Viterbo CRONACA


Stefano Signori, presidente di Confartigianato imprese di Viterbo

Confartigianato imprese di Viterbo. Stefano Signori: Elité accademiche, politiche, miopi ed autoreferenziali.

La concomitanza delle scoperte tecnologiche degli ultimi venticinque anni e l’apertura al capitalismo dei mercati asiatici, è stata un mix irripetibile per il futuro. I rendimenti di produttività saranno decrescenti; le aspettative dell’innovazione nella scienza medica devono interessare anche le scoperte medico-scientifiche nelle neuroscienze, si deve allungare la vita, oltre che del corpo, anche della mente, altrimenti avremo più anziani non autosufficienti con le malattie neurodegenerative e con conseguenze economiche e finanziarie negative.

Insomma, più informazioni, più digitalizzazione, più automazione, più velocità non sempre è un bene in sé. La conoscenza non è sempre una cura, così come gli effetti della rete non sono sempre positivi.

Negli anni trenta del secolo scorso ci sono stati grandi progressi, ma non sono bastati ad uscire dalla grande depressione, ci è voluta una guerra. Cosa fare quindi? Nel breve-medio periodo (circa vent’anni) il problema si manifesterà con tutta la sua gravità: saranno esclusi dalla vita sociale e dal lavoro solo chi non si adatterà all’ambiente, probabilmente le generazioni dei 30/40 anni odierni, non quelle di 10/25 anni se riusciranno a coglierne l’opportunità.

Già all’inizio del secolo scorso l’invenzione del motore a scoppio determinò ad esempio, la fine del mestiere del maniscalco, ma oggi nessuno più si preoccupa della mancanza di questa professionalità, altre sono subentrate come il meccanico di auto.

Questa semplice osservazione evidenzia che chi è escluso dal lavoro è colui che vive facendo quel lavoro, diventando obsoleto per l’innovazione tecnologica, non la sua progenie. Quando entrerà nel mondo del lavoro il figlio o il nipote, altre professionalità saranno presenti o richieste nel mercato del lavoro; il periodo critico è infatti il momento di transizione generazionale della vita lavorativa, non l’innovazione in quanto tale.

“E’ importante – sottolinea Stefano Signori – concentrare l’attenzione sulle politiche per l’educazione e la formazione professionale, focalizzandosi nella formazione delle nuove generazioni. Deve chiaramente essere diffusa - conclude Signori - la cultura del cambiamento, la divulgazione della conoscenza della grande trasformazione in atto, aiuterà i giovani ad accettare razionalmente le ansie del futuro e non rincorrere soluzioni di retroguardia, quali la difesa della rendita e la relazione”.

Le nuove forme imprenditoriali non devono essere osteggiate da corporazioni contrarie al cambiamento, ma anzi tali associazioni datoriali debbono mettersi a disposizione per la metamorfosi.

Occorre stimolare la classe politica per uscire dalla trappola del voto elettorale, allungare lo sguardo per il bene comune delle generazioni che verranno, sensibilizzare le elité gerontoitriche e privilegiate che assorbono risorse per rendite acquisite ma anacronistiche.

Insomma è necessario che la politica trovi soluzioni di inclusione del nuovo, anticipandone gli effetti, inserendo la programmazione della formazione educativa in un modello economico in rapida trasformazione che non permette ancore di salvezza, non nascondendo i problemi o procrastinandoli, favorendo invece la meritocrazia e non la relazione.

“Quando si mira più alle virtù individuali che al patrimonio o al sangue, più ai meriti che alla vana ostentazione del proprio albero genealogico o delle ricchezze di famiglia, allora si da ad ognuno ciò che gli spetta. Così i poveri e coloro che non hanno il sangue nobile, hanno la speranza di progredire, si animano con lo stimolo dell’onore e del premio, compiendo azioni meravigliose al servizio del bene comune” (Padre Pedro de Ribadeneira – Le virtù del principe cristiano, 1590)

Infine, si manifesta, almeno in Italia, l’incapacità del sistema scolastico, specie universitario, di modificare i programmi formativi e l’offerta alle nuove esigenze del mondo del lavoro creando un problema. Ancora oggi esistono corsi di laurea con specializzazioni ormai superate, si illudono i giovani in un percorso formativo senza sbocchi lavorativi nel giro del prossimo decennio. Dovremmo chiedere risposte all’elités accademiche e politiche, miopi ed autoreferenziate.

“Penso che – conclude Signori - non si possa investire nella formazione di un maniscalco quando il motore a scoppio richiede meccanici di auto, insomma, si deve alzare lo sguardo, altrimenti il futuro sarà sempre dietro di noi”.

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