Viterbo Chiesa della Trinità nel 1900 c. prossima a dove era la Porticella (Archivio Mauro Galeotti)

Mauro Galeotti

La Porticella nella storia delle Mura castellane di Viterbo

1213 circa. 

All’interno delle mura vennero compresi il Quartiere di san Marco e una parte del Quartiere di san Faustino, furono aperte Porta di san Marco, Porta Capo di Piaggia, Porta di santa Lucia e la Porticella, alla Trinità.

1246.

Fu eretto un tratto di mura da Porta di santa Maria Maddalena alle rupi del Colle della Trinità. Esisteva in questo luogo una barriera naturale di ardite rupi, che oggi si può immaginare per l’asperità che conserva il terreno.

La massa tufacea che proteggeva la città, a partire da Porta di santa Maria Maddalena, arrivava al Ponte Tremolo, ossia il Ponte Tremoli, sotto al quale scorreva l’Urcionio, fino a raggiungere la Porticella. 

La rupe, attualmente, si può identificare nelle Vie Valle Piatta, Via Ascenzi, Piazza dei Caduti all’inizio di Via Marconi e Via santa Maria in Volturno.

 

Porticella

Per alcuni studiosi la Porticella risale ai primi del secolo XIII. Durante lo scorrere dei secoli la porta, a detta di vari storici, assunse ben sei nomi differenti.

Si chiamò Quadriera, scrive con fantasia, a cavallo del 1600, Domenico Bianchi (1537 - dopo 1615), in quanto sembra che la porta avesse murate sulla facciata le quattro lettere in bronzo F.A.V.L., questo simbolo, che trovo anche diviso da una croce sul globo tenuto dalla zampa del leone dello stemma di Viterbo, è voluto da Giovanni Nanni che vi ha veduto le iniziali della tetrapoli viterbese: Fano, Arbano, Volturna e Longola. 

 

Francesco Orioli (1783 - 1856), invece, interpreta così la sigla in FA.VL.:Fanum Voltumnae.

Bianchi scrive ancora che fu detta di santa Maria in Volturno, dal nome della chiesa omonima che sorgeva nei pressi.

Mario Signorelli scrive che fu chiamata del Tignoso perché poco lontano era la valle omonima, ossia la Valle di Faul. Giuseppe Signorelli la dice nominata di san Faustino per il borgo omonimo ove si trovava e della Trinità per la chiesa dello stesso nome ubicata nei pressi. I più la citano come la Porticella per le sue modeste dimensioni.

 

L’Orioli riferisce che esistevano ancora le vestigia di un muro antico presso lo sbocco di Via santa Maria Liberatrice e Cesare Pinzi scrive che vi era una immagine del Salvatore, che lui stesso «ricorda ancora […] che si vedea, or non ha molto, dipinta sul dente di questo ultimo muro, oggi [1893] distrutto.Era forse un altro Salvatore che rammentava il sito della antica Porticella: come quello di Pontetremolo, e l’altro tra la Svolta e San Matteo». 

 

La porta, secondo Mario Signorelli, risulta edificata in epoca posteriore al 1126, il cronista della Tuccia pone l’epoca di costruzione della porta all’anno 1215. 

Comunque viene nominata nello Statuto di Viterbo del 1237 tra quelle da riattivare al transito. Resta inutilizzata dal 1268 anno in cui la cinta muraria raggiunge Porta di Valle.

Il 25Agosto 1433 è citata la Porticella del Piano di san Faustino col custode, nel 1438 - 1439 si nomina una casa vicino alla porticellam e ancora nel 1471 una casa ad Porticellam.

 

Nei pressi della Porticella abitava il pittore viterbese Lorenzo da Viterbo (1444 ? - no post 1472), figlio di Jacopo di Pietro Paolo di Viterbo, lo ricorda della Tuccia, «Lorenzo figliolo de Jacovo de Pietro Pavolo de Viterbo habitante presso la Porticella».

 

Agostino Bonanni scrive che la Porticella fu demolita nel 1581, mentre, per Giuseppe Signorelli, la distruzione risale al 1582, per consentire l’ampliamento della strada che da qui usciva, tanto che dopo i lavori quella nuova via fu chiamata Strada Maggiore, come risulta dalla Pianta di Viterbo di Tarquinio Ligustri del 1596. 

Eugenio Sarzana nel 1783 annota, «Questa Porta oggi è murata».

 

Andrea Scriattoli riferisce che trovò annotato in un vecchio manoscritto conservato nella Biblioteca comunale degli Ardenti, che la porta «fu demolita per causa dell’altezza che impediva l’uscita dei venti malevoli» e il ricordo si era conservato in una epigrafe latina, già riportata da Francesco Mariani e da Eugenio Sarzana, scritta a lettere gotiche della quale lo storico ne dà la traduzione: 

«Qui dove prima si scorgeva la porta del pomerio dei lucumoni etruschi già chiamata Quadriera per le quattro lettere F.A.V.L. che si leggevano su di essa, e porticella dopo accresciuta la città e che fu demolita per aumentare l’ampiezza della strada e la salubrità del luogo, il popolo di Volturna geloso della sua antica origine, per attestare l’importanza di tale monumento e tramandare ai posteri la memoria dell’inaudito miracolo della Madonna della Trinità pose questo ricordo». 

 

Scriattoli continua affermando che: 

«l’epigrafe non era che una consacrazione delle leggende anniane, le quali fissavano in questa località il / Fanum Volturnae / e il pomerio, cioè un luogo presso le mura del pago nel quale i sognati lucumoni compievano cerimonie religiose».

 

L’epigrafe di cui sopra, in latino, è riferita da Francesco Cristofori e da Giuseppe Marocco (1837) con qualche modesta variazione:

«F.A.V.L. / Hetruriae locomonum [Marocco: lucumonum] pomoerii porta / ob quatuor [Marocco: quattuor] in ea literis [Marocco: litteris] incisis / Quadriera primum / mox post urbem adauctam / Porticella noncupata / hic ante insigniter sita / ad viae hanc amplitudinem stratae / maiestatem / locis que aeris salubritate / augendam plane demolitur / populus hic Vulturrenus / antiquitatis suae amator / tum ad tantae vetustatis [Marocco al posto di questa parola scrive: antiquitatis] / praestantiam declarandam / tum ad miraculi inauditi / deiparae ad Trinitatis / memoriam / posteris prodendam / hic honoris et studii monumentum posuit».

 

Recentemente l’Associazione Amici dei monumenti di Viterbo ha collocato sulla facciata del palazzo al n° 43 di Via Maria ss.Liberatrice, una iscrizione in ceramica smaltata del tenore: 

L’insigne pittore del ‘400 / Lorenzo da Viterbo / la cui memoria vive negli affreschi / della Cappella Mazzatosta / abitò in questo luogo dove / due secoli prima / la Porticella / segnava il limite dell’abitato.

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Tratto da Mauro Galeotti “L’illustrissima Città di Viterbo”, Viterbo, 2002

 

 

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