Donna Olimpia Maidalchini

Nacque a Viterbo il 26 maggio 1591 da Sforza e da Vittoria Gualtieri, di famiglia del medio patriziato, di non amplissimi mezzi. Il padre partecipava all'amministrazione della Dogana dei pascoli sotto la direzione del suocero, Giulio Gualtieri. Trascorse l'infanzia presso il convento di S. Domenico di Viterbo. La sua istruzione fu sommaria: sebbene alfabetizzata, ebbe scarsa dimestichezza con la parola scritta e lacune culturali. Cresciuta in un ambiente familiare e sociale ristretto, dimostrò scarsa disinvoltura in pubblico, che superò solo in seguito.
 
Al compimento dell’istruzione, doveva essere avviata alla vita religiosa, ma le sue resistenze convinsero i genitori a rinunciare al progetto. Nel 1608 sposò Paolo Nini, viterbese. Dopo 3 anni, perse il marito e, alcuni mesi più tardi, anche l'unico figlio, Nino. Lo zio Paolo Gualtieri la presentò al cinquantenne Pamphilio Pamphilj, che ne apprezzò la giovinezza e la dote: nel 1612 furono firmati i patti matrimoniali. Stabilì un solido rapporto con il cognato Giovanni Battista, che aveva iniziato una brillante carriera in Curia.
 
Nel 1619 nacque la primogenita, Maria Flaminia, detta Mariuccia. Nel 1621 Giovanni Battista Pamphilj, nominato nunzio a Napoli, vi si trasferì portando con sé il fratello e la cognata. A Napoli, nel 1622, nacque il figlio Camillo. A Napoli fece una vivace attività sociale e si inserì nelle conversazioni delle dame locali, mostrando forte personalità, protesa a rafforzare il prestigio della famiglia. Nel 1625 tornò con il marito a Roma, stabilendosi nella casa dei Pamphilj a piazza Navona, dove, nel 1629, nacque la terzogenita, Costanza. Gli anni del pontificato di Urbano VIII trascorsero in tranquillità. Mantenne ottimi rapporti col cognato cardinale, che si strinsero ancora di più dopo la morte del marito (1639).
 
Nel 1640, la primogenita Maria sposò Andrea Giustiniani, da cui nacque, nel 1641, Olimpia. Nel 1644 Urbano VIII morì ed il 14 settembre fu eletto il cognato col nome di Innocenzo X. Nella cerimonia del Possesso in Laterano, il papa fece deviare il corteo per impartire la benedizione alla nipote Olimpiuccia, affacciata alle finestre di palazzo Pamphilj. Il 24 settembre 1644, Innocenzo X stilò un testamento con cui legava alla Maidalchini tutti i suoi beni personali. Nei mesi successivi la terzogenita Costanza sposò il principe di Piombino, Niccolò Ludovisi, mentre Camillo fu nominato cardinal nipote nel 1644.
 
Nei primi anni del pontificato la Maidalchini consolidò la posizione economica della famiglia e la sua personale. I doni di Innocenzo X furono consistenti. Donna Olimpia rivestì un ruolo inedito nella vita curiale. Sin dall'inizio del pontificato gli osservatori furono colpiti dalla sua abitudine di recarsi negli appartamenti papali e dall’apparire in primo piano in cerimonie pubbliche.
 
Il 7 gennaio 1647 Camillo rinunciò al cardinalato e il 10 febbraio sposò Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano. Le nozze si svolsero senza la presenza del papa e della Maidalchini: era ostile al matrimonio, perché diffidava di una nuora che non accettava la sua tutela. Altri sostennero che l’avversario del matrimonio era il pontefice e che la Maidalchini si adeguasse al volere papale. Gli sposi rimasero a lungo confinati a Frascati per ordine del papa e una fugace visita della Maidalchini alla nuora non migliorò i rapporti tra le due.
 
Tra il 1648 e il 1650 il legame della Maidalchini col papa andò in crisi, specie dopo la nomina nel 1647 a cardinal nipote di Francesco Maidalchini, un diciassettenne senza capacità, figlio di Andrea, fratellastro della Maidalchini. Le sorelle monache del papa, suor Agata e suor Prudenzia, si rifiutarono di ricevere il nuovo cardinale, mentre le nipoti del pontefice, Maria Giustiniani e Costanza Ludovisi, protestarono contro una nomina che andava contro i diritti della famiglia Pamphilj.
 
La Maidalchini non se ne preoccupò e infittì le visite al pontefice, diventate quasi quotidiane. L'assegnazione di donativi e cariche di palazzo passò spesso per le sue mani, dimostrando una rapacità non superiore a quella dei membri di altre famiglie papali, ma più malvista perché non si accompagnava a una reale capacità di elaborazione politica.
 
Il palazzo dei Pamphilj in piazza Navona fu ingrandito e abbellito, sotto la direzione di Girolamo Rainaldi. Nel 1648 Olimpia Aldobrandini, ancora bandita da Roma con il marito, restò incinta; fidando nella protezione dei Farnese, la Aldobrandini rientrò a Roma a palazzo Farnese, accolta dalla sorella del papa, suor Agata. Il 24 giugno 1648 nacque Giovambattista. Camillo Pamphilj poté così rientrare a Roma, pur dovendosi stabilire nel palazzo della moglie. Fermiamoci un attimo! i personaggi sono tanti, l'alberi genealogico successivo (è una riduzione dell'intera famiglia), riassume le parentele ...
 
Il ruolo della Maidalchini rimase forte, come si vide nell'anno santo del 1650: nelle cerimonie giubilari occupò un posto di primo piano a fianco del papa all'apertura della porta santa; ciò suscitò scalpore, rinfocolando un'ostilità per la Maidalchini che si era manifestata già nel marzo 1649, quando aveva promosso il trafugamento di alcune reliquie di Francesca Romana, sottratte alle monache di Tor de' specchi e trasferite nel feudo di S. Martino al Cimino.
 
Ma l'anno del giubileo segnò l'eclisse della Maidalchini; nella prima metà dell'anno, la sua posizione sembrava solida, anche se c'erano segni di una crescente ostilità del segretario di Stato, Panciroli, per la sua invasività. Nel 1650 Innocenzo X nominò un nuovo cardinal nipote adottivo, Camillo Astalli, parente di Donna Olimpia. Il nuovo cardinale, non privo di capacità, fu in contrasto con la Maidalchini, che rifiutò di riceverlo e minacciò di abbandonare il palazzo di piazza Navona, che il papa aveva concesso in usufrutto al cardinale.
 
Nello stesso anno Innocenzo X revocò alla Maidalchini la facoltà di disporre dei beni di famiglia e indagò sui suoi servitori, mentre accoglieva affettuosamente Camillo Pamphilj e la moglie. Donna Olimpia si chiuse nel palazzo e fece vita ritirata. La sua disgrazia durò fino al marzo 1653, quando vi fu, auspice suor Agata, una riconciliazione tra i membri della famiglia: la Maidalchini, Camillo Astalli, Camillo Pamphilj e Olimpia Aldobrandini. Nel giugno 1653, fu celebrato il matrimonio tra la nipote della Maidalchini, Olimpia Giustiniani, e il principe Maffeo Barberini (da non confondere con Urbano VIII!), che suggellava la pace tra le due famiglie. Ma la sposa rifiutò di seguire il marito nel palazzo Barberini e rimase nel palazzo di piazza Navona, da cui uscì nel novembre 1653.
 
Il motivo della riconciliazione familiare fu dovuta al fatto che l’anziano pontefice non era più in grado di governare se non appoggiandosi su collaboratori, come il segretario di Stato Flavio Chigi, succeduto a Panciroli nel 1651, ed ai familiari come la Maidalchini, che tornò in auge e riprese le sue visite quasi quotidiane al Quirinale. Donna Olimpia si avvalse della parentela con i Barberini per scalzare dal potere il Card. Camillo Astalli e stringere rapporti con la Francia e il cardinal Mazzarino. Tornata al potere, fu di nuovo al centro di maldicenze.
 
Nel 1653 Innocenzo X le affidò le cure della chiesetta di S. Maria in Cappella ed acquistò case, torri, granai e luoghi di pesca attorno all’edificio; l’area fu trasformata in un casino belvedere con un giardino di delizie con essenze rare, viti e piante da frutto, specie agrumi (parco dei bagni di Donna Olimpia). Il 14 dicembre1654, di ritorno da una passeggiata nel giardino della Maidalchini, Innocenzo X si aggravò e da allora non abbandonò più il letto. L'agonia del pontefice fu lunga e penosa.
 
La Maidalchini cercò in extremis di ottenere grazie per la famiglia, ma i cardinali Chigi e Azzolini le vietarono l'accesso agli appartamenti papali. Il 7 gennaio 1655 Innocenzo X morì. Le fonti seicentesche denunciano il disinteresse della Maidalchini e dei suoi congiunti per le esequie del papa, che furono semplici. Il nuovo papa Alessandro VII Chigi comminò l'esilio da Roma alla Maidalchini, che si ritirò prima a Orvieto e poi nei possedimenti di Viterbo e S. Martino al Cimino; morì di peste il 26 settembre 1657. LE MALDICENZE Il soprannome Pimpaccia deriva dalla celebre pasquinata: Olim pia, nunc impia; cioè: Una volta era religiosa, ora è corrotta e peccatrice. Il popolo fece proprie le accuse di arroganza e avidità che le venivano mosse dalla corte papale e le volgarizzò chiamandola la papessa.
 
Le altre pasquinate celebri sul suo conto sono: Chi dice donna, dice danno - chi dice femmina, dice malanno - chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina. Ed ancora: Fu un maschio vestito da donna per la città di Roma e una donna vestita da maschio per la Chiesa Romana. Si disse che la sua protezione assicurata alle cortigiane mascherasse una organizzazione del traffico della prostituzione; che i comitati caritatevoli per l'assistenza ai pellegrini del Giubileo del 1650 fossero organizzati a scopo di lucro; l'Anno Santo del 1650, oltre a un enorme afflusso di pellegrini, conobbe un grande concorso di prostitute, grazie anche ai buoni uffici di donna Olimpia Maidalchini, che da anni dava protezione alle cortigiane romane, permettendo loro di muoversi in carrozza nelle solennità maggiori, in barba al divieto papale.
 
Nel giubileo, lucrò sull'assistenza ai pellegrini con il pretesto di organizzare comitati di caritatevoli dame e continuò a esercitare il suo patronato sulle prostitute, ricevendone regali in gran quantità. Si dice che alla morte di Innocenzo X, prese sotto il letto del papa 2 casse piene d'oro; a chi le chiedeva di partecipare alle spese del funerale del papa rispondeva: Che cosa può fare una povera vedova?
 
Così il cadavere del pontefice rimase senza sepoltura e solo per la generosità del suo maggiordomo Scotti, che fece costruire una povera cassa, e del canonico Segni, che sostenne le spese, Innocenzo X fu sepolto in S. Agnese in Agone, da dove, si dice, benedica chi non lo vede: infatti, la tomba è sopra l'ingresso, dalla parte interna, per cui pochi si voltano per ammirare il busto del pontefice.
 
Donna Olimpia morì di peste nelle sue tenute viterbesi di S. Martino al Cimino nel 1657, lasciando in eredità 2 milioni di scudi (uno scudo pontificio corrisponde a circa 100 euro).
 
Secondo la tradizione, la Pimpaccia imperversò anche post mortem, animando Roma con le sue scorribande notturne: una leggenda vuole che il 7 gennaio, anniversario della morte di Innocenzo X, la Pimpaccia corra ancora per le strade su una carrozza fiammeggiante, dal palazzo di Piazza Navona, passando per Ponte Sisto, per recarsi a fare i bagni in Trastevere (cfr Santa Maria in Cappella), terrorizzando i passanti e facendo dispetti a chi gli capiti sotto mano.

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