Viterbo STORIA E' uno dei più bei chiostri rinascimentali dell'Alto Lazio, ma pochi lo conoscono, purtroppo
Mauro Galeotti


Il Chiostro del Convento della Ss. Trinità verso il 1910

Il Chiostro è descritto come era nel 2002, alcune variazioni sono state realizzate successivamente.
Tratto dal mio libro "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo, 2002
VIDEO Egidio Antonini di Viterbo in Mostra nel Chiostro della Ss. Trinità a Viterbo

Alla destra della Chiesa della Trinità è il chiostro al quale si accede dal portale bugnato eretto per volontà di Giacinto Ciofi, priore del convento e nobile di Viterbo, nel 1625.
Sull’ingresso sono gli stemmi dell’Ordine Agostiniano e del cardinal viterbese Egidio Antonini.

 

Egidio Antonini

Era nato nel 1469 e morì nella notte tra l’11 e il 12 Novembre 1532. E’ erroneamente individuato col cognome Canisio. Fu filosofo, teologo, letterato, oratore di alta rinomanza, tra le varie sue opere letterarie è da ricordare l’Istoria dei XX secoli. Entrò a far parte degli Agostiniani nel Giugno del 1488 proprio nel Convento della Trinità.
Frequentò l’Università di Padova, studiò a Firenze dove Marsilio Ficino lo ebbe quale allievo. Per le sue particolari doti nei rapporti sociali, fu inviato in qualità di diplomatico a Venezia e a Napoli dove, il 23 Maggio 1507, venne nominato generale dell’Ordine Agostiniano.

Il 1° Luglio 1517, da papa Leone X, fu elevato alla porpora cardinalizia prete del titolo di san Bartolomeo all’Isola, nel 1518 fu inviato in Spagna nella qualità di legato pontificio. In seguito ottenne l’amministrazione di alcune diocesi e il titolo di patriarca di Costantinopoli.

Fu vescovo di Viterbo dal 1523 al 1532, nel cui anno morì il 21 Novembre.
Fu sepolto a Roma nella Chiesa di sant’Agostino in un modesto sepolcro nel pavimento della navata centrale con la scritta: Aegidio Viterbiensi cardinali Gabriel Venetus generalis D.O.M. MDXXXII, fu infatti il generale degli Agostiniani, Gabriele Veneto, ad apporre la lapide.


In alto, sopra l’ingresso, è la scritta: Trino et uno ann. D.ni MDCXXV.

Il balcone soprastante fu fatto costruire nel 1748 da Giuseppe Rossi, priore, e nel Febbraio 1798 su di esso si affacciò papa Pio VI per benedire i Viterbesi allorché stava per essere portato prigioniero in Francia.
Lo stemma della Trinità era un tempo formato da tre monti allineati aventi un ramo di leccio sulle cime di ciascuno.

Oggi lo stemma è composto da una mitra con l’IHS ed una freccia che trapassa la mitra.

Il cardinale Egidio Antonini aveva scelto per stemma quello della Congregazione di Lecceto, lasciò i tre monti allineati di cui quello al centro più alto, e sostituì i tre rami di leccio con tre croci, questo perché egli stesso scriveva «abbia sempre innanzi agli occhi i tre monumenti della mia miseria e senta l’amarezza della perduta quiete».

Sulle case di proprietà del Convento della Trinità era scolpito un cuore troncato con in capo C S S e in punta T, oppure un tondo sormontato da una croce e all’interno diviso in senso orizzontale con sopra C S S e sotto T, ossia Convento santissima Trinità.

Oltre il portone, per accedere al chiostro, si attraversa un salone che conservava a destra il quadro raffigurante san Giovanni da San Facondo, che ora è in attesa di restauro. Nel detto salone, a sinistra, è fissato con grappe sul muro un architrave con scolpito […] ED. CAR. S. SEVE. L. P. […].
Segue, sul muro, una lapide tombale in peperino del 1578:
D.O.M. / hic iacet / Hier.us Calabre.s / civis Viterbien. / septimus fil. / rt fr êsm. pp. / an. MDLXXVIII

Sulla parete a destra è lo stemma in peperino del cardinale Egidio Antonini, in basso sono alcuni frammenti di architrave, in uno è scolpito l’anno MDLXXII.
Appena varcata la soglia che conduce al chiostro, a destra, in una stanza, il cui accesso ha inciso sull’architrave: Deo et litteris, ossia a Dio e alla letteratura, sono vari quadri.

Vi sono a sinistra: una tela del 1882 di Raffaele Gagliardi, che raffigura santa Chiara da Montefalco mentre benedice il cardinale Pietro Colonna e il quadro di Giuseppe Toeschi il beato Stefano Bellisini, opera del 1906, che sulla cornice in basso ha un cartiglio con scritto: B. Stephanus Bellesini / Ord. er. S. Augustini / parochus in oppido Genestano.

A destra sono i quadri: di Giuseppe Toeschi raffiguranti santa Rita, realizzato nel 1901, e santa Chiara da Montefalco del pittore Giuseppe Sereni, del 1888.

Vi è anche un’opera moderna del pittore Felice Ludovisi e un grande manifesto dedicato al beato Giacomo da Viterbo. Mi ha riferito padre Raffaele Trani che nel 1908 i quadri furono donati al convento da papa Pio X.

Di un chiostro si ha un accenno già nel 1435 e nel 1481 in esso è una fonte. L’odierno chiostro fu iniziato a costruire il 1° Novembre 1513 per opera del viterbese, maestro della pietra, Pier Domenico Ricciarelli, (Bonanni lo chiama Vecciarelli), grazie al cardinal Egidio Antonini, il quale in esecuzione del testamento del cardinale Fazio Santoro (1447 - 1510), viterbese, vi impiegò le trentasei colonne monolitiche, che dieci anni prima quest’ultimo aveva fatto cavare per ampliare la chiesa, progetto mai realizzato. Alla base di alcune colonne sono scolpiti: la pannocchia di granturco, il coniglio, un fiore, la pera, la ghianda, il cuore con la fiamma e il pastorale (stemma degli Agostiniani), le foglie, la tartaruga e l’anno 1998, memore di un restauro.

Il chiostro di foggia rinascimentale, di forma quadrata, è il più bel chiostro di quel periodo in tutto l’Alto Lazio. 
Terminato nel 1514 comportò una spesa di mille e dieci ducati d’oro. Conserva al centro una fonte la quale è incassata nel pavimento a lastre di peperino poste a dimora da frate Maurizio, viterbese, converso agostiniano che, il 1° Agosto 1703, portò a termine quel lavoro.

Al piano superiore, nel lato verso sud, prospiciente la chiesa, si apre un loggiato, del 1637 - 1638, coperto dal tetto, con nove archi a tutto sesto sorretti da dieci snelle colonne in peperino con capitello ionico e con parapetto a colonnine.

Sulle pareti interne, a pian terreno, sono affrescati "Fatti della vita e dei miracoli di sant’Agostino" divisi in quarantaquattro quadri, eseguiti verso il 1611, dal romano Marzio Ganassini. 
Mentre altrettante lunette sono attribuite a Giovan Giacomo Cordelli, nato a Viterbo, come mi riferisce Noris Angeli, nel 1584 e morto il 4 Agosto 1622, eseguite su commissione testamentale del nobile concittadino Giacomo Nini che con atto del 9 Dicembre 1594 lasciò duecento scudi seguiti da altro lascito di centocinquanta scudi.

Del Nini si nota in più luoghi lo stemma gentilizio formato da due rose bianche in alto, una in basso tagliato da una fascia d’oro in campo azzurro.
Il pittore Cordelli nel 1616 era in Francia, morì a Viterbo dopo il 1633 e fu sepolto nella Chiesa di san Francesco a sinistra di chi entra, ove era anche l’epigrafe a lui dedicata.
Sono queste le raffigurazioni nel chiostro, con tanto di distico in latino, nei rispettivi riquadri la cui posizione indico col numero seguito da parentesi.

1) vi è la scritta sotto allo stemma della famiglia Nini, Nini familiae stem­a,(~ sulla m), e Iniustis Gyarae [isola delle Cicladi] bonis asilum / hinc / prudens apium petas Opheltis, che Scriattoli traduce così Questo luogo (il Noviziato) sarà ai tristi un carcere, ai buoni un asilo, quindi è bene che tu (che qui entri) sii prudente perchè possa meritare di essere coronato con l’appio di Ofelte».
Sull’architrave del portale sottostante è scolpito Intrate spectatores exite imitatores, vi è anche incisa la memoria in latino di un frate Orazio viterbese che fece eseguire il portale stesso nel 1607:
Frater Horatius V. fecit facere MDCVII.
2) il matrimonio di Monica con Patrizio di Tageste, genitori di Agostino.
3) la nascita di Agostino. 
4) Agostino è inviato agli studi e viene sottoposto ad un professore.
5) Agostino svolge le funzioni di professore a Cartagine. 
6) Monica riceve le assicurazioni dall’angelo in merito alla futura sorte di Agostino.
7) Monica che prega Agostino il quale senza che ella ne fosse a conoscenza, naviga verso Roma, lasciando la madre di lui in Africa.
8) Agostino è professore a Roma. 
9) Agostino va a Milano per insegnare.
10) Agostino è a Milano e incontra sant’Ambrogio. 
11) Agostino insegna rettorica.
12) la madre di Agostino raggiunge il figlio a Milano.
13) Agostino e la madre assistono alle prediche di sant’Ambrogio. 
14) Agostino è seguace e studioso di Platone.
15) a seguito di ispirazione Agostino va a visitare san Simpliciano. 
16) la conversione di Agostino.
17) il battesimo di Agostino da parte di sant’Ambrogio. 
18) Agostino indossa l’abito monacale.
19) Agostino si prepara alla partenza con la madre ed i suoi verso l’Africa.
20) colloquio in estasi ad Ostia Tiberina con la madre. 
21) sepolta la madre ad Ostia, Agostino ritorna in Africa.
22) Agostino arriva ad Ippona.
23) Agostino con l’aiuto del vescovo Valerio fonda un monastero.
24) Agostino mangia coi monaci e il pane gli viene portato dai volatili. 
25) Agostino è ordinato sacerdote.
26) Agostino presenta la regola.
27) disputa col manicheo Fortunato.
28) viene consacrato vescovo di Ippona.
29) apparizione di san Girolamo che ammonisce Agostino a non entrare troppo negli studi sui misteri della grazia e della predestinazione.
30) apparizione di un misterioso fanciullo che ammonisce Agostino perché non deve inoltrarsi troppo nel mistero della ss.ma Trinità. 
31) Una donna ossessa è liberata dal demonio, da Agostino.
32) Agostino chiede perdono a Dio per le colpe commesse. 
33) Ospita i pellegrini e lava loro i piedi. 
34) Agostino sfugge all’aggressione dove vengono uccisi alcuni suoi confratelli.
35) Agostino infermo guarisce un ammalato. 
36) sepoltura nel tempio di santo Stefano.
37) trasporto del corpo dall’Africa in Sardegna.
38) Liutprando re dei Longobardi compra a peso d’oro il corpo di Agostino e lo trasporta a Pavia.
39) Liutprando a piedi nudi va incontro alle sacre spoglie di Agostino giunte a Pavia.
40) allorché depone a terra il corpo di Agostino vede sgorgare una limpida fonte d’acqua. 
41) chi è ammalato e tocca il corpo di Agostino ritrova la salute. 
42) Agostino libera Pavia dalla peste.
43) Agostino appare in sogno ad Alessandro IV che gli ordina di riunire le varie corporazioni religiose che seguivano la Regola agostiniana. 
44) sono qui raffigurati 28 rappresentanti degli Ordini religiosi che professano la Regola di sant’Agostino.

Notevole interesse ha la fontana del XIII secolo a vasca rettangolare, inserita in una grande nicchia nella parete caratterizzata da un grande arco ribassato a fondo piatto, recante quattro bocche di leone da cui usciva l’acqua, poste in un pannello a dodici specchiature rettangolari divise da piccole semicolonne, che sembra vogliano rappresentare porte socchiuse.

Si notano ancora tracce di colore nell’arco e nel fondale della vasca. Invece la parete della lunetta presenta un affresco raffigurante un paesaggio lacustre.
Il parapetto della vasca ha una cornice modanata e dieci specchiature rettangolari anche queste alludono a porte socchiuse. Sulla sesta specchiatura da sinistra è scolpito in bassorilievo un chiavistello.

La fontana fu eretta con la chiesa e dopo un incendio che la danneggiò nel 1421, fu restaurata. E’ stata ricostruita, come si vede oggi, nel 1727.

Nel chiostro della Trinità, e prima in chiesa presso la porta principale, è l’epigrafe della consacrazione della chiesa avvenuta il 2 Giugno 1258.

† In no(m)i(n)e D(omi)ni amen . anno D(omi)ni a nativitate . M° CC° LVIII° indict(ione) I / IIII° Nonas Iunii D(omi)nico die I ei(us)dem mensis te(m)poribus D(omi)ni Alexandri / p(a)p(e) IIII ecc(les)ia loci Vit(er)biensis Fr(atru)m Heremitarum Ord(in)is s(an)c(t)i Augusti(ni) / ab eode(m) su(m)mo Po(n)tifice t(un)c Vit(er)bii existenti cu(m) suis cardinalib(us) / et qua(m) pluribus aliis coepis(copis) publice ac sole(m)nit(er) et hono / rifice cu(m) maiori adque conve(n)tuali altari ad honore(m) su(m)me / adque s(an)c(t)e et i(n)dividue T(r)initatis nec n(on) ad laude(m) gl(or)iose Dei Ge / nit(r)icis Marie Virg(in)is exp(re)sse fuit et liberalit(er) co(n)secrata et i(n) / signo ac emine(n)tia ip(s)ius ecc(les)ie et altaris dedicationis reliq(ui)t / vel dimisit ip(s)e p(a)p(a) de o(mn)ipotentis Dei M(ar)ia et beatoru(m) apostoloru(m) / Petri et Pauli auctoritate co(n)fisus o(mn)ibus vere penite(n)tibus et / co(n)fessis qui ad h(oc) festum a(n)nuatim accesserint devote vel e / lemosina(m) et bona sua ibide(m) largiti fuerint vel per aliquem / miseri(n)t ab ip(s)o die festi usque ad nativitate(m) Beate Marie civib(us) / tres a(n)nos cu(m) ter XL diebus et forensibus quatuor annos cum / XL diebus de iniu(n)cta sibi penite(n)tia misericorditer relaxavit.

Tradotta: Nel nome del Signore, amen.
Nell’anno della Natività 1258, indizione prima, il 2 Giugno, prima domenica del mese, ai tempi di nostro Signore, papa Alessandro IV, la chiesa del convento di Viterbo dei Frati Eremitani dell’Ordine di sant’Agostino, dal pontefice in persona, allora dimorante in Viterbo, con i suoi cardinali e molti altri vescovi, fu pubblicamente, solennemente e mirabilmente consacrata con l’altare maggiore e conventuale, in onore della somma, santa ed indivisibile Trinità, ed in particolare della gloriosa Madre di Dio, la Vergine Maria, ed in segno e privilegio della stessa chiesa e dell’altare della dedica, il papa in persona, fidando nell’autorità derivata dall’Onnipotente Iddio, da Maria e dai beati apostoli Pietro e Paolo, elargì e concesse a tutti i veri penitenti confessi, che si siano accostati devotamente, una volta nell’anno, a questa ricorrenza festiva o che abbiano fatto offerte, dal giorno della ricorrenza festiva fino alla natività della Beata Maria, tre anni più centoventi giorni ai cittadini; ai forestieri quattro anni più quaranta giorni.
Il papa concesse questa indulgenza, purché avessero fatta la dovuta penitenza.

Su un architrave posto sulla porta che conduce alla residenza dei frati è inciso Siste piis tantum, a voler intimorire il visitatore che oltre quella porta non può andare perché da lì inizia il luogo riservato ai frati.

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Se hai letto fino a qui è segno che ami la Città di Viterbo, grazie, non trascurarla mai.

Mauro Galeotti

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