Via Faul, in fondo era Porta santa Maria Maddalena,
la Chiesa di santa Maria Maddalena è sulla sinistra, abbandonata
senza che nessuno se ne interessi, pur avendo pareti affrescate
e tanta storia

Mauro Galeotti

Poco tempo fa ho segnalato su questo quotidiano, con le foto scattate dall'amico Ezio Cardinali, lo stato indecoroso e vergognoso, per una bella città medievale come la nostra Viterbo, delle porte in legno settecentesche di Porta san Pietro, Porta Romana e Porta di Pianoscarano o del Carmine, le uniche rimaste.

Ho evidenziato quanto sia ormai impellente un restauro della struttura lignea di esse, che cade a pezzi.
Come me l'aspettavo dal Comune di Viterbo nessun segno di vita, né del sindaco, né degli assessori, tutti. Sì proprio tutti, perché preservare i nostri monumenti spetta a tutti loro.

Questi gli articoli pubblicati con le foto delle porte in legno che cadono a pezzi ignorate dal Comune:

Porta della Verità è la porta di casa vostra, casa nostra, ma cade a pezzi, eppure di storia è carica
Porta di Pianoscarano è la porta di casa vostra, casa nostra, ma cade a pezzi, eppure di storia è carica
Porta San Pietro è la porta di casa vostra, casa nostra, ma cade a pezzi, eppure di storia è carica

Ritorno sulla storia delle porte della Città e questa volta ti racconto la storia di una porta che non c'è più, né come struttura in muratura e, ovviamente, né con la porta in legno.

Si tratta della Porta di santa Maria Maddalena che traggo dal mio libro "L'illustrissima Città di Viterbo".

 

Porta di santa Maria Maddalena

Poco oltre la Chiesa di santa Maria Maddalena, all’incrocio delle vie di Faul, del Ganfione e di Vallepiatta, era la Porta di santa Maria Maddalena che si apriva sulla vecchia cinta muraria della città.

Era prossima a Via sant’Antonio ove sono ancora visibili le antiche mura della città, del secolo XI, dotate di contrafforti.

La porta era unita alla torre, restaurata, che è tuttora al limite di Piazza Martiri d’Ungheria.

La porta è citata in un elenco di accessi alla città del 1215, ma la Carta Amiatina ne fa menzione nell’Aprile dell’anno 1160 nominandola di san Biagio, per la chiesa omonima posta alla fine di Via del Ganfione a destra.

Scrive Pietro Egidi che fu chiamata verso il 1164, anche Filelli, o del Filello dal nome della contrada che esisteva già nel 1060.

Assume il nome di Porta di santa Maria Maddalena sin dal 1193.

Nel 1221 i Romani vennero a combattere contro Viterbo e attaccarono la Città alla Porta di santa Lucia, ma un certo Fabio prese possesso della porta in questione, e a nulla valsero gli sforzi dei Romani per entrare a Viterbo, infatti i Viterbesi ebbero la meglio «e  [i Romani] furno cacciati con loro vituperio», così riferisce della Tuccia.

Nel 1247, a causa della carestia e della mancanza di armati che potessero difendere la città da eventuali attacchi nemici, si credette bene murare varie porte urbiche, lasciando tra quelle aperte anche questa di santa Maria Maddalena, necessaria per i contadini che si dovevano recare ai loro campi. Restò aperta anche Porta di san Sisto. Infatti lasciarono agibili due porte in posizione opposta come chiarisce della Tuccia «una verso levante e l’altra verso ponente». Scrive per l’occasione Francesco d’Andrea:

«Anno Domini 1247. Rimase tanta poca gente in Viterbo, che per nullo modo [i Viterbesi] vedevano poterlo guardar da li nimici, imperocchè li giovani erano fugiti per la fame, et lassati loro patri et matri et altra famiglia. Onde quelli pochi, ch’erano rimasti, muraro le porte de Viterbo».

E’ nominata ancora nello Statuto della Città di Viterbo del 1251, nella sezione seconda Pars civilium, rubrica 190, ove si stabilisce di rendere efficiente la strada che esce da Porta santa Maria Maddalena.

Si ritiene fosse chiusa nel 1268, ossia quando Visconte Gatti realizzò la parte finale della vallata con l’ultimo tratto di mura cittadine.

Pietro Egidi, come ho scritto, crede che la porta era ubicata «un poco sulla sinistra del Ganfione, protetta dalla torre di cui ancora si scorgono i resti».

Oggi della porta non è rimasto più nulla.

Da essa salivano verso il Colle della Trinità le mura della Città che si collegavano con la porticella, posta presso la Chiesa della ss. Trinità alla fine dell’attuale Via santa Maria Liberatrice. Le mura furono costruite sin dal 1246 e vennero eletti, nel Settembre di quell’anno, quattro cittadini che dovevano provvedere alle necessità difensive della città. Questi fecero erigere, scrive della Tuccia, «il muro da santa Maria Madalena sino al muro sotto l’antiporticella presso le ripe del monisterio di Protorno», ossia di santa Maria in Volturno.

Di questo tratto di mura non è rimasto niente altro che una torre, diroccata per anni e restaurata nel 1997 innalzandola di qualche metro e aggiungendo i merli guelfi. Venne alla luce in seguito alla demolizione dell’ex studio del pittore viterbese Pietro Vanni. Lo riferisce Giuseppe Saveri in un suo dattiloscritto, in mio possesso.

Padre Pio Semeria (1825 c.), scrive nelle Memorie:

«Si riconoscono tre Torri a valle piatta, cioè la Torre Almadiana accanto a Ponte Tremoli, la seconda si vede a mezza strada sulla sinistra e la terza sul fine della strada verso il fosso».

La parte di mura che si estendeva in senso opposto al precedente raggiungeva la Chiesa di san Clemente, passando tra il Torrente Urcionio, che scorre nella Valle di Faul, ed il Palazzo papale. Si nota bene ancora oggi come le mura, a nord della Torre del Branca, siano state tagliate nettamente per essere collegate ad angolo retto con le mura che vanno verso Porta Faul.

Nel «1192 fu fatto il muro di Piazza Nova sino a Santo Chimento». Piazza Nuova, come ho già scritto, si trova di fronte all’ingresso dell’Ospedale Grande degli Infermi sull’attuale Via sant’Antonio.

Niccolò della Tuccia riferisce all’anno 1210:

«Otto [Ottone] imperatore [...] venne in assedio alla città [...] vedendo i Viterbesi sì fatto assedio si rinforzorno contro e rifecero il muro di Piazza Nova, sin da S. Chimente [...] e continoamente li Viterbesi uscivano fora della città a far battaglia con la gente dell’imperatore».

Di questo tratto di mura è rimasta la parte posta tra la fine della salita di Via sant’Antonio e l’inizio di Via san Clemente caratterizzata da alcuni imponenti contrafforti.

 

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