Viterbo STORIA VISSUTA
Liberamente tratto dall’opera “La Veliterna” di Maria Antonietta Ellebori

Garibaldi

La democrazia significa anche poter dire liberamente i propri punti di vista, nell’ottica del rispetto altrui, come dovrebbe avvenire ovunque.
Non me ne vogliano i cacciatori, ma, d’altro canto, il mondo è bello perché “è vario” e come tale va accettato.

ZIO NICOLA E … GARIBALDI

 

Nel secolo scorso, Zio Nicola tramandava la cultura del vigneto nella ridente campagna Veliterna (di Velletri). Conservava il fucile del padre appeso alla parete della camera da letto, ma non possedeva le cartucce per sparare.

Non andava a caccia, ma aveva un cane da caccia al quale aveva dato un nome importante: Garibaldi, come l’eroe dei due mondi, a dimostrazione di quanto fosse importante per lui e gli volesse bene.

Il lavoro nella vigna veniva svolto dalle prime luci dell’alba fino al primo pomeriggio, e, nella calura estiva lo zio amava allungarsi in una sdraia all’ombra del gelso nello stazzo (aia).

Immancabilmente il cane si accovacciava ai suoi piedi, consapevole dell’affetto del padrone, che ricambiava.

C’era un feeling tra i due e Nicola lo aveva capito.

La consueta autoironia, che distingueva l’uomo, era un toccasana per tutta la famiglia e … per gli occasionali ospiti della rustica tavolata.

Chiunque capitasse veniva invitato per un bicchiere di vino appena attinto dal tino e se ce n’era l’occasione lo zio faceva recitare al cane una scenetta.

Ovviamente si era impegnato ore ed ore per addestrarlo, ma ne era valsa la pena.

Chiamava Garibaldi con un fischio particolare, che evidentemente era stato deciso tra loro, poiché quello veniva a sedersi davanti a lui.

L’uomo gli adagiava una fetta di lardo sul naso e le intimava di stare fermo.

Iniziava a recitare una filastrocca come se fosse una poesia:

“La guera, è la guera,

se magna, se beve, se dorme per tera.

Te danno ‘na divisa,

te mandano in prima linea.

Le pallottole dei fucili te passano sulla testa,

ma tu non te scompisci,

pensi solo all’ora del rancio,

quanno tiri fora la gavetta,

al suono di una trombetta

Pee…perepeé …

Qui la bestiola drizzava le orecchie

Poi aspetti che a mezzogiorno

Parta un colpo sul pennone

E spari il cannone: buum!! Buum!!

 

Al suono il cane dava una scrollata al muso, lanciava in aria la fetta di lardo, e la prendeva al volo.

Poi si accucciava ai piedi di Nicola per avere la carezza del padrone per essere stato ancora una volta… bravo ed aver portato l’allegria nei presenti.

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