Padre Vincenzo Bordo OMI

In questo speciale mese missionario, voluto da Papa Francesco, vorrei condividere la mia personale esperienza di 30 anni di missione mettendo in risalto non tanto quello che ho predicato, ma quello che la gente, i poveri e la strada mi hanno insegnato.

Non credo, e non mi interessa neanche più, un Dio lontano e immanente,

osannato nell’alto dei cieli da cori di Angeli e Arcangeli, Cherubini e Serafini: “Dio da Dio, Luce da Luce, Generato e non Creato”.

Credo in un Padre che si è fatto tenero Figlio e che ha scelto il delicato seno di una giovane fanciulla per incontrarmi.

Non credo più tanto ad un Dio Onnipotente Creatore che ha modellato l’universo in un compiuto e magico istante poi impassibilmente si è disinteressato di esso nel suo anonimo evolversi.

Credo in in un Dio che continua a creare ogni giorno il mondo, insieme a me, in un gioioso rapporto di alleanza, impastandolo di amore e fantasia.

Non credo in un Eterno e Sommo Sacerdote alla maniera di Melkisedek, separato dai peccatori ed aristocraticamente elevato sopra i cieli, che esige uno splendente santuario per i suoi sacrifici.

Credo in un Umile Dio che, rifiutando costosi abiti liturgici, indossata una tunica senza cuciture, sudicia ed infettata dalle mani immonde dei lebbrosi, ha incontrato la gente là dove viveva, nelle case e nelle piazze.

Non credo in un Invincibile Dio degli Eserciti, rivelato dal tuono possente e dal fuoco indomabile che combatte, distrugge, umilia e annienta il nemico fino alla sconfitta.

Credo in un Dio/Fratello che invade il cuore di ogni persona con tenerezza e compassione per poi conquistarla con la gioia e il perdono, chiedendomi, per di più, in una maniera assurdamente divina, di amare il nemico e di pregare per colui che mi perseguita… un Dio pazzo d’amore.

Non credo in un Dio Onnisciente che dona magicamente felicità e

salute elargendo guarigioni e benedizioni ad ogni giaculatoria superstiziosamente recitata, pretendendo laute offerte per esaudire le mie suppliche.

Credo in un Dio che mi ha insegnato che la preghiera è un semplice atto di fiducioso dialogo tra un figlio e il suo amato Genitore.

Non credo in un Dio impassibile ed imperturbabile di fronte ai drammatici eventi dell’umanità di oggi e di sempre, lontano ed assente dal nostro dolore.

Credo in un Dio Compassionevole e Misericordioso che, vedendo le struggenti sofferenze dei suoi amati figli, Lui stesso si è fatto sofferenza e ha condiviso con noi l’ultimo tragico momento dell’essere umano: la morte.

Non credo ad una risurrezione facile e trionfale sui suoi acerrimi nemici.

Credo ad un faticoso e lungo cammino pasquale permeato di incredulità, dubbi e gioie ma che ha vinto il peccato e la morte.

Così mi sono pazzamente innamorato e lasciato affascinare da un Dio che… dopo aver camminato per le polverose strade della Palestina

mi è venuto dolcemente incontro e mi ha insegnato che la via della felicità e del benessere sono la condivisione e l’amore vissuti in ogni istante come gioioso dono di sé agli altri.

Si è seduto a tavola dove ha servito ed ha mangiato con i peccatori e le prostitute, non ha preteso da me un animo puro e senza macchia, come condizione per potermi incontrare, accettandomi e amandomi per quel fragile peccatore che sono. E da questo gratuito incontro, da Lui solo voluto e scaturito, è nata la mia entusiastica risposta e il mio gioioso desiderio di seguirlo.

Come umile Maestro, quando ha fatto il suo più importante sermone, non ha scelto una sontuosa sinagoga proponendo irraggiungibili insegnamenti e imponendo incomprensibili dottrine morali, ma ha preferito una collina erbosa, piena di gente semplice, affermando questo: “Beati voi poveri, beati voi afflitti, beati voi affamati perché ora siete consolati”.

Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili. Ed ha avuto continuamente diverbi e difficoltà con persone ricche, altezzose e superbe, accogliendo sempre con gioia gli esclusi e i miserabili, i poveri e i peccatori.

Non ha bisogno che, davanti ad una colossale statua di pietra, gli gridi a squarciagola la mia preghiera, ma amorevolmente ascolta e percepisce il silenzioso gemito del mio cuore gonfio di dolore e ricolmo di speranze… prima ancora che io le possa esprimere.

Dopo aver indossando un lacero grembiule si è inginocchiato per terra e ha lavato con amore i piedi di Giuda Iscariota il traditore.

Che tragico e incredibile momento quello di un Dio che si inginocchia davanti al suo boia! Credo che questo sia l’attimo in cui ha avuto inizio una realtà tremendamente nuova: il Regno di Dio, dimensione di pace, amore e perdono. 

Dopo la resurrezione, radunati i suoi pochi discepoli rimasti sulla spiaggia, non li rimprovera con alterigia, non li riprende duramente per la loro codardia, non gli trasmette le ultime verità teologiche ma, dopo avere preparato dei pesci sul fuoco, dice loro, con il tenero amore di una madre: “Avete pescato tutta la notte sarete stanchi, venite a mangiare”.

Che Dio sconvolgentemente umano e mirabilmente divino!

Dopo avermi teneramente accolto, perdonato e abbracciato al suo petto ancora sanguinante d’amore, mi ha sussurrato: “Non ti chiamo più servo, perché quest’ultimo non sa cosa faccia il suo padrone; io ti chiamo amico”.

Io “amico di Dio”, quale stupenda e misteriosa realtà.

Purtroppo molte volte nel passato ho ridotto Dio a Realtà Ultima da meditare, pensare e interpretare. Una dimensione teologica e morale da studiare e capire. Ora mi rendo conto, ed ho preso coscienza che Lui è una magnifica esperienza di libertà e gioia. Credo che Lui e’ il Vivente. Ed io l’ho incontrato in un rapporto personale di reciprocità e di responsabilità dove Lui mi chiede di collaborare a costruire un mondo diverso, migliore, più bello perché fondato sull’amore. Lui è una esaltante esperienza di vita vera, vissuta nel frammento di ogni istante del mio piccolo essere.

PS: Ora che hai letto d’un fiato e con curiosità questo testo ti chiedo il favore di rileggerlo lentamente come preghiera di lode: grazie.

 

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