Viterbo STORIA
Vittorina Novara

Della vita e degli scritti di frate Flaminio Maria da Latera, al secolo Girolamo Clemente Annibali, della allora Provincia Romana degli Osservanti Francescani minori, molto poco - sarebbe meglio dire quasi nulla - si conosce ai nostri giorni.

Eppure egli fu uno scrittore tra i più fecondi della seconda meta del secolo XVIII e del principio di quello XIX con una produzione di ben ventinove volumi dati alle stampe, senza contare le lettere, numerosissime, e le moltissime poesie, sia giovanili che d'occasione.

Fu oggetto di grande stima e considerazione sia da parte dei suoi superiori, che lo consideravano il "fiore all'occhiello" dell'Ordine, sia da coloro che componevano i circoli letterari del tempo, e fu anche soggetto di grande malevola invidia per l'altro ramo dei Francescani, quello dei conventuali, che avrebbero voluto poterlo annoverare fra le loro fila.

Uno dei motivi che contribuì in modo determinante a favorirne l'oblio fu il momento della sua scomparsa: l'anno 1813, nel pieno, cioè, di quel periodo tragico per la Chiesa che fu la dominazione napoleonica in Italia e che raggiunse il punto di massima esasperazione nel periodo 1810-1814 per le conseguenze della tristemente famosa "soppressione degli ordini religiosi".

Dall'epoca della sua scomparsa, e per un secolo esatto, la sua persona viene ricordata solamente due volte, e, sempre sotto il profilo della sua figura di religioso insignito di incarichi rilevanti: nel 1829 a Pesaro, per i tipi del Nobili, da un suo confratello a lui contemporaneo, il padre Benoffi, nel secondo volume della sua opera intitolata Compendio di vita minoritica e nel 1846 nella Biografia serafica di fra' Sigismondo da Venezia edita in quella città per i tipi del Merlo.

Sul centenario silenzio francescano brilla di luce propria la testimonianza, direi quasi affettuosa, del Gaetano Moroni che, nel suo Dizionario ecclesiastico, volume 102 dell'edizione Venezia 1861, dichiara: "E giusto e per grato animo di quanto largamente ed utilmente mi vada giovando in tanti paragrafi e con altre sue opere in tutto il Dizionario di registrare fra gli illustri e benemeriti il dotto ed eruditissimo padre Flaminio Maria Annibali da Latera, minore osservante il quale sostenne onorevoli gradi nel venerando suo ordine e per le varie produzioni pregevoli di cui arricchì la "repubblica letteraria" ecc. ecc...".

Nel 1914, finalmente, uno studioso francescano, il padre Livario Oliger O.F.M. , decide di occuparsi del suo dimenticato predecessore e pubblica un interessante lavoro di quarantadue pagine, suddiviso in tre parti: La vita, Gli scritti, I documenti, che viene inserito nel volume dell'Archivium francescanum historicum relativo al su citato anno.

Non solo. In questo stesso periodo si preoccupa di far pubblicare due brevi articoli bio-bibliografici, uno per la Catholic Encyclopedia (New York 1910 IX p. 13 sotto Latera); uno per il Dictionnaire d'histone et de géographie ecclesiastiques (1914 X sotto Annibali).

Da queste tre fonti, dunque, arricchite e completate da odierne ricerche - rese molto difficoltose dalla diaspora delle carte e dalla distruzione di taluni conventi - emerge a grandi linee la vita di questo frate, vissuto quasi due secoli fa, integerrimo nei costumi, ma dotato di un carattere impetuoso, a volte addirittura violento, che non accettava facilmente critiche e contraddizioni, e, se da ragazzo questo carattere accompagnato dall'irruenza propria di quella età gli cagionò una cicatrice indelebile sul viso, in età adulta non gli permise di accettare con calma e superiorità i dissensi e qualche volta anche le calunnie dei suoi nemici, che non furono pochi.

Si racconta che una volta un certo conte si presentasse alla porta del suo convento accompagnato da un codazzo di scagnozzi scalmanati; senza punto spaventarsi il nostro protagonista arrivò circondato da tutti i novizi, tanto numerosi e pronti a dar battaglia da indurre quel nobilotto a scegliere precipitosamente la via della ritirata.

Questo lato del suo carattere che facilmente lo predisponeva alle polemiche ed alle battaglie letterarie, che furono una peculiarità del "seco1o dei lumi", fu, quasi certamente, la causa della poca simpatia che egli raccolse tra i suoi contemporanei e contribuì, è probabile, a cancellarne più velocemente la memoria.

***

Girolamo Clemente nacque a Latera, un austero paesino dell'alto viterbese circa a mezza via tra Valentano e Gradoli, quasi a 520 metri di altezza sul livello del mare, anche se per arrivarvi occorre scendere dalla strada che corre lungo la cresta dell'ampia conca a forma ellittica, di natura vulcanica. Nell'Ottocento, una lapide rinvenuta nel territorio affermava come in questa località venisse designato dalle legioni l'imperatore Marco Aurelio Antonino, ma non è stato possibile rintracciarla. Nel 1537 Latera divenne la sede dell'omonimo ducato dei Farnese, istituito da Paolo III (Alessandro Farnese) per suo fratello Bartolomeo il Vecchio; nel 1668 passò con tutti gli altri possedimenti dei Farnese alla Camera Apostolica.

Dai registri della chiesa parrocchiale dedicata a S. Clemente I Papa risulta che il Nostro fu battezzato il 24 novembre 1733; suo padre Annibale aveva 43 anni; sua madre Flaminia Nusarelli era stata già sposata, difatti in casa vivevano i suoi due figli di primo letto Bartolomea e Domenico. Il primogenito degli Annibali portava il nome del nonno, Dionisio, e prima del piccolo Girolamo c'erano tre sorelle: Francesca, Cecilia e Virginia.

La famiglia doveva essere piuttosto indigente poiché il capofamiglia, nello stato delle anime, viene indicato con il solo nome di battesimo. Il cognome si trova solo nei casi nei quali viene preceduto dal titolo: dominus, che solitamente viene usato per persone di un certo rango o di una certa ricchezza.

Nulla si conosce sulla sua infanzia, né sulle origini della sua vocazione religiosa; si sa solamente che suo maestro fu il sacerdote Paolo Ferranti che, successivamente, fu parroco di Latera per più di venticinque anni.

Nell'Archivio provinciale della chiesa dell'Ara Coeli in Roma, affidata dal 1445 ai Francescani osservanti, esiste un foglio di un registro sciolto appartenente al convento di S. Bernardino presso Orte, nel quale sono registrate: alla data del "23 gennaro l750" la vestizione dell'abito "serafico" dell'"onesto giovane Girolamo Clemente Annibali chierico" al quale fu imposto il nome di fra' Flaminio Maria da Latera; e alla data del 23 gennaio 1751 la di lui solenne professione, con le rispettive formule di accettazione di pugno dell'interessato.

Dove abbia egli studiato da chierico e dove e quando abbia ricevuto gli ordini sacri nessuno dei tre studiosi lo ha potuto rilevare con certezza pur avendo tutti gli archivi francescani O.F.M. d'Italia a disposizione.

Essi possono offrire solo una deduzione in possesso, come sono, di un solo dato certo, e cioè il seguente: nel 1776 egli viene designato come "lettore giubilato" in un documento relativo alla causa di beatificazione di una sua penitente (di cui parleremo più avanti). Poiché per ottenere questo ufficio occorreva un tirocinio di quindici anni, che non poteva iniziare se non erano trascorsi almeno dodici-quindici mesi dall'ordinazione, e poiché a quella data egli lo era già sicuramente da qualche tempo, essi credono di poter stabilire che egli abbia potuto divenire sacerdote tra il 1756 ed il 1757.

Nel 1764, comunque, lo troviamo nel convento di S. Maria Nova in Fano, ed in quello stesso anno darà alle stampe la sua prima opera, pubblicata per i tipi di Giuseppe Leonardi, con lo pseudonimo di Damiano Fillareti e intitolata: Lettere di Damiano Fillareti ad un padre minorita nel quale egli controbatte minuziosamente e razionalmente le ragioni portate da uno scrittore locale del tempo, tal Domenico Pannclli, il quale negava la professione minoritica di S. Bonaventura vescovo patrono di quella città.

Fu subito polemica: mentre i locali si dividevano fra i due, il Pannelli nel 1765 replicava furiosamente con altra pubblicazione; ma il padre Benoffi, ministro provinciale per le Marche degli Osservanti nonché inquisitore ad Udine, pose fine alla diatriba dando ragione all'Annibali. Lo trasferì, però, a Velletri.

L'Annibali, appena giunto nella nuova sede, presso il veliterno convento di S. Lorenzo martire, volle prendersi la soddisfazione di dire l'ultima parola replicando anche lui con altra edizione ampliata, riveduta e…rinforzata da un significativo sottotitolo: Respondere compellor ne videar tacendo crimen agnoscere et lenitatem meam... (Anno 1766, stampatore Cesare Sartorj).

Prima della fine del decennio eccolo approdare al suggestivo convento di S. Maria del Paradiso fuori le mura di Viterbo, bellissimo ancora oggi sebbene raggiunto ed inglobato dall'espansione dell'abitato, mentre allora sorgeva isolato sul dolce cocuzzolo a destra della via consolare. Questo convento risalente al XIII secolo, più volte rimaneggiato nei secoli, fu soppresso nel 1914 e solo dal 1960 è ritornato ai francescani osservanti. In quest'oasi di pace il padre Flaminio soggiornò a lungo, quasi una decina d'anni: non si fa fatica ad immaginarlo percorrere lo splendido chiostro in stile gotico-romanico che richiama - pur se in forme un poco più massicce - la loggia del palazzo papale, con il suo intreccio di archi a Sesto acuto e a tutto sesto.

Poco dopo il suo arrivo fu nominato confessore e direttore spirituale di una anziana monaca in concetto di santità, suor Lilia Maria del SS.Crocifisso, per la qual cosa fu chiamato poi a testimoniare nel successivo processo di beatificazione e questo episodio dimostra in quale considerazione fosse tenuto dai suoi superiori l'allora poco più che quarantenne frate.

Nel 1772 esce un volume di sacre Canzoni da lui composte ed illustrate, stampato da Giuseppe Poggiarelli. L'opera e dedicata all'em.mo principe il sig. card. Federico Lante vescovo di Porto e di S. Rufina, prefetto del buon governo ecc. ecc. e molto si distacca dallo stile dell'epoca perché corredata da numerose note teologiche, patristiche, bibliche.

Nel 1776 i suoi superiori affidano allo stampatore Casaletti a S. Eustachio il suo Manuale dei frati minori disposto dal padre Flaminio Maria da Latera, corredato da un'appendice che altro non è che la risposta all'autore di altro saggio similare scritto da padre Giulio Antonio da Sangallo, conventuale, celato sotto il nome di Giustino Febronio.

Contrariamente a quello che il titolo fa pensare, questo manuale non è di indole religiosa, ma storica, campo questo prediletto dall'Annibali.

Ne scaturì naturalmente, un vespaio di controversie e scatenò una fioritura di libelli, molti dei quali anonimi e molti celati da pseudonimi. L'unico che avversò lealmente il nostro fu il suo antico difensore, quel padre Benoffi che una volta ne aveva preso le parti. Il più velenoso ed accanito di questi libelli portava la firma di un certo avvocato Painacca, nome di copertura, dietro il quale si nascondevano - secondo l'autore del Manuale - "quattro eminentissimi incaricati dal buon Marzoni (il Ministro generale dei conventuali) di rispondere all'amico di Latera" e proseguiva indicando i nomi di coloro che - secondo lui - avrebbero portato a compimento l'incarico ottenendone in cambio fruttuose promozioni.

Naturalmente non mancò di controbattere le anonime accuse con una Risposta all'avvocato Painacca la quale portava ufficialmente la dicitura Torino 1777 per i tipi di Gianmichele Briolo, ma che sarebbe stata invece pubblicata alla macchia nel 1778 in un paesino del viterbese.

Questa Volta l'"avversario" era particolarmente resistente e la risposta fu una commedia, un lavoraccio che danneggiava più l'autore che il destinatario, intitolato La Margaritona confusa alla quale egli naturalmente rispose con una Censura e risposta alla Margaritona confusa, ma questa volta in forma epistolare.

Tutto questo polverone tra i due Ordini potrebbe nascere dalla gelosia che ciascuno dei due nutriva per le personalità emergenti dell'altro.

Nel nostro caso la riprova sarebbe nei tentativi che fece il Generale dei conventuali, padre Domenico Andrea Rossi, per convincere padre Flaminio a saltare il fosso, tentativo, poi, inutilmente ripetuto dal suo successore padre Luigi Maria Marzoni.

Questa polemica ormai languente venne rispolverata nel 1779 in occasione dell'uscita del nuovo volume Quanto incerto sia che il Corpo del Serafico S. Francesco esista in Assisi nella Basilica del Suo Nome. Il libro è dichiarato edito a Lusanna e mancano riferimenti al suo stampatore; questo fa venire subito in mente il precedente falso Torino.

L'opera consta di due parti e nella prima l'Autore ribadisce esplicitamente i termini della sua controversia con i conventuali a proposito del suo Manuale mentre nella seconda tratta effettivamente sull'argomento enunciato e cioè sulla esistenza della terza basilica di S. Francesco in Assisi che egli combatte in più di uno dei suoi libri contro l'opinione allora generalmente accettata e proposta dai conventuali. Gli scavi del 1818 lo giustificarono pienamente dandogli ragione dell'acume di una critica illuminata; solamente, negando fede alle narrazioni sulle pretese visite fatte alla tomba del Santo, era corso troppo mettendo in dubbio anche l'esistenza del corpo di S. Francesco nella detta basilica.

Il 5 aprile 1779 moriva a Venezia Giovanni Battista Faure, gesuita teologo, che aveva vissuto quasi tutta la vita al Collegio Romano. Nel 1773, alla soppressione della Compagnia era stato rinchiuso in Castel S. Angelo per soffocare la sua voce, ma nel 1775 ne era stato fatto uscire da Pio VI.

L'uscita postuma di un libro a lui attribuito e intitolato Giudizio imparziale sulla controversia fra i PP. Conventuali ed Osservanti su quale dei due Ordini sia il più antico, naturalmente tutto schierato sulle posizioni dei conventuali e non privo di violente frecciate per chi avesse osato asserire diversamente, ridiede ossigeno alle fiamme. Manco a dirlo anche questa volta il padre Annibali passò al contrattacco licenziando una pubblicazione dal titolo lunghissimo - del quale vi facciamo grazia - nella quale non solo smantellò tutte le asserzioni contenute ma dimostrò in modo inconfutabile la falsa paternità dell'opera. Il libro porta la data Lugano 1780.

Anche questa volta le nevi della protestante Svizzera vennero scelte per temperare una produzione scottante. È lecito, però, anche supporre che si volesse distanziare nel tempo e nello spazio questa ennesima polemica dalla (per quel tempo) ultima fatica sua e che sarebbe rimasta per sempre la sua opera di maggior importanza e respiro: Ad bullarium Franciscanum (Roma 1780 typis Archangeli Casaletti in aedibus dc' Maximi).

Questo volume, il primo dalla sua venuta a Roma nel convento di S.Bartolomeo all'Isola Tiberina, egli lo scrisse per ordine di papa Pio VI Braschi ed a lui lo dedicò con prefazione del Ministro generale degli osservanti, padre Pasquale da Varese ed è tuttora molto apprezzato. Contiene due parti principali, ciascuna con numerazione distinta delle pagine. Nella prima si trovano otto dottissime dissertazioni con titolo di Animadversiones in notas P. Franeisci Joannis Hjacinthi Sbaralea ad Bullarium franciscanum con in appendice la intera epistola excusatoria di Angelo Clareno al papa Giovanni XXII ed i miracoli del Clareno; la seconda parte contiene le bolle omesse dallo Sbaralea fino a Nicolò IV con ricca annotazione; seguono gli indici alfabetici sia delle "Anirnadversiones" che delle "Bolle".

Tra i maggiori estimatori di questa opera troviamo il cardinale Gesuita Franz Ehrle (1845-1934) insigne medievalista, prefetto della Biblioteca Vaticana della quale fu il grande riorganizzatore.

Per qualche anno l'Annibali pubblica solamente scritti di carattere devozionale: Sulla pia pratica della Via Crucis, Meditazioni sulla vera Religione interiore, Officia Sanctomm .., Breviarium romanum ex deereto Ss. Concilii Tridentini. .. ecc. .. ai quali forse bisognerebbe aggiungere il Messale ed il Martirologio, ma non avendo su ciò certezze assolute si tralasciano.

Chiude questa serie di scritti una dissertazione critico-storica sull'istituzione, da parte di S. Francesco, sia del Terzo ordine che dell'Indulgenza della Porziuncola.

La cosa più importante, peraltro, è uno scritto sulla autenticità delle Stimmate sul corpo del Serafico, edito in Roma nel 1786 per i tipi del Casaletti. È dedicato al cardinale Giovanni Maria Riminaldi. In esso vengono confutate tutte le tesi degli scrittori contrari al fatto, dal Cinquecento in poi. Sempre in Roma nel 1790, a cura di Luigi Perego Salvioni stampatore Vaticano, vede la luce il primo dei quattro tomi del Compendio della storia degli Ordini religiosi dedicato all'ecc.mo e rev.mo principe cardinale Romualdo Onesti-Braschi della Santità di Nostro Signore ecc. ecc...

Gli altri tre tomi usciranno nel 1791 sempre presso quello stampatore, tutti e quattro però a spese di Agapito Franzetti negoziante di stampe a Tor Sanguigna. Di questo lavoro fu fatta una ristampa a Napoli, presumibilmente senza il consenso dell'autore, abbellita da numerosi rami.

L'Annibali effettuò anche la ristampa del solo IV Tomo, alla fine del quale pose in appendice, con numerazione propria, le Memorie storiche del Servo di Dio Padre Juan Varela y Losada, al fine di illustrare la parte avuta nella stesura definitiva di quella regola e dei relativi statuti.

Successivamente pubblicò una dettagliata dissertazione sulla esatta collocazione dell'antico Rivotorto, sul primo luogo cioè abitato dai frati minori e sull'ospedale dei lebbrosi di Assisi spesse volte ricordato nella vita di S, Francesco.

Le sue tesi, oltre ad essere giudicate molto interessanti, incontrarono l'approvazione dell'insigne critico, teologo e storico Emil Joann Schürer (1844-1910) e dello studioso francese Paolo Sabatier il quale lo incluse addirittura in appendice al suo volume La vita di San Francesco d'Assisi edita a Roma nel 1896.

Nel 1791 padre Flaminio Maria da Latera viene nominato Definitore generale dell'Ordine e si trasferisce nel convento dell'Ara Coeli. In questa veste ed in questa sede, partecipa al Capitolo generale tenuto a Roma nel maggio del 1792.

Nel 1790, aveva pubblicato una monografia sull'immagine della Madonna del Suffragio e dei Miracoli a Grotte di Castro stampata a Montefiascone, poi, nel 1792, aveva licenziato una raccolta di immagini della Vergine coronate dal Capitolo di S. Pietro, quattro volumi ricchi di note, documenti, commenti e spiegazioni in tutti i campi secondo la sua consuetudine.

Nel 1794, su richiesta del padre Bonaventura da Piacenza Commissario cismontano dell'Ordine, deve dedicarsi ad un Officia novissima stampato a Roma, mentre nel 1795 suscitò una nutrita serie di consensi la vita del frate Francesco Orante O.F.M. vescovo di Oviedo stampata dal Perego Salvioni arricchita e completata sempre secondo il suo solito stile; infine, sempre nel 1796 dovette intervenire con una pubblicazione contro le asserzioni di un anonimo francese, pubblicate in Pavia, in merito all'Indulgenza della Porziuncola.

Nel 1794, precisamente il 28 gennaio, viene nominato Ministro della provincia di Roma, carica che conserverà sino al 30 gennaio 1797.

Questi tre anni segnano l'apice della sua fama e della sua considerazione; se gli avvenimenti politici avessero avuto un altro svolgimento non sarebbe azzardato pensare a lui come ad un futuro Ministro generale: i punti non gli sarebbero mancati.

Poté anche prendersi qualche soddisfazione, per esempio quella di regalare un grande quadro alla Chiesa parrocchiale di Latera raffigurante il Santo patrono, Papa Clemente I, che tuttora campeggia sull'altare maggiore, e le reliquie del martire romano S. Angelo che i buoni lateresi degnamente sistemarono in una bella urna nell'arcosolio Centrale di destra.

Appena un anno dopo aver lasciato la carica, e precisamente il 10 febbraio 1798, il nostro padre Flaminio Maria da Latera, assiste all'occupazione di Roma da parte delle truppe francesi del "console" Napoleone Bonaparte che stava vittoriosamente portando a termine la sua "Campagna d'Italia".

Il 20 dello stesso mese Pio VI Braschi fu costretto dagli occupanti a partire per quel doloroso esilio dal quale non doveva tornare mai più.

Nel clima repubblicano e giacobino che dominava Roma in quella fine di secolo, quasi tutti i cardinali si erano trasferiti a Venezia per mettersi sotto la protezione di Francesco Il imperatore d"Austria.

Il Santo Padre non era partito solo per quel doloroso viaggio; gli teneva compagnia quel famoso cardinale nipote al quale il nostro padre aveva dedicato i quattro tomi del Compendio. Contrariamente alle aspettative dello zio, quando fu a Siena, il bravo "nipote", non si fermò con lui ma proseguì per Venezia...

Il padre Oliger nella sua opera già citata ci parla di un soggiorno veneziano di Flaminio Maria e precisamente nel convento di S. Antonio delle Vigne, tuttora esistente. Che questo soggiorno abbia una qualche attinenza con quel viaggio del cardinal nepote? Dalle cronache conservate nella biblioteca Veneziana non è emerso nulla che possa convalidarlo. Possiamo fare solo caso ad una particolare coincidenza: manca una qualsiasi produzione del nostro Autore per il periodo che va dal 1798 al 1805.

La Francia rivoluzionaria, occupando Roma, si preoccupò di applicare anche qui, come in tutti i territori predati, le leggi promulgate dall'Assemblea nazionale, fra le quali figurava quella che comandava il rientro nelle province d'origine dei religiosi residenti in altre città. Questa disposizione non era che il preludio dell'altra legge, quella del 20 giugno 1808 che avrebbe ordinato la soppressione di tutte le corporazioni religiose.

Ecco, difatti, il nostro frate Flaminio Maria da Latera figurare, per la prima volta nel 1805, nel ritiro del seminario di Orvieto, intitolato alla SS. Trinità con le funzioni di vicario e maestro dei novizi. Orvieto, difatti, apparteneva al dipartimento del Trasimeno del quale anche Latera faceva parte.

Secondo un rapporto dei funzionari francesi cui spettava l'amministrazione civile della città, naturalmente agli ordini del luogotenente per l'Italia, generale Luigi Alessandro Berthier, tra i due compartimenti del Tevere, con capoluogo Roma, e del Trasimeno, con capoluogo Perugia, vi fu un movimento di circa tredicimila religiosi dei quali appena novecento erano provenienti dalle altre regioni dell'Italia o addirittura da paesi stranieri.

Dati i tempi, però, c'e il sospetto che di novizi alla Ss. Trinità ce ne fossero pochini; se si considera che l'Annibali aveva compiuto da poco i settantuno anni (un'età troppo avanzata per un compito così gravoso) si può anche presumere che esso sia stato uno spostamento fittizio: ufficialmente la sua residenza era li ma in effetti seguitava a vivere, magari in veste di "ospite di passaggio", sul colle Capitolino.

Una conferma di ciò potrebbe essere la pubblicazione di questi libri: La vita della Santa Vergine Coleta riformatrice dell'Ordine di S. Chiara (Roma 1805, Antonio Fulgoni stampatore); La Vita della Vergine S. Giacinta Marescotti (Roma 1806, A. Fulgoni Stampatore); La Vita dei Ss. Martiri Cosma e Damiano (Roma 1807, stamperia Giunchi). In questo stesso anno fu ristampato il primo libro, quello del 1805.

E siamo giunti al fatidico anno 1808. Napoleone Bonaparte ormai imperatore, emana la famosa legge del 20 giugno che ordina anche in Italia la soppressione degli ordini religiosi, la chiusura dei conventi, la loro requisizione, lo scioglimento dei capitoli e la risistemazione delle diocesi.

Intima al suo Ministro per l'Italia Bigot de Preameneu la sua ferrea applicazione.

Questa decisione provocò nel Paese una situazione dolorosa e cruenta quasi quanto quella del 1789 in Francia. Nella maggior parte dei casi i conventi, oltre che requisiti furono anche saccheggiati, i loro occupanti gettati in mezzo alla strada. Non mancarono incendi ed atti di violenza, anche assassinii. Furono due anni tumultuosi, tanti ne occorsero per definire la situazione; ma ben presto gli stessi occupanti, naturalmente la parte migliore, li vissero con ripugnanza. Si sentivano costretti a recitare una parte disgustosa che provocava negli occupati una salutare presa di cognizione sulla effettiva realtà dell'occupazione francese, con negative conseguenze sull'opinione e sull'ordine pubblico.

Le ultime a lasciare i loro rifugi furono le monache di clausura che dovettero essere sloggiate a viva forza dalle robuste braccia dei militari.

Chi si fosse assoggettato al giuramento di fedeltà ai princìpi repubblicani avrebbe avuto in cambio il certificato personale, l'indennità di viaggio e la pensione.

Ma la maggior parte di questa gente non vi si assoggettò e si ritrovò così sbandata, priva di rifugio e di mezzi di sostentamento. Molti impazzirono, altri morirono di stenti, di malattie, altri sparirono nel nulla, molti altri abbandonarono la retta via, sicché quando nel 1814 la situazione ritornò alla normalità la popolazione religiosa risulto parecchio decimata, addirittura tra il 30 e il 40%: è l'opinione del passionista Carmelo Amedeo Naselli nell'appassionante trattazione in La soppressione napoleoniea delle corporazioni religiose (Roma 1986, ed. Pont. Univ. Gregoriana).

***

E il nostro frate? Travolto da questo turbine si ritirò, non si sa se da Roma o da Orvieto, nella cittadina di Viterbo dove vivevano dei suoi parenti: il cugino Bonaventura, figlio di Tommaso fratello del padre, ed una sorella sposata. Non si conosce con precisione quale e di chi fosse la "casa privata" nella quale spirò il 27 febbraio 1813: gli mancavano nove mesi a compiere ottanta anni. I bombardamenti subiti dalla città non hanno risparmiato il luogo ove stavano raccolti i registri parrocchiali dei secoli scorsi e numerosissimi sono quelli andati distrutti.

Ma anche dopo la sua morte padre Annibali continuò ad occupare un posto nella "repubblica letteraria" tanto per usare le parole del Moroni.

Nel 1817 la stamperia del seminario di Montefiascone pubblica la sua opera postuma Notizie steriche della Casa Farnese, della fu città di Castro, del suo ducato e delle terre e luoghi che lo componevano, con l'aggiunta di due paesi Latera e Farnese. Raccolte e disposte dal padre Flaminio Maria Annibali da Latera minore osservante.

L'importanza di questo lavoro e stata sempre giudicala capitale dagli studiosi di storia che si sono voluti interessare di quella grande famiglia e delle vicende che ad essa furono collegate. E questo, non tanto per le notizie in essa contenute - alcune delle quali sono state rivedute, corrette e modificate sulla base dei nuovi documenti reperiti ed in particolare modo per la sopraggiunta accessione del grande fondo Farnese giacente a Napoli ove era pervenuto attraverso le note vicende ereditarie - quanto perché e il primo lavoro che riordina la materia in modo cronologico, genealogico e territoriale e soprattutto dalle origini più antiche; il caposaldo, insomma, da cui sono partite poi tutte le ricerche successive che non hanno potuto non tenerne conto.

Questa sua ultima opera può essere considerata, oggi, l'autentico epitaffio di una sepoltura introvabile.

Dal sito http://www.casatomatteini.it/latera.htm

 

 

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