Viterbo STORIA
Mauro Galeotti
Le foto a fine articolo sono state scattate da me stesso

 

La facciata e il lato della Chiesa di santa Maria Maddalena

Chiesa di santa Maria Maddalena

Poco a monte della Valle di Faul, col fianco rivolto su Via Faul, al n° 7, è la Chiesa di santa Maria Maddalena con campanile a vela senza campana.

Giuseppe Signorelli trova che nel 1160, per la costruzione di un ospedale, venne effettuata la vendita di un terreno in Contrada Filello. La Piaggia del Filello si estendeva dal bivio Via Chigi con Via sant’Antonio fino a scendere sino all’Urcionio. Qui, il 4 Giugno 1163, si trova già nominata la Chiesa di santa Maria Maddalena con ospedale annesso, in possesso al monastero benedettino di san Salvatore sul Monte Amiata. 

Ad acquistare il terreno, per erigere chiesa e ospedale, fu un certo prete Canonico che ricavò il danaro dalle Chiese di san Giovanni in Sonsa e di san Marco, anche queste in possesso del monastero amiatino. Il terreno era di proprietà di due persone, Rufo di Guerruzzo da Vitorchiano e Nericone di Zaccaria, il primo volle essere pagato, il secondo invece fece una donazione.

Un anno o due dopo (1164 - 1165) Cecco di Vetralla donò a Canonico un casalino compreso tra: Porta di Filello, le mura della città, l’ospedale di cui sopra, i casalini della Chiesa di santa Maria Nova e la via pubblica.

Scrive Pietro Egidi:
«Se non m’inganno, questo pezzo di terra corrisponde all’orto che ora [1900] si trova di fronte alle conce dei Petri sotto il giardino Chigi, e che tocca il vecchio muraglione, residuo dell’antica cinta murata», che ancora oggi è in piedi e sostiene le vie di sant’Antonio e di san Clemente.
Poi, nel 1193, si dice che la porta della chiesa era avanti al predetto ospedale, perciò doveva sorgere dalla parte opposta della via, infatti, era unito alla chiesa da un arco «cum una stantia supra».

Tre anni dopo venne stilata una convenzione tra centosessantasette bifolchi e prete Leonardo, preposto della chiesa e dell’ospedale, con la promessa «di fare la campana, dare il cero, le primizie e la decima, in corrispettiva dell’ospitalità, sepoltura, magazzino e agnello pasquale».
Questa associazione di laici, creata in nome di Dio, della Vergine, di santa Maria Maddalena e di san Colocio, aveva per fine il mutuo soccorso ed è una delle più antiche in Italia.

Innocenzo III nel 1198, intanto, confermò i diritti sulla chiesa al Monastero di san Salvatore sul Monte Amiata, col quale il vescovo di Viterbo, Matteo I Suppolini, nel 1235 accese una lite proprio sul possesso di santa Maria Maddalena. Le spese per sostenere quella causa furono affrontate con la locazione di una casa da parte dell’abbate della Chiesa di san Marco.

Lo Statuto di Viterbo del 1251 nomina la strada a fianco della chiesa da riparare e il ponte sul Torrente Urcionio che lo chiama Ponte di santa Maria Maddalena.

Nel 1255 si appalta la realizzazione del selciato presso la chiesa.

Nel 1345 secondo alcuni, ma per Giuseppe Signorelli nel 1482, fu sede della Confraternita dei Disciplinati proveniente da san Lorenzo, che prese poi il nome Confraternita di santa Maria Maddalena. Fu istituita l’11 Agosto 1196, e vestiva, come ho già scritto, con il sacco bianco e mozzetta leonata e disciplina pendente dalla cinta, aveva per fine caritatevole il convincere a penitenza i traviati. Nel 1571 si aggregò alla Confraternita del Gonfalone di Roma. Comunque una Confraternita dei disciplinati di sant’Agostino e di santa Maria Maddalena è già nominata nel 1461.

Nel 1511 si nomina il chiostro e la chiesa nel Dicembre 1525 viene ridotta a lazzaretto. 

Nel 1541 fu distrutto l’arco, già citato, a cavallo della via, che univa la chiesa con l’ospedale. Pinzi in quest’arco che come ho scritto aveva una stanza sopra, ci vide la Porta urbana di santa Maria Maddalena, ma, più propriamente, secondo Pietro Egidi questa era più a monte, sulla sinistra di Via del Ganfione, «protetta dalla torre di cui ancora [1900] si scorgono i resti».

Il 22 Luglio 1567 un incendio «arse et consumò tutta la chiesa», unitamente a buona parte dell’archivio, a tal punto che fu necessario ricostruirla e, con l’occasione, ampliarla almeno più di un terzo comprendendovi un orto confinante. I disegni del progetto furono eseguiti da Camillo Labruzza.

In quella triste circostanza la Confraternita ebbe sede provvisoria presso la Chiesa di santa Maria delle Rose, al Cunicchio. Nel 1568 la Confraternita, al fine di contribuire alla costruzione della nuova chiesa, fu autorizzata a concedere beni per duecento scudi. Nello stesso anno fu redatto il nuovo Statuto del pio istituto, che fu miniato nel 1570 dal perugino Antonio Schiratti.

Nel 1571 anche il Comune dette un sussidio, perché la Confraternita aveva chiesto un’elemosina per portarla a termine, era il 18 Marzo.
In un inventario del 1574, essendo la chiesa ancora dipendente dal Monastero di san Salvatore, si fece un elenco degli oggetti conservati nell’archivio:
«ordinamenti in pergamena, altro ricoperto di velluto verde finito d’argento, libro di croniche ov’è scritto il viaggio di Loreto, bolle d’indulgenze, Crocefisso, gonfalone, tre quadri: Trinità, Madonna e santi Pietro e Paolo».

Nel 1577 la Confraternita dei Disciplinati si unì a quella del Gonfalone di Roma, come già aveva fatto la Confraternita dei Disciplinati di san Giovanni e, dieci anni dopo, Ilario Verreschi donò alla Confraternita il luogo ove era l’immagine della Madonna dell’Ellera; ebbe così inizio l’impiego delle proprie rendite per la costruzione della Chiesa di santa Maria dell’Ellera.

Nel 1591 Francesco Chigi concesse alla Confraternita il ricasco dell’acqua del suo palazzo sovrastante, ed ancora, nel 1604, da parte di Stefano Galeotti, venne concessa alla chiesa e da questa alla concia Zazzera, l’acqua proveniente dall’orto dei Chigi. Poi, il 28 Aprile 1619, la Confraternita si aggregò a quella del santo Sudario di nostro Signore di Roma, come da iscrizione nella chiesa. 

Un restauro, alla chiesa in rovina, si attuò nel 1628 sempre ad opera del Comune e ancora, in un inventario di quell’anno, si ricorda:
«un Crocifisso grande da portare in processione, gonfalone, lanternone segreto con alquante discipline di ferro con manichi».
Lo stesso anno la chiesa minacciava rovina e venne restaurata anche col contributo di cinquanta scudi del Comune.

Nel 1640 i Padri Silvestrini di santo Stefano del Cacco, chiesero di aprire un convento in santa Maria Maddalena, ma la Confraternita concesse loro la Chiesa di santa Maria dell’Edera. L’anno seguente la Confraternita di santa Maria Maddalena, per residenza, ricevette la Chiesa di san Silvestro.
Nel 1654 fu fatto eseguire a Roma il nuovo stendardo della Confraternita che, per finirlo di pagare, fu necessario cedere la dote di «una fattasi terziaria».

Una concessione per cavare la pietra presso la chiesa fu data al Comune nel 1663 e nel 1674 venne redatto un altro inventario ove furono elencati:
«Libro di capitoli antichi col coperchio di tavola, Libro della Madonna dell’Edera, Libro delle spese della fabbrica dopo l’incendio, Una borsa con 8 brevi, ed altri 5».

Nel 1677 la chiesa venne officiata dagli Zoccolanti e nel 1734 furono rinnovate le mazze utilizzando i vecchi argenti e le cedole scadute delle doti.
Poi, nel 1799, i beni della Confraternita vennero ceduti all’Ospedale dei proietti, alla stessa restò solo l’orto.

Il Coretini, storico locale, afferma che in chiesa vi era un quadro, raffigurante la santa titolare, dipinto dal concittadino Filippo Caparozzi (1588 ? - 1644). Nel 1892 i beni della Confraternita di santa Maria Maddalena furono trasferiti alla Congregazione di Carità.
La facciata della chiesa è assai semplice, ha un rosone tondo e la porta d’ingresso in peperino con scolpito sull’architrave Caste ad Deum adeunto.

L’interno non conserva più nulla dell’antico, neppure il soffitto che nel 1830 era a cassettoni, vi è solo un’epigrafe in marmo, posta sulla parete a destra per chi entra e che riferisce:
D.O.M. / Confraternitas Disciplinatorum / Sanctae Mariae Magdalenae Viterbien. / ortum habuit anno salut. 1345 / templum S. M. ad Hederam aere / proprio struxit et explevit / aggregata est piae ac venerabili / Archiconfrater-nitati / S. Sudari D. n. Jesu Cristi / de Urbe / a.D. 1619.

Tradotta: Questa Confraternita dei Disciplinati di santa Maria Maddalena di Viterbo, ebbe origine nell’anno 1345, costruì e completò a proprie spese la Chiesa di santa Maria dell’Edera ed è aggregata alla venerabile Arciconfraternita del santo Sudario di nostro Signore Gesù Cristo di Roma. Anno del Signore 1619.

L’anno di fondazione riferito è errato, infatti la Confraternita fu istituita nel 1315, come afferma Pietro Egidi, ed è invece lo Statuto che fu approvato nel 1345, come ho già riferito.

Andrea Scriattoli, intorno al 1915, vide che nella chiesa era riportato in più parti l’emblema dipinto della Confraternita di santa Maria Maddalena consistente in un unguentario o alabastron, in ricordo di quello infranto dalla santa ai piedi della Croce.

Ho visto, fissati sui muri in città, tre unguentari riferiti alla Confraternita, uno in Via della Marrocca n° 62, uno in Via della Bontà n° 62 ed uno in Via Orioli n° 22, quest’ultimo a differenza degli altri è in peperino ed è stato realizzato in dimensioni più grandi. Lo storico anzidetto, ricorda di aver letto su una croce di legno, portata dai Confratelli di santa Maria Maddalena, il motto: Per lignum servi, per crucem liberi.

Vi erano conservati i quadri ad olio su tela: Noli me tangere, di pertinenza alla Mensa vescovile e poi portato nel Palazzo vescovile; san Tommaso d’Aquino del XVII secolo; san Francesco da Paola mentre salva un peccatore dal mare del XVII secolo e la Madonna col Bambino e san Carlo Borromeo del XVII secolo, in Vescovato.

La chiesa fu chiusa al culto nel 1927, fu venduta e venne adibita prima a mola ad olio e poi a magazzino di carta straccia; è stata restaurata verso il 1995 ed è di proprietà privata, l’intonacatura delle pareti laterali esterne ha nascosto le antiche pietre della primitiva chiesa.

Il 14 Marzo del 2014 ha preso fuoco la sagrestia, prontamente spento dai Vigili del fuoco.

Un edificio prossimo alla chiesa, per decenni in disuso e restaurato nel 1999, è detto le conce.
Vi era una industria di conceria di pelli che, dal vicino mulino dei Chigi nella Valle di Faul, si riforniva di vallonea da cui si estraeva il tannino.
Le conce furono dette di Zagarello.

Le foto sono state scattate da me, Mauro Galeotti, con iPhone 6

Chiesa di santa Maria Maddalena, la parete dell'altare maggiore, altare in peperino sparito

Chiesa di santa Maria Maddalena, parete sinistra

Chiesa di santa Maria Maddalena, affreschi ricoperti da tinta bianca

Chiesa di santa Maria Maddalena, cappella sulla parete destra, credo sia stato tolto
il simbolo della Confraternita di Maria Maddalena, l'ampolla degli unguenti,
con la quale avrebbe cosparso il corpo di Cristo.
Sparito anche uno stemma del vescovo Giovan Francesco Gambara.

Chiesa di santa Maria Maddalena, affresco sull'altare maggiore

Chiesa di santa Maria Maddalena, saggio per individuare gli affreschi ricoperti da tinta bianca
forse per "strapparli"

Chiesa di santa Maria Maddalena, parete interna della facciata 

Chiesa di santa Maria Maddalena, affresco con la scritta sant'Antonio di Padova

Chiesa di santa Maria Maddalena, affreschi ricoperti da tinta bianca

Chiesa di santa Maria Maddalena, affresco con santa Maria Maddalena
ed alcuni saggi

 Chiesa di santa Maria Maddalena, affresco con sant'Antonio di Padova
ed alcuni saggi

 Chiesa di santa Maria Maddalena, uno degli scavi clandestini presenti sul pavimento

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