Viterbo IL RACCONTO Si può dire: ‘tacc-scrinati? o è meglio dire ‘tacc-scrinandi’ o ‘tacc-scrinabili’? o come cavolo si dice per significare che si possono comandare con lo sfioramento delle dita sullo schermo?
di Agostino G. Pasquali
 

 

     Gentile lettore, lei ricorda che circa un anno fa pubblicai su questo giornale una cronaca semiseria della mia lotta con l’elettronica di consumo?

      Ebbene quella ‘lotta continua’ continua continuamente (mi si perdoni il gioco di parole), e ormai mi considero assediato in casa e in auto, e senza speranza di liberazione, da apparecchi digitali, telecomandati e…tacc-scrinati.

      Si può dire: ‘tacc-scrinati? o è meglio dire ‘tacc-scrinandi’ o ‘tacc-scrinabili’? o come cavolo si dice per significare che si possono comandare con lo sfioramento delle dita sullo schermo?

     Comunque che si possano comandare è sicuro, ma non è sicuro che ubbidiscano. Il mio nuovo telefonino qualche volta fa quello che gli pare, non sempre quello che gli ordino. Capita che, se cerco di fare una foto, lui fa partire una ripresa filmata, o, se voglio attivare la sveglia, mi propone di cambiare la data del giorno, o ancora, se sto scrivendo un SMS, pretende di indovinare la parola che voglio scrivere e me la completa a modo suo… sbagliato, naturalmente.

     Così la lotta digitale continua e continuano pure le mie sconfitte. Però l’ultima battaglia combattuta non è stata con il ‘touch-screen’, ma con il ‘blue tooth’, e forse non è da considerare persa del tutto. La racconto.

     Facciamo un passo indietro.

     Quattro anni fa cambiai la mia vecchia auto con una nuova dotata di autoradio con il ‘bluetooth’ che, come tutti sanno, è un sistema che permette, guidando, di telefonare in ‘modo vivavoce’ utilizzando un qualsiasi smartphone. Avevo già un telefonino a tasti, oggi vecchiotto e panciutello, ma allora efficiente e aggiornato, che andò subito d’accordo con il ‘blue tooth’. Però con il passare degli anni la sua batteria si è indebolita ed è necessario metterla in carica sempre più di frequente. Qualche settimana fa la frequenza è divenuta giornaliera e allora ho deciso di cambiare la batteria.

     Sono andato in un meganegozio di elettrodomestici dove una commessa ha ascoltato  con aria di disgusto la mia richiesta di una batteria nuova, e mi ha detto:

     “Non esiste che lei possa cambiare quella batteria!”

     Devo aprire una parentesi.

(Che cosa significa ‘Non esiste che…’?

Perché oggi tanti dicono ‘Non esiste che…’ quando iniziano una qualsiasi forma di negazione?

Per esempio ho assistito a questa scena: una signora, di aspetto molto distinto e intellettuale, stava per inserire la sua Mercedes in un raro posto libero nel parcheggio dell’ospedale Belcolle,  ma è stata preceduta da un prepotente signore in Smart, il quale, approfittando della maneggevolezza della sua vettura, le ha soffiato il posto. Allora la signora è scesa dall’auto e gli ha detto: “Non esiste che lei ha parcheggiato nel posto mio!”

Che cosa non esiste? Mah! Boh!)

     Riprendo il racconto. La commessa mi ha spiegato che il negozio non vende batterie di ricambio e che, se proprio insisto, me ne può ordinare una, ma mi costerà più di un telefonino nuovo. Oggi si fa così: non si cambiano i pezzi difettosi o logori, si deve cambiare tutto l’apparecchio. Costa meno. E mi ha mostrato l’offerta del giorno per un telefonino nuovo: “Of-fer-ta  fa-vo-lo-sa!”

     Lei? (mi rivolgo al solito gentile lettore), lei che avrebbe fatto? Quello che ho fatto io?

     Ho comprato il telefonino nuovo, naturalmente touch-screen. Costava cosi poco, poco più di 50 euro!

     Soddisfatto per aver ammodernato la mia dotazione digitale con un apparecchio piccolo e sottile, indubbiamente anche bello, mi sono accinto all’operazione di trasferire la SIM dal vecchio al nuovo telefono.

     Gentile lettore, sempre lei (che magari ha una certa età), non mi dica che  non sa che cos’è la SIM!  Ma è il ‘Subscriber Identity Module’. Chiaro? Non mi chieda di più. Le posso dire solo che è un misterioso cosino, un pezzetto di plastica, piccolo, piatto, rettangolare con un angolo smussato (lo rompono forse in fabbrica?); però, se non c’è quel cosino, il telefono si rifiuta di funzionare, ma ordina in modo imperioso: ‘Inserire SIM’.

     Per farla breve, ho completato le operazioni, ho caricato per bene la batteria e ho provato a telefonare e a ricevere. Miracolo! Ha funzionato tutto, anche il ‘blue tooth’, e senza chiedere l’aiuto del solito giovane che ‘satuttolui-e-io-matusa-noncicapisconiente’.

     Tutto bene per qualche giorno, a parte le saltuarie disubbidienze di cui ho detto all’inizio; poi però all’improvviso il telefonino ha cominciato a rifiutare l’autoradio. Appena entravo in auto e provavo a collegarlo si spegneva automaticamente e non c’era modo di tenerlo acceso.

     Dato che era in garanzia ho mandato il telefono all’assistenza tecnica che me lo ha restituito dichiarando che è stato fatto un controllo generale ed è stato aggiornato il software. Tutto gratis. Bene? No, anzi male, perché  il difetto si è  ripresentato subito. Nuovo invio all’assistenza. Dopo una settimana il telefono mi è stato riconsegnato con un foglio su cui c’è scritto: ‘Nessun difetto riscontrato, prodotto nelle specifiche’.

     “E allora che devo fare? Me lo sostituisce?” ho chiesto alla commessa del meganegozio che me lo aveva venduto.

     “Probabilmente c’è incompatibilità tra telefono e autoradio. È come un matrimonio non riuscito: radio e telefono, come una moglie e un marito in lite, non vanno d’accordo e si rifiutano di accoppiarsi... Non rida! Ho detto così per capirci, ma tecnicamente si dice che i due software confliggono.  Mi porti l’autoradio così facciamo controllare meglio.”

     “Ma l’autoradio non è estraibile. È integrata nel cruscotto…”

     “Allora mi porti tutto il cruscotto.”

     “Vuole scherzare? È una richiesta assurda. A parte il disagio di tenere l’auto ferma per diversi giorni, far togliere e rimettere il cruscotto mi costerebbe uno sproposito.”

     “Allora non c’è niente da fare. Si tenga il telefono così com’è, anzi lo butti via e se ne compri un altro. Guardi: abbiamo un’offerta speciale: Fa-vo-lo-sa!’

     Il mio diavoletto si è svegliato e mi ha suggerito una risposta.

     Apro un’altra parentesi.

(Chi segue i miei racconti conosce già ‘il diavoletto’. Per chi non lo conosce dirò che, secondo me, ognuno di noi ce l’ha un diavoletto, che sta nel subcosciente e di solito dorme. A volte, se provocato, si sveglia e suggerisce qualche diavoleria. Se è un buon diavolo, la diavoleria è solo una battuta ironica, talvolta satirica, al massimo un ‘vaffa’; se è un diavolo cattivo… non so che cosa può succedere. Il mio comunque è un buon diavolo).

     Ho dato a quella commessa la risposta suggerita dal diavoletto:

     “Mi scusi, ma questo negozio fa parte di quell’organizzazione che studia come dare fregature a noi compratori? L’organizzazione di cui ha parlato Maurizio Crozza in TV venerdì scorso? No? Non ha visto quella trasmissione? La veda, basta cercarla con il computer sul sito de La7.”

     E lei, gentile lettore, vuol sapere come si chiama la trasmissione? Si chiama: ‘Crozza nel paese delle meraviglie’.

     E come si chiama quell’organizzazione mal pensante? Si chiama: ‘INC.COOL. 8’ (da pronunciare rigorosamente all’inglese).

*     *     *

      Due precisazioni per completare il racconto:

1)    Per vedere la satira di Crozza sull’ INC.COOL. 8, comporre il seguente URL (no! non urlarlo, ma scriverlo):

       http://www.la7.it/crozza/video/inc-cool8-02-10-2015-163722

2)     Ho cercato su e.bay la batteria di ricambio per il vecchio telefono. L’ho trovata e costa solo 3,67 euro. Questa volta, nella lotta continua digitale, forse ho vinto una battaglia.   

Continua

Agostino G. Pasquali

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