Viterbo IL RACCONTO Ha un carrello pieno di cose buone, scelte giudiziosamente sulla base dell’elenco che ha compilato giorno per giorno
di Agostino G. Pasquali

 

Sabato pomeriggio al supermercato.

     La signora Teresa Verdi ha completato le sue provviste e si mette in fila alla cassa per pagare.

È una signora di circa cinquant’anni molto ben portati, anzi, più che portati, ben nascosti.

Sembra al massimo una quarantenne grazie al trucco accurato e all’abbigliamento giovanile: capelli castani chiari, quasi biondi, pettinati lisci lunghi e mossi un po’ rétro; sandali con tacco 8, quel giusto che slancia senza esagerare; camicetta di seta bianca e completo jeans, ricamato con edelweiss e sapientemente adattato su misura dalla sarta di fiducia per mettere in risalto la figura snella.

    Ha un carrello pieno di cose buone, scelte giudiziosamente sulla base dell’elenco che ha compilato giorno per giorno, annotando puntigliosamente di volta in volta quello che serve per la grande spesa settimanale.

     Però nel carrello ci sono anche cose superflue che non erano nella lista, ma che ha preso seguendo i suggerimenti che subdolamente il supermercato semina negli scaffali, suggerimenti che sono molto più efficaci della pubblicità televisiva, che sarà pure divertente, ma non è altrettanto convincente. Volete mettere l’effetto compulsivo di un “supersconto 50% solo per oggi” con la fiacca suggestione di Antonio Banderas che usa una stupida gallina per i suoi test, oppure con il comportamento assurdo di un George Clooney tanto rincoglionito da cedere le sue preziose scarpe (nice shoes!) per avere una banale capsula per il caffè?

     Poco fa, per esempio, ha trovato nel reparto vini l’offerta di un ottimo prosecco a “metà prezzo solo per oggi”. Giovanni, suo marito, adora il prosecco, lo degusterebbe tutti i giorni, ma è un po’ caro e quindi normalmente si accontenta del vino comune in cartone-brick salvaspazio e salvasoldi. In famiglia potrebbero concedersi di più e meglio, ma sono tutti e due ‘formichine’ all’antica e il loro ideale è risparmiare sempre, magari poco, ma tutti i giorni. Risparmiano su ciò che non si vede, come il cibo e le bevande. Però non risparmiano sui vestiti e sui telefonini che danno il giusto prestigio.

     Non si pensi che i signori Verdi siano dei vanitosi. Tutt’altro! Semplicemente sono obbligati a fare bella figura dalle regole non scritte ma vincolanti della società piccolo borghese cui appartengono, che apprezza più la forma che la sostanza.

     Oggi però Teresa, adescata da quello sconto eccezionale, ha avuto l’impulso di fare un regalo al marito e ha messo nel carrello un cartone di prosecco, e poi, ma sì, crepi l’avarizia! un altro cartone: due confezioni da sei bottiglie. Si compiace dell’iniziativa e pensa già a come sarà contento il suo Giovannino. Questa sera lei porterà a tavola ‘pollo e champagne’, come cantavano le sorelle Kessler. Va bbè, non è champagne. Ma volete mettere? Il prosecco costa infinitamente di meno ed è altrettanto buono. Così dice Giovanni, e lei gli crede, anche se a lei piace il moscato dolce, anzi le va bene pure il vino comune con un po’ di zucchero,  ma si fida del giudizio del marito perché è lui l’intenditore.

     Mentre queste riflessioni scorrono nella mente di Teresa, scorre pure la fila e arriva il suo turno. Ora sono i suoi acquisti a scorrere veloci davanti al lettore ottico. Lei li ripone nel carrello con la perizia diligente della brava massaia: in basso gli oggetti duri e robusti, sopra quelli leggeri e delicati.

     Quando passa il prosecco, la cassiera, che è una conoscente e ha una certa confidenza, le dice:

     “Terè, fai gran festa? 12 bottije! Beata te! M’inviti?”

     “Certo, Marì. Ma non è per adesso. Sarà per la settimana con otto giorni. Vieni l’ottavo giorno... Lo sai quando capita sul calendario, no?...” e ride.

     Maria, la cassiera, ride pure lei e le dichiara infine la somma da pagare: 77 euro e 84 centesimi, e le chiede, se possibile, di pagare con esattezza, anche i centesimi, perché in cassa non ci sono più le monetine per il resto.

     Teresa ci prova: una carta da 50, una da venti, una da cinque… semplice fin qui. Il problema sta nei 2 euro e 84 centesimi. Rimette il portafogli nella borsetta e prende il borsellino delle monete metalliche che è gonfio da scoppiare perché per lei è antipatico contare gli spiccioli, perciò quando li riceve come resto li inzeppa lì e ve li lascia evitando di usarli. Rimesta le monetine. Che confusione quelle di rame ossidate e poco leggibili!

     Dovrebbe portare gli occhiali, è presbite, ma la vanità femminile glielo impedisce, non vuole apparire la cinquantenne che in effetti è, e che gli occhiali contribuirebbero a dimostrare. Mentre rovista tra le monete un uomo alle sue spalle le chiede di lasciarlo passare e le mostra le mani vuote per far vedere che è senza spesa. Lei, senza nemmeno voltarsi, gli fa un cenno di consenso e quello passa a fatica schiacciandola un po’ contro il bancone.

     Teresa subisce la pressione senza lamentarsi perché sta  impicciata con i centesimi. Intanto la gente in fila comincia a brontolare per l’attesa. La cassiera si offre gentilmente di aiutarla:

     “Terè, permetti? Vedo che di monete ne hai parecchie. Posso contare io? Anzi se permetti te ne levo un po’, che te le cambio con dieci euro di carta.”

     “Ma sì, fai un po’ tu; anzi se mi levi ‘sto ciarpame mi fai un favore…”  e rovescia sul banco tutto il contenuto del borsello.

     La cassiera raccoglie con destrezza: 2 monete da 1 euro, 3 da 20 centesimi, una da 10, due da 5, una da 2 e due da 1, che fanno proprio 2,84 euro, e le smista negli scomparti del cassetto. Poi con calma prende altre monetine per dieci euro e le cambia con un biglietto.

     Arrivano i commenti poco educati della gente in fila d’attesa:
     “Ahò, ce movemo?”

     “Ma quanto s’ha da spettà?”

     “Io c’ho li surgelati che se squaiano…”

     “E che ca…! ma quanto ce vò?”

     Teresa vorrebbe replicare, ma non sarebbe degno di una signora, lei è una signora, e quindi finge di non sentire. Si stacca dalla cassa e riprende il carrello, ma non si avvia verso l’uscita perché prima deve fare un controllo importante.

     In passato le è capitato di accorgersi, a casa, che tra la spesa e lo scontrino ci possono essere discordanze e, guarda caso, sempre a suo danno. Con il lettore laser non dovrebbe succedere, ma può avvenire che sia stato omesso uno sconto, oppure che il numero dei pezzi addebitati sia superiore a quello effettivo. Perciò lei, appena ricevuto lo scontrino, lo confronta con il contenuto del carrello. Come si dice? Fidarsi è eccetera…

     Controlla anche questa volta, prodotto per prodotto, quantità per quantità, e si accorge con soddisfazione che è tutto regolare. Maria è una brava cassiera, poteva anche fidarsi. Fa per aprire la borsetta per inserire lo scontrino nel portafogli… ma, strano! la borsetta è aperta e… oddio!... il portafogli non c’è.

     Ci vuol poco ad immaginare cos’è successo. Tipico furto con destrezza. Una delle tante disavventure cittadine: furti e scippi, che capitano in questa nostra società opulenta e tecnologica, ma squilibrata, indisciplinata e insicura.

     Teresa era occupata a contare le monetine, è stata distratta dall’uomo che l’ha pure schiacciata contro il bancone, quando qualcuno, forse l’uomo stesso o un complice, le ha sottratto il portafogli. Con tutto il tempo perso a pagare e controllare, chissà dov’è finito il ladro? Ormai è inutile cercarlo.

     A meno che uno ci tenga grosse somme di denaro, ma con l’uso di bancomat e carte di credito ciò avviene di rado, il furto di un portafogli non è un grosso danno.

     La perdita di cento, duecento euro non rovina l’economia familiare. Però diventa un grosso fastidio la sostituzione dei documenti: carta d’identità, patente di guida e card bancarie, ed è un fastidio anche il dover andare in questura per fare la denuncia e… vergognarsi. C’è da vergognarsi se si subisce un furto? Direi di no, ma le persone oneste sentono che subire un furto equivale ad una colpa perché si attribuiscono magari la responsabilità per essere stati distratti o imprudenti.

     Teresa ricorda di essere uscita di casa con circa 250 euro: troppi, accidenti! Ne ha spesi una ottantina, quindi le sono stati rubati 170 euro. Non è un gran danno e al momento non se ne fa un cruccio. Però dovrà fare la denuncia in questura, andare in banca e in comune. Ma oggi è sabato ed è tardi. Quindi rinvia tutto a lunedì. Tuttavia blocca subito in via telematica il bancomat e la carta di credito usando lo smartphone... e meno male che non glielo hanno rubato: vale più quello che tutto il resto, anzi molto di più.

     Non si dà neppure pena per gli adempimenti burocratici perché sa come evitarli. Lei ha le sue scorciatoie: in questura conosce il sovrintendente Giorgini che l’aiuterà per la denuncia, e per duplicare la carta d’identità telefonerà ad una cugina che è impiegata all’ufficio tributi del comune. Non sta nell’ufficio giusto, ma si sa che tra parenti, amici e colleghi ci si aiuta: un parolina… un piccolo favore... e la pratica vola senza fare file e senza dover discutere con impiegati pignoli, ignoranti e scortesi.

     Veramente lei pensa che la raccomandazione sia un male, che sia l’anticamera della corruzione, ma quando serve una spintarella se la fa dare ‘come fanno tutti’ (di questo è convinta) … e poi, accidentaccio! lei ha subito un furto. Dove stavano le autorità, i poliziotti, i vigili urbani? quelli che devono proteggere i cittadini? Le sembra quindi più che giusto che, almeno negli uffici, qualcuno le dia un aiuto per alleviare i disagi e bypassare la burocrazia.

*     *     *

      La mattina del giorno successivo al furto Teresa ha una sorpresa: trova nella cassetta delle lettere una busta spessa, non affrancata né timbrata dalle poste, evidentemente lasciata a mano da qualcuno. La solita pubblicità? o una richiesta di denaro da parte di un ente o associazione con allegate cartoline e gadget? Ma non riposano mai i questuanti? Nemmeno di domenica?

     E invece è una lieta sorpresa: ci sono tutti i documenti che le sono stati rubati, ci sono pure carte e biglietti che nemmeno ricordava di avere. Manca solo il denaro, ovviamente. C’è pure una lettera scritta a stampatello su un foglio a quadretti, con grafia minuta e gradevole da vedere, ma in italiano approssimativo come lo può scrivere uno straniero poco esperto della nostra lingua, però dotato di una buona pratica nella scrittura. Ecco il testo:

Gentile siniora Teresa.

 I essere siguro Tu non gentile con me che avere rubato borsino.

Scusare scrittomale I non parlare bene poco di italiano e poco di english.

Scusare disaggio but cercato minimare e per questo tenuti solo euri e restituiti doqiumenti e cards subito as possible.

I essere emigrante per Germany, finito denaro, domandato aiuto, no trovato aiuto solo messo dietro rete come prigione e I scappato.

I pensato Tu essere siniora ricca perche vestita bene e comprato tante cose buone.

I siguro no avere fatto grosso male tua family.

Prego tu pensare che tu avere fatto regalazione a povero buon ladrone.

Ma no regalato but prestato perché  I want restituire euri a Tu quando arrivato Germany e lavorato.

Prego scusare perdonare e non denuciare.

Buono ladrone ringrazia.

     Teresa legge, rilegge, sorride. Un po’ si commuove perché, se è vero quello che c’è scritto, ma perché non dovrebbe essere vero? allora dietro quelle parole c’è una storia di sofferenze, di guai, di traversie, un dramma che ha costretto una brava persona a trasformarsi in un delinquente. No! non in un delinquente, ma in un ‘buon ladrone’ per necessità. Le viene spontaneo un augurio:

     “Vai, amico, buona fortuna!” 

Agostino G. Pasquali

N.d.A.: La storia finisce qui? L’autore pensa che avrà un seguito. E lei, gentile lettore, se ha letto con interesse, abbia pazienza fino alla prossima settimana.

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