Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

 

Quadro che si trovava a Viterbo nella Chiesa dei santi Giuseppe e Teresa in Piazza Fontana Grande, con i santi titolari.
E' una stampa che possiedo, eseguita da Giuseppe Petri nel 1784, raffigura il quadro, in alto vi leggo «Induit me genitrix Domini vestimentis salutis», sul gradino «L.M. Es. A. 19», ossia Ludovico Mazzanti eseguì nell’anno 1719, in basso «Effigiem S.S. Ioseph et Teresiae / Ill.mo D.D. Philippo Pectorubeae beneficentissimae familiae ultimo / Carmelitae Excalceati P.P. Viterbien. conven. grati animi monumentum D.D.D.».
Al centro della scritta è lo stemma Pettirossi. (m.g.)

Tra gli Evangelisti, Matteo è colui che dà un particolare risalto alla figura di San Giuseppe, appartenente alla stirpe di Davide, in relazione al suo ruolo di amorevole e paziente padre adottivo di Gesù.

Lo presenta come un uomo giusto e timorato di Dio (1,19). Appresa l’incredibile notizia della gravidanza della sua promessa sposa Maria, pur pensando che non gli fosse stata fedele, non cedette all’ira né alla vendetta, ma con mitezza e saggezza decise di rimandare la ragazza a casa sua, cioè di rompere il fidanzamento, non pubblicamente ma in segreto, evitando così di esporla alla severa legge giudaica che puniva l’infedeltà con la lapidazione.

Sant’Agostino scrisse in proposito che Giuseppe “marito giusto” non volle tenere Maria con sé, ma non la volle neppure punire, perciò “il suo perdono è solo ispirato dalla misericordia” (“Sermone sulla Genealogia di Cristo”). Ma un Angelo in sogno gli svelò che quanto stava accadendo era per volontà e per opera di Dio: "Giuseppe figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati"(Mt 1, 20-21).

Giuseppe non dubitò che quanto aveva sognato fosse solo frutto di immaginazione, ma credendo nel messaggio, diede la sua incondizionata disponibilità a collaborare al progetto divino. A livello culturale, questo episodio mette in luce sia la grande importanza data dalla società giudaica alle esperienze oniriche, considerate come uno dei mezzi attraverso i quali Dio parla agli esseri umani, sia il rapporto privilegiato che Giuseppe ebbe con questo mezzo di manifestazione della volontà divina, poiché anche in altri episodi egli fu avvertito in sogno da Dio.

Giuseppe ebbe grande importanza quale figura paterna, seppur adottiva, nella fanciullezza di Gesù: lo circondò di affetto, se ne prese sempre cura e gli trasmise quel sapere teorico e manuale necessario per svolgere il mestiere di falegname, o meglio, di carpentiere che egli stesso esercitava. L’avvenuto apprendimento della professione paterna da parte di Gesù è testimoniata dall’Evangelista Marco (6,3), che riporta l’episodio nel quale alcuni abitanti di Nazaret si chiedono “Non è costui il falegname, il figlio di Maria?”, mettendo in evidenza il richiamo indiretto a Giuseppe attraverso la citazione della professione svolta.

L’Evangelista Luca narra l’episodio del censimento generale della popolazione dell’impero decretato dal governo di Roma. A causa di ciò la Sacra Famiglia da Nazaret andò a Betlemme in Giudea, città d’origine di Giuseppe, e proprio in questo umile villaggio avvenne la nascita di Gesù in un luogo di fortuna, poiché non v’era posto per l’alloggio in nessuna locanda (Luca, 2, 7).

Dunque Giuseppe fu presente al parto del Messia, ma in occasione della visita dei Magi è significativo che egli si sia in qualche modo fatto da parte. Infatti narra l’Evangelista Matteo (2, 11) che essi entrati nella casa “videro il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono”, dunque il centro dell’attenzione e dell’adorazione era, e deve essere, Cristo. Giuseppe compare anche nel successivo episodio della circoncisione di Gesù, otto giorni dopo la nascita, e in quello della presentazione del neonato al tempio quaranta giorni dopo il parto di Maria. Come la sua sposa, potè dunque udire la profezia pronunciata dal vecchio Simeone.

Avvertito nuovamente da un Angelo, Giuseppe con coraggio prese la risoluzione di fuggire in Egitto, per mettere in salvo la sua famiglia dalla persecuzione scatenata da Erode contro il futuro “Re dei Giudei”. Fu di nuovo in sogno che Giuseppe ebbe rassicurazione da un Angelo che Erode era morto. L’ultima apparizione di Giuseppe nei Vangeli canonici si trova in quello di Luca, quando narra l’episodio di Gesù adolescente nel Tempio di Gerusalemme. Egli condivise con Maria l’apprensione per aver smarrito il figlio, ma quando lo ritrovarono non fu severo con lui, anche perché Gesù stesso chiarì ai suoi apprensivi genitori che il Figlio di Dio era venuto per fare la volontà del Padre celeste.

Molto più ricca di notazioni biografiche è la figura di Giuseppe nei Vangeli Apocrifi, ma voglio qui ricordarne solo due. Nel “Protovangelo di Giacomo”, un testo della seconda metà del II secolo, Giuseppe è presentato come un uomo vedovo, che dal suo precedente matrimonio aveva avuto anche alcuni figli, perciò era già piuttosto anziano. Egli avrebbe “preso in custodia” Maria, molto più giovane di lui, dunque non si trattò di un vero e proprio matrimonio. Tuttavia anche questo testo presenta Giuseppe come un padre adottivo affettuoso e paziente, mentre nel “Vangelo dell’infanzia di Tommaso” (IV secolo) egli si prende pazientemente cura della sua educazione. L’immagine di S. Giuseppe come un uomo anziano fu rifiutata in modo deciso da S. Girolamo, il quale scrisse, invece, che al momento del matrimonio con Maria doveva avere circa vent’anni. Tuttavia nell’arte ha sempre prevalso, con rare eccezioni, la raffigurazione di Giuseppe come un uomo molto avanti negli anni.

L’altra narrazione su S. Giuseppe che non compare nei Vangeli canonici è il suo transito, cioè la sua morte. Secondo il “Protovangelo di Giacomo”, S. Giuseppe morì poco prima dell’inizio della missione pubblica di Gesù, della quale perciò non fu testimone, né poté diventare suo discepolo, come invece divenne Maria stessa. Nella “Storia di Giuseppe il falegname” (V-VI secolo), raccontata da Gesù stesso agli Apostoli sul Monte degli Ulivi, la sua morte è narrata con ricchezza di particolari. In modo inverosimile, il vegliardo Giuseppe morì a Nazaret ultracentenario, a 111 anni di età, a causa di una malattia sorta all’improvviso.

Costretto a letto, fu preso da grande tormento interiore, ma la vicinanza di Gesù e di Maria gli fu di conforto, e Gesù stesso riuscì a scacciare dalla sua mente la visione dell’Aldilà, rasserenandone l’animo. L’episodio del transito di S. Giuseppe come è narrato nei Vangeli apocrifi ha ispirato tanti artisti nel corso della storia, i quali hanno raffigurato gli ultimi attimi di vita del Santo alla presenza di Gesù e Maria dolenti. Il rapporto privilegiato con le figure angeliche inviate da Dio continuò anche post mortem poiché, sempre secondo la “Storia di Giuseppe il falegname”, alcuni Angeli accompagnarono la sua anima fino in Paradiso, mentre il suo corpo fu sepolto a Nazaret accanto a quello del Patriarca Giacobbe.

Nel 1985 nei pressi della Grotta dell’Annunciazione a Nazaret fu scoperta un’altra grotta più piccola, all’interno della quale c’è una sepoltura, da alcuni identificata con quella di S. Giuseppe sulla base del racconto dell’abate russo Daniele che visitò il luogo verso il 1113-1115; ma tale interpretazione pare non sia degna di fede. Altre tradizioni, invece, localizzano la tomba di Giuseppe a Gerusalemme in due luoghi diversi nella Valle del Cedron.

Nel 670 Arculfo il Vescovo della Gallia raccontò di aver visitato il sepolcro di Giuseppe (una grotta) vicino alla tomba di Assalonne, notizia che fu ripresa da S. Beda il Venerabile nel “De locis Sanctis” scritto nel 720. Invece nella prima metà del XVI secolo il pellegrino Greffin Affargat descrisse la presunta tomba di Giuseppe presso la chiesa di S. Maria nella Valle di Giosafat, assieme alle tombe della Vergine Maria, di S. Gioacchino e di S. Anna.

Ma secondo antichi teologi, in realtà S. Giuseppe essendo stato favorito da Dio in virtù della sua paternità putativa, al momento della Risurrezione di Cristo sarebbe stato assunto in cielo in anima e corpo. Ciò spiegherebbe anche, come faceva notare già S. Francesco di Sales, la mancanza di reliquie attribuibili al Santo.

L’8 Dicembre 187o Pio IX lo proclamò Patrono della Chiesa Universale, mentre recentemente in un’omelia pronunciata pochi giorni dopo la sua elezione, Papa Francesco ha ricordato, esaltandola, la speciale vocazione di S. Giuseppe: un uomo aperto ad accogliere i segni inviatigli da Dio, disponibile al suo progetto, forte, coraggioso, lavoratore, ma nello stesso tempo saggio e sempre colmo di bontà e di affetto per la sua famiglia.

Micaela Merlino

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