Viterbo STORIA MINERALOGIA LAZIALE
Maurizio Burli Gruppo Mineralogico Romano
Pubblicato sulla rivista IL CERCAPIETRE – Notiziario del Gruppo Mineralogico Romano 1-2-/2013 p. 13-23

 

   Dopo l'articolo sugli albori della mineralogia della nostra regione (Burli, 2012), vorrei prolungare il solco tracciato da questo e tanti altri scritti, in particolare quello di Pier Paolo Mattias ne Il profilo biografico di un grande studioso della mineralogia laziale: Liberto Fantappiè (Mattias, 2009).

   Questo lavoro, unitamente al ritrovamento della tomba di questo insigne studioso, ha dato il via a una mia ricerca più approfondita sul suo lascito scientifico nel campo della petrografia e mineralogia laziale.

   Altro motivo che mi ha spinto ad approfondire l’argomento è il trasferimento della sede del GMR dal Museo Mineralogico del Collegio Nazareno, al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Sapienza, che ha interrotto, si spera non in via definitiva, i rapporti con quelle antiche collezioni, ma ha dato e darà l’opportunità di riallacciarne di nuovi e di non minore interesse come queste righe successive si sforzeranno di dimostrare.

   La causa prima del mio interessamento allo studio di vecchie pubblicazioni dell’Otto-Novecento su località laziali di rinvenimento di minerali e a una loro riscoperta, è riconducibile al fatto che la chiusura di quasi tutte le poche cave rimaste, rende la ricerca di campioni difficilissima e poco remunerativa dal punto di vista puramente collezionistico.

La ricerca nei "polverosi archivi" non ci dà direttamente campioni per le nostre collezioni e per la scienza mineralogica, ma ci indica strade e luoghi non più battuti da decenni, se non da secoli, dove tentare una soddisfacente raccolta. Il primo passo per un’investigazione di questo tipo è oggi agevolato dalla valanga di informazioni che si possono ottenere dal mondo del web, per cui, dopo un primo giro di orizzonte, ho isolato la figura del Professor Liberto Acasto Fantappiè, cercando di integrare, anche con immagini di campioni di minerali, quanto già pubblicato sulla nostra succitata rivista.

   L’amico Romualdo Luzi, allora presidente del Consorzio delle biblioteche della provincia di Viterbo, lo stesso che poi mi comunicherà il ritrovamento della tomba[1], dietro mia richiesta si rese disponibile a procurarmi le copie di tutto quello che il fondo bibliotecario della provincia aveva di questo autore.

   La lettura di autori di una certa levatura intellettuale non può non lasciare un qualche segno ed essere fonte d’importanti insegnamenti. Il modo di muoversi del Fantappiè sul territorio, la pertinacia, pur nell'assenza di mezzi, lo portava a studiare e analizzare i campioni raccolti e ordinatamente collezionati ma anche a sostenere la fatica più importante, quella cioè di condividere le sue osservazioni attraverso una serie di pubblicazioni interessanti e rigorose. Queste sono ancora un grande esempio per gli studiosi odierni.

   Sempre inoltrandomi nelle infinite praterie di internet, ho scoperto che le notizie sul nostro professore del Liceo-ginnasio di Viterbo erano estremamente scarse rispetto a quelle esistenti su suo figlio Luigi Fantappiè, uno dei più importanti matematici del novecento[2].

   Quindi è giusto dedicare un po' di attenzione al padre di tanto figlio, anche per sottolineare una situazione nella quale l’ambiente e l'educazione famigliare ha certamente influito sugli studi e sui risultati della ricerca scientifica dell'insigne matematico.

   “Il prof. dr. Acasto Liberto Fantappiè nacque a Pontassieve (FI) il 12 aprile 1862, figlio di Luigi e Faustina Merlini”, così riportano le prime righe dell'articolo del Mattias, il quale riporta il 29 gennaio 1933 quale data del decesso a Viterbo (Mattias, 2009).

   Lascio all’interesse dei lettori, che vorranno consultare la nostra rivista, gli altri trascorsi biografici. Nonostante un’attenta ricerca non è stato possibile reperire altre notizie essendo rimasto in vita, tra i famigliari, soltanto un nipote del figlio Luigi che non ha saputo aggiungere altri particolari se non che non ebbe eredi diretti (Galeotti, 2002).

   Mi limito soltanto a tratteggiare questa figura di naturalista di antico stampo che s'inerpicava sul suo cavallo[3] per le “fratte” dei Cimini e dei Vulsini alla ricerca di campioni che pochi giorni dopo avrebbe accuratamente analizzato nel laboratorio del suo liceo, da lui stesso voluto e allestito.

   Quindi un mineralogista a tutto tondo, che oggi, con l'estrema specializzazione delle discipline, si fa fatica a riscontrare negli odierni ricercatori, senza nulla togliere a quei “topi” di laboratorio che con il loro ostinato lavoro spostano sempre più avanti le frontiere della moderna mineralogia cristallografica. Con pochissimi mezzi, infatti, Fantappiè riuscì a determinare con notevole esattezza i parametri chimici e macro-cristallografici della danburite (fig. 1) cui dedicò l’articolo pubblicato dall'Accademia dei Lincei (Fantappiè, 1896b).

 

Fig. 1 – Danburite, Capacqua, Vetralla VT; Cristallo maggiore 1,2 mm. Coll. e foto R. Pucci

   La ricerca scientifica di Fantappiè fu caratterizzata da rigore e grande impegno; ma colpiva in modo particolare la sua disponibilità e predisposizione naturale alla docenza.

   Una citazione, che evidenzia come l’impegno didattico del Fantappiè non si limitasse agli spazi chiusi di una classe di liceo, è il resoconto di un’escursione al Monte Cimino organizzata dalla Sezione di Roma del Club Alpino Italiano nel maggio del 1898. Alla comitiva, partita da Roma il 21 maggio, si uniscono a Viterbo, la mattina del 22, “i professori Giuseppe Polozzi, Ariodante Fontana e Liberto Fantappiè, con parecchi studenti del Liceo di Viterbo”. Uscita da Viterbo, “la comitiva si inerpicò su pel giogo boscoso dell’estinto vulcano Cimino” (Rivista CAI, 1898).

   E’ impensabile che il Fantappiè, in questa occasione, non abbia cercato “sassi” per la sua collezione e non abbia coinvolto gli studenti nella ricerca, trasformando le faggete del Cimino in meravigliose aule dove la teoria e la pratica si incontrano nelle sorprendenti geo-espressioni della natura.

   Proprio come riconoscimento della validità della sua didattica va interpretata la decisione, risalente al 1897, della Giunta Municipale di Viterbo di dotare di un goniometro Fuess N°4 i gabinetti scientifici da lui diretti (Fantappié, 1897a).

   Ma è giusto ricordare almeno tre riconoscimenti dati al ricercatore e scienziato Fantappiè. Il primo è quello che il suo amico Carlo De Stefani[4] gli ha dedicato nominando Cardium fantappiei (De Stefani, 1902) il fossile di un mollusco del pliocene, dal Fantappiè stesso rinvenuto nei calcari presenti nei dintorni di Viterbo (De Stefani e Fantappiè, 1899).

   Il secondo è la nomina, su proposta del Ministro per l’educazione nazionale, a Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia per la sua attività di professore ordinario di scienze naturali, chimica e geografia nel Regio Liceo ginnasio di Viterbo[5]. Il Regio Decreto però fu firmato il 16 febbraio 1933, e cioè pochi giorni dopo la sua morte.

   Il terzo, importante per la storia della mineralogia laziale, è quello che la massima autorità in materia di riconoscimento di nuove specie mineralogiche, la C.N.M.N.C. (Commission on New Minerals Nomen-clature and Classification) della I.M.A. (International Mineralogical Association) ha voluto dedicargli accogliendo le richieste del mondo accademico italiano e attri-buendo il nome fantappièite a una nuova specie mineralogica, del gruppo sodalite-cancrinite, rinvenuta, in un incluso sanidinitico in località Torre Stracciacappe,

Trevignano in provincia di Roma (Bellatreccia et al., 2009; Cámara et al., 2010) (fig. 2).

   L’olotipo della fantappièite è conservato presso il Museo di Mineralogia della Università di Roma Sapienza, “accanto” ai campioni che il Fantappiè donò nel 1897 in occasione del 55° compleanno del suo maestro Giovanni Strüver[6], all’epoca Direttore del Museo.

Fig. 2 – Fantappièite, Torre Stracciacappe, Trevignano, Roma. Cristallini di 0,7 mm fotografati quando il campione era ancora in fase di studio. Foto R. Pucci.

   La donazione è costituita da oltre duecento campioni, tutti provenienti dai complessi vulcanici dell’alto Lazio: Vulsino, Vicano e Cimino, per decenni luoghi delle ricerche del Fantappiè.

   Tra questi sono da segnalare: olivina di Monte delle Croci di Montefiascone (fig. 3) (probabilmente il peridoto descritto dal Fantappiè nelle pubblicazioni del 1897a e del 1904)[7], granati di Farnese, leuciti di S.

 

Fig. 3 – Olivina, Monte delle Croci, Montefiascone; cristallini iridescenti in provetta, dono di L. Fantappiè al Museo di Mineralogia della Regia Università di Roma nel 1897. Museo di Mineralogia - Sapienza Università di Roma; inv. N° 20424/125. Foto V. Nasti.

Martino al Cimino, sanidino di Monte S. Valentino sopra le Fornaci di Bagnaia, titaniti del Poggio del Corvo Vallecupa di Farnese, tormaline e haüynite di Cura di Farine, Contrada Fagianello, vesuvianiti di Campo del Carca di Farnese e di Pitigliano, la danburite di Contrada Petrignano Viterbo. Per queste informazioni è doveroso esprimere un sincero ringraziamento al Museo di Mineralogia della Sapienza Università di Roma, per aver consentito le foto che integrano il presente lavoro e che, accompagnate dai cartellini dell’epoca e dalle annotazioni autografe del Fantappiè, consentiranno al lettore di rivivere l’atmosfera del Museo di oltre un secolo fa (fig. 4).

 

Fig. 4 – Due blocchi sanidinitici dono di L. Fantappiè al Museo di Mineralogia della Regia Università di Roma nel 1897 con i cartellini dell’epoca e le annotazioni autografe dello stesso Fantappiè. Museo di Mineralogia – Sapienza, Università di Roma: sulla sinistra, blocco con danburite di Contrada Petrignano, Viterbo (inv. N° 20555/14); sulla destra, blocco con haüynite di Contrada Fagianello, Viterbo (inv. N° 20539/292). Foto R. Pucci.

Per “raccontare” il mineralogista Fantappiè penso che non ci sia cosa migliore che fare riferimento ad alcuni dei suoi articoli, presentati all'Accademia dei Lincei negli ultimi anni dell'ottocento e poi pubblicati negli Atti della stessa Accademia e sulla Rivista di Mineralogia e Cristallografia Italiana. A volte riporterò le sue testuali parole che hanno il sapore e il fascino di “altri tempi”, ma spero servano a dare la consapevolezza che anche il nostro stile di scrittura potrebbe essere un giorno oggetto di un esame critico.

   Prima ancora di ricordare qualche passo dei suoi articoli, mi sembra opportuno sottolineare che il riferimento, in tutti gli scritti dell’epoca (non solo quindi del Fantappiè), alla Regione Cimina è soprat-tutto di tipo geografico e non geologico. Fantappiè è ben consapevole della distinzione tra il complesso vulcanico Cimino e quello di Vico; forse allora non era ancora del tutto definita l’estensione del territorio interessato dai rispettivi prodotti.

 

   La Danburite ed altri minerali: in alcuni pezzi notevoli di rocce antiche tra i «blocchi erratici» della Regione Cimina

(Fantappiè, 1896a)

(Con lo stesso titolo pubblicato anche sui Rendiconti dell’Accademia dei Lincei: Fantappiè, 1896b).

   Riporto alcuni tratti dello scritto che mi sembrano particolarmente significativi:

- da pag. 82:

"Trovandomi da oltre cinque anni in Viterbo coll'idea di eseguire degli studi sulle due importanti regioni Cimina e Vulsinia segnatamente dal lato mineralogico e litologico, ho potuto mettere insieme un’abbondante raccolta di materiale delle due regioni."

- da pag. 83

Parlando dei “blocchi erratici” in cui ha rinvenuto la danburite e gli altri minerali interessanti:

“Uno con massa costituita prevalentemente da feldispato grigiastro, e rinvenuto sotto la località detta delle Carcarelle (dintorni di S. Martino), a lato della via delle Tre croci, scendendo verso la via provinciale di Vetralla: cioè nella parte bassa del fianco nord-ovest del grande recinto che racchiude il lago di Vico, ed un poco a nord della massa culminante del Fogliano.

L’altro a grana pressochè omogenea e piuttosto fina costituita da feldispato bianco: rinvenuto in contrada Fagianello, poco al di là della cura delle Farine (venendo da Viterbo) sotto la via delle Tre croci. Località notevole, per la relativa abbondanza dei blocchi che qui, come per solito, si trovano specialmente nello stato tufaceo immediatamente sovrastante alla formazione friabile a leuciti alterate."

- da pag. 84:

“Le specie che meritano speciale menzione tra quelle che vi si trovano nettamente cristallizzate sono le seguenti:

  1. La Danburite: con speciale importanza tra tutte.”

- da pag. 85:

"Davyna. I cristalli piccolissimi ... si presentano … in prismi esagonali terminati da facce di piramide e dalla base. Sono poi ordinariamente associati a granato giallo-bruno… con facce talora leggermente iridescenti. ... Le facce prismatiche mostrano spesso una striatura in direzione orizzontale, dovuta a ripetizione di facce piramidali talora distinte.”

- da pag. 86, nota (1)

Il Fantappiè assume una posizione critica nei confronti di un altro studioso dell’epoca, Ettore Artini[8], circa l’origine dei “blocchi erratici” rinvenuti nella “regione Cimina” (Artini, 1889). A tali “blocchi” l’Artini riteneva si potessero applicare le considerazioni che lo Strüver (Strüver, 1885) aveva fatto nei confronti di analoghi materiali dei Sabatini. Il Fantappiè ritiene invece che nella regione Cimina il carattere nettamente metamorfico di tali prodotti sia decisamente meno predominante e   "Invece, potrò mostrare tra breve che le considerazioni dello Strüver esposte a proposito dei Sabatini si possono addirittura estendere al materiale dei Vulsini, che io posseggo in abbondante raccolta sulla quale sto già studiando."

- da pagg. 87, 88 e 89:

" ... un minerale scuro, che spesso si mostra accentrato in fasci fibrosi, tendenti talvolta alla struttura finamente bacillare nelle piccole cavità della massa. …

La tormalina è il minerale che coi suoi piccoli fascetti spesso fibroso-raggiati dà la macchiettatura bruna alla massa del blocco. … Il minerale va gradatamente da queste colorazioni brune a quelle verdognole tendenti al giallastro chiaro: mostrando spesso i segni della stratificazione isomorfa con zone scure, specialmente all'apice dei cristallini verdastri chiari che hanno terminazioni libere nelle piccole cavità del blocco."

 

   Nuove osservazioni sui minerali dei "blocchi erratici" nella regione Cimina (Fantappiè, 1897b)

   In questo saggio Fantappiè, a seguito di altri ritrovamenti, approfondisce lo studio morfologico della danburite e descrive le specie: analcime, haüynite e nefelina.

 

   Sopra alcuni blocchi erratici a granato e idocrasio nella regione Cimina

(Fantappiè, 1898a)

   In questo lavoro Fantappiè vuole anticipare dati che più approfonditamente saranno trattati in una successiva memoria “che attende l’onore della stampa all’Accademia dei Lincei” e che con il titolo "Su i proietti minerali vulcanici trovati nell'altipiano tufaceo occidentale dei Vulsini da Farnese a S. Quirico e Pitigliano” sarà pubblicata lo stesso anno su Atti della Regia Accademia dei Lincei.

 

   Su i proietti minerali vulcanici trovati nell'altipiano tufaceo occidentale dei Vulsini da Farnese a S. Quirico e Pitigliano

(Fantappiè, 1898b)

   Questa memoria presentata dal socio Strüver nella seduta del 3 aprile 1898 all'Accademia dei Lincei, rappresenta uno dei più interessanti scritti, per i collezionisti e studiosi di minerali vulcanici laziali, che il Fantappiè ha mai pubblicato. E ciò non solo per la varietà delle specie rinvenute ma anche, a differenza dei reperti provenienti dai complessi Cimino e Vicano, per la grandezza dei cristalli di alcune specie (vesuvianite, titanite, granato, haüyna, ecc.).

   Già dalla prima pagina della presentazione del celebre prof. Strüver si apprende, seppure già accennata in altri scritti, notizia dell’importanza della collezione privata del professor Liberto: "… è una splendida raccolta, ricca di molte migliaia di campioni…". Ricordo che molti di questi arriveranno poi nella collezione del Museo di Mineralogia dell'Università Sapienza di Roma.

   La presentazione segue: "… e messa assieme con non lievi sacrifizî, non che la dimostrazione del fatto, che il giacimento, creduto sino ad oggi limitato ai prossimi dintorni di Pitigliano, Sorano e S. Quirico si estende molto a sud sin'oltre Farnese[9] e occupa un costante, sottile orizzonte geologico nella serie dei terreni vulcanici". Citazione questa, che mette in luce quanto siano arrivati secondi quegli emuli mineralogici di Livingstone, che in tempi recenti si sono avventurati in territori per loro sconosciuti, ma che già oltre un secolo fa erano stati setacciati, con professionalità e correttezza, dal nostro professore di liceo e da molti altri appassionati e ricercatori. Infatti, tante località, di rilevanza mineralogica, erano già state citate in lavori ottocenteschi; anzi ve ne sono molte, citate in quegli scritti, che ancor oggi non sono state battute dai moderni ricercatori e collezionisti. Ma merito ancora maggiore, dovuto ai mineralogisti di altri tempi, è che non consideravano il singolo ritrovamento importante fino a che non fosse inquadrato in un sistema di riferimento comparativo e/o distintivo di tipo geo-mineralogico.

   Nel suo lavoro il Fantappiè, dopo un excursus storico su quanti lo hanno preceduto nello studio della regione, esprime i ringraziamenti a quanti hanno facilitato il suo lavoro e in particolare “debbo presentare distinti ringraziamenti al mio illustre maestro prof. G. Strüver per avermi concesso di attingere largamente per la letteratura alla sua ricchissima biblioteca privata, non meno che per avermi dato agio di osservare ripetutamente la splendida collezione del materiale vulcanico tirreno da lui riunita nel Museo mineralogico dell’Università di Roma.” Il Fantappiè prosegue fornendo cenni sulla geologia di quel territorio, supportati anche dall’esame di tre sezioni prese nei dintorni di Pitigliano e di Farnese; affronta quindi la descrizione puntuale e particolareggiata dei minerali rinvenuti nei “blocchi erratici”. “Le specie minerali che si possono constatare con certezza sono quelle qui sotto segnate, tra le quali portano un asterisco quelle segnalate la prima volta in seguito alle mie ricerche:

Magnetite – Pirosseno – Anfibolo* - Granato – Idocrasio – Mica – Nefelina* - Haüynite – Anortite* - Ortoclasio – Titanite – Apatite* - Calcite*.”

   Conclude infine con una analisi comparativa con i prodotti di altre regioni vulcaniche, riconoscendo che: “I blocchi minerali erratici dei Vulsini, come quelli di altri giacimenti, hanno una facies speciale. Se nell’insieme ve ne sono poi di quelli che stabiliscono relazioni tra il nostro giacimento e quelli appartenenti ad altri centri, pure la quantità relativa dei blocchi delle varie sorta, la loro costituzione mineralogica, e più ancora le peculiari condizioni di paragenesi e di cristallizzazione delle singole specie che entrano a comporli e la struttura danno dei caratteri che non solo sono sufficienti nel complesso a definire la formazione, ma che potrebbero anche permettere ad un occhio esercitato di distinguere presso a poco il 90 per cento di questi massi in un miscuglio appartenente a vari centri.”

 

   Minerali nuovi o in nuove condizioni di giacitura per la regione Cimina (Fantappiè, 1899), (fig. 5).

   In questo articolo il Fantappiè fa una sintesi dei precedenti lavori, distinguendo i minerali rinvenuti in due categorie:

“a) quelli degli interessanti «blocchi erratici» da me finora studiati di preferenza; e b) quelli inclusi nelle rocce”.

   Segue un breve elenco dei minerali presenti nei blocchi erratici della regione Cimina non prima descritti: Quarzo, Danburite, Tormalina, Analcite, Scapoliti, Nefelite, Davyna, Haüynite, Wollastonite, Opale ed Ematite (naturalmente tutti o quasi in associazione con abbondante sanidino, unito a titanite e pirosseni).

   Segue una descrizione puntuale di ogni minerale, le condizioni di paragenesi, giacitura, forma e colore, e dei luoghi di ritrovamento.

   Sempre nei blocchi erratici, ma metamorfici, segnala il ritrovamento di Wollastonite, Granato, Idocrasio e Mellilite.

   Particolare è il caso, da lui stesso messo in evidenza, di un blocco eiettato, strappato dalla zona di contatto tra magma e calcari incassanti, in cui sono presenti, insieme al sanidino, la vesuvianite, il granato, la nefelina, l’Haüynite e della probabile Scapolite, come accessori, mica, anfiboli e titanite.

Interessante riferimento si ha a pagina 12 dove si accenna a campioni di quarzo “con leggero colore ametistino” acquistati per se medesimo dal sig. Luigi Rossi Danielli [10] di Viterbo, ingegnere e cultore di antichità e storia patria viterbese, in passato appartenenti al prof. Gaetano Barbieri[11] (suo predecessore nell’insegnamento al liceo viterbese), considerati “inclusi nel peperino della cava Zei di Viterbo”. Il Fantappiè dichiara questo quarzo molto somigliante a campioni appartenenti alle collezioni della Reale Scuola tecnica "Francesco Orioli" di Viterbo.

Sul finire dell'articolo a pagina 16 facendo riferimento a una roccia “… a grandi e netti sanidini (Vulsinite, Washington[12]) che affiora sulla via da Viterbo a Vetralla, presso il Ponte del Quartuccio e adiacenze e si estende poi presso Vetralla in vari punti” cita il ritrovamento di ematite in “noduli cristallini formati da piccoli individui tabulari variamente intrecciati …” e “ in piccole scagliette, più o meno lucenti, disseminate negli interstizi periferici di alcuni blocchi inclusi nella stessa roccia e costituiti da una massa confusamente cristallina di feldspato …”.

 

Fig 5 – Frontespizio della pubblicazione del Fantappiè del 1999

   Nelle vecchie carte IGM è ancora rintracciabile il toponimo “Quartuccio”, posto sulla sinistra della Via Cassia, procedendo in direzione di Viterbo, all’altezza del km 72, immediatamente a nord di Fosso Ricomero, località ben nota agli amanti della mineralogia laziale per le belle, seppure piccole, mineralizzazioni presenti nei noduli inclusi nella trachite.

   Questi ultimi due articoli si possono considerare la summa di un lavoro su scala regionale di ampio respiro, tra l'altro messo a confronto con gli altri studi, sui vulcani del Lazio settentrionale, dello stesso autore.

   Forse non è esagerato ammettere che da scritti come questi sia ripartita quella ricerca recente che si è estesa poi alle aree circum-viterbese e vulsina che tante specie nuove hanno dato al mondo, all'Italia e al Lazio.[13]

 

   Contribuzioni allo studio dei Cimini:

  1. Profili strutturali;
  2. Sul peperino;

III. Genesi delle formazioni;

(Fantappiè, 1903)

   Anche da un punto di vista strettamente geologico il contributo dell'illustre studioso non fu di poco conto, specialmente per quanto riguarda lo studio della regione Cimina, esplicitato nelle tre memorie presentate nel 1903 all'Accademia dei Lincei. In queste fa una descrizione accurata, riferita in particolare al vulcano Cimino, delle formazioni, formulando delle ipotesi sulla loro genesi.

 

Studio cristallografico del Peridoto di Montefiascone

(Fantappiè, 1904)

Nota presentata dal socio G. Strüver alla Accademia dei Lincei.

- da pag.19, nota (1)

A proposito della non certa composizione di alcuni minerali:

   "Debbo lamentare la mancanza di determinazioni chimiche quantitative impossibili nelle condizioni del mio modesto laboratorio al Liceo".

 

Discussione sul peperino di Viterbo.

   In occasione della adunanza estiva della Società Geologica Italiana nel settembre del 1908 a Roma (Fantappiè, 1908), la Società Geologica Italiana organizzò, nei giorni 23 e 24 settembre 1908, per i suoi soci, un’escursione di studio a Viterbo guidata dall’ing. Clerici cui partecipò anche il Fantappiè. Gli interventi esplicativi, fatti dal Clerici stesso, dal Fantappiè e dal Sabatini durante l’escursione, per desiderio espresso dal Presidente della Società Geologica Italiana, furono riassunti e pubblicati come appendice alla relazione finale dell’ing. Clerici sul Bollettino della Società.

 

Ringraziamenti

   Ringrazio il dott. Romualdo Luzi, ex direttore del consorzio bibliotecario della provincia di Viterbo, per l'aiuto avuto nella ricerca delle fonti e il museo di Mineralogia della Sapienza nelle persone della Direttrice prof.ssa Adriana Maras, del dott. Michele Macrì, curatore dell’Area di Scienze della Terra del Polo Museale Sapienza, e della sig.ra Flora Panzarino per la gentile disponibilità offertami nella ricerca presso i loro archivi e collezioni di reperti riguardanti Liberto Fantappiè, nonché per l'autorizzazione a fotografare e pubblicare alcune immagini di questi.

 

BIBLIOGRAFIA GENERALE

 

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Fantappiè L. (1903) - Contribuzioni allo studio dei Cimini:

  1. Profili strutturali - sem.1, 443-451;
  2. Sul peperino - sem. 1, 522-529;

       III. Genesi delle formazioni – sem.2, 33-39;

     Rend. R. Acc. Lincei, Roma Vol. 12.

Fantappiè L., (1904) - Studio cristallografico del Peridoto di Montefiascone - R. Acc. Dei Lincei, 17-23.

Fantappiè L., (1908) - Discussione sul peperino di Viterbo. In occasione della adunanza estiva della Società Geologica Italiana nel settembre del 1908 Roma - Bollettino della Soc. Geolog. Ital., Vol. XXVII, fasc.IV, CLIV-CLVII.

Galeotti M., (2002) - L'illustrissima città di Viterbo - Ed. Studio Pubbl. Viterbese Srl.

Mattias P., (1998) – Il profilo biografico di un grande studioso della mineralogia laziale: Liberto Fantappiè - Il Cercapietre, Notiziario del G.M.R., 1-2, 10-12.

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Rivista mensile del C.A.I., (1898) - N. 6, 30 giugno 1898, Torino, 224.

Strüver, G., (1885) - Contribuzione alla mineralogia dei vulcani Sabatini. Parte 1a. Sui proietti minerali vulcanici trovati ad Est del Lago di Bracciano - Atti R. Acc. dei Lincei, 1, s. 4, 1-17.

[1] Creduta distrutta dai bombardamenti dell'ultima guerra che interessarono il cimitero di Viterbo che si trovava in posizione strategica e cioè a ridosso della intersezione tra la Strada Statale Cassia e la Strada Provinciale Tuscanese (SP 2).

[2] Fantappiè Luigi (1901 – 1956), matematico e accademico dei Lincei. Insegnante in diverse università italiane e a San Paolo del Brasile. Nel 1955 fu insignito della medaglia d’oro dei Benemeriti della cultura.

[3] Nel saggio sui proietti minerali vulcanici dei Vulsini e dei Cimini del 1899 Fantappiè ringrazia il suo ex allievo Enrico Gentili di Farnese delle “cavalcature” ricevute e utilizzate nelle escursioni di ricerche mineralogiche.

[4] Carlo De Stefani (Padova, 1851 – Firenze, 1924), geologo, paleontologo e malacologo.

[5] Nell'adunanza della giunta di Viterbo del 28/10/1892, in seduta segreta, si conferiva l'insegnamento di Fisica e Scienze Naturali nel liceo di Viterbo a Liberto Fantappiè, già titolare della cattedra di Scienze Naturali presso la Regia Scuola Tecnica della stessa città. Curriculum: Laurea in Scienze Naturali Università di Roma, Licenza di Fisica e Matematica Università di Pisa, Posto di perfezionamento per la Cristallografia e la Mineralogia nell'Università di Roma vinto per concorso. Posta ai voti con "ballottazione" segreta la nomina era approvata con il seguente risultato: 13 voti per il si e 2 per il no.

[6] Johann Strüver (Brunswick 1842 - Roma 1915), studioso della mineralogia italiana ed europea. A Torino dal 1864 chiamato da Quintino Sella, poi Professore di Mineralogia e Direttore del Museo di Mineralogia dell’Università di Roma dal 1873 al 1915. Socio dell’Accademia dei Lincei dal 1876.

[7] Peridoto è il termine con il quale oggi viene comunemente denominata l’olivina (magnesifera cioè la forsterite) usata come gemma da taglio; olivina è il nome di un gruppo di minerali di cui fanno parte anche forsterite e fayalite, termini estremi di una serie isomorfa (Mg2SiO4-Fe2+2SiO4) che formano anche miscele e che sono presenti nei prodotti vulcanici del Lazio.

[8] Ettore Artini (Milano 1866 - 1928); Mineralista e petrografo; fu professore al Politecnico di Milano; socio dell’Accademia dei Lincei dal 1908. Si dedicò allo studio dei minerali e dei giacimenti italiani scoprendo tre nuove specie tuttora valide: bavenite, brugnatellite e bazzite.

[9] Le ultime scoperte d’importanti campioni sono avvenute nei comuni di Valentano (Burli et al., 2007; Burli et al., 2010) e Ischia di Castro (comunicazioni di D. Di Domenico sul forum AMI).

[10] Luigi Rossi Danielli, archeologo Viterbese, (1870-1909). A lui è intitolato il Museo Civico di Viterbo. Effettuò scavi a Ferento, Civita Musarna, Norchia e San Giuliano. Prima della sua morte dispose di donare al Museo Civico tutta la collezione dei reperti da lui rinvenuti. (Galeotti, 2002, p. 523).

[11] Gaetano Barbieri, viterbese, amico del Fantappiè, fu uno dei fondatori a Viterbo nel 1877 dell’Associazione degli Insegnanti di Viterbo e del Circondario. Nella serie delle Letture pubbliche che l’Associazione teneva periodicamente, ritroviamo che il Barbieri, il 10 giugno 1877, tenne la seconda lettura leggendo “un discorso sui vulcani cimini” (Nicolai, 2008, p. 295).

[12] Henry S. Washington (Newark, New Jersey, 1867 - Washington 1934), geologo americano. Lavorò a lungo sui vulcani italiani ed è colui che per primo nel 1908 definì la “Regione Comagmatica Romana”.

[13] Le nuove specie mineralogiche rinvenute, che hanno località tipo nella provincia di Viterbo, sono: vertumnite, katoite, vicanite-(Ce), stoppaniite, hellandite-(Ce), ciprianite, farneseite, piergorite-(Ce), e capranicaite. A queste si possono aggiungere, altri olotipi: franzinite, liottite, tuscanite e pitiglianoite, rinvenuti nella zona di Pitigliano (GR) – nella parte settentrionale dell’apparato Vulsino - località spesso frequentata dal Fantappiè nelle sue escursioni di ricerca.

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