour, il Reverendo Butler: «Oltrepassammo il Tevere vicino Roma su un bellissimo ponte in pietra, in cui c'è una bella statua di San Giovanni Nepomuceno, come è usuale in molti bei ponti in Italia. Questo fu il primo costruito da ÆMILIUS SCAURUS, il censore, che pavimentò anche la Via Emilia, da Bologna ad Aquileia per Rimini. È chiamato Ponte Mole, o Ponte Milvio. Fu lì vicino che COSTANTINO il Grande vide la croce in cielo e sconfisse il tiranno Massenzio”. Travels through France & Italy, and Part of Austrian, French, & Dutch Netherlands, during the years 1745 and 1746, by the Late Rev. Alban Butler author of the Lives of Saints, John Moir, Edinburgh 1803, p.207.

 (Segue)

 

 

 

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