Carlo Bordini, Fabrizio Dal Passo, Pamela Ferri

LA VIA CASSIA-FRANCIGENA E L’ALTO LAZIO NELLA SECONDA META’ DEL XVIII SECOLO (1)

2. Monte Mario

La Via Cassia moderna, salvo piccole variazioni fatte in tempi posteriori alla sua costruzione, segue l’andamento dell’antica. Parte, come dicemmo, da piazzale di Ponte Milvio a sinistra della via Flaminia a tre miglia dall’antica porta Ratumena del recinto serviano.

Dopo una salita per scavalcare la pendice dei monti della Farnesina, che culminano con il monte Mario10, continua fiancheggiata da ville, villini, e vigneti, tra cui la vigna Cassia (casale di vigna Pozzi), poggiata su un sepolcro antico, a foggia di tempietto. In una vigna poco lontana si fermò nel 1786 il pontefice Pio VI come ci ricorda una lapide che si legge sulla casa. Nella medesima si trattenne Gregorio XVI nel 1841 al ritorno da un viaggio nei suoi stati. A sinistra parte un antico diverticolo della Via Trionfale, riaperto dai Borghese.

Il colle detto Monte Mario, che fa parte della catena Gianicolense, della quale è il più alto (157 metri), ebbe anticamente il nome di Clivus Cinnae, quando Cinna ne discese per iniziare le vendette di Mario (come testimonia una lapide trovata nel 1554). Questa memoria di Mario campeggiante sul monte Vaticano indusse gli umanisti del secolo XVI ad intitolare a lui il monte, che nel medioevo ebbe anche il nome sinistro di Malus, in seguito all’esposizione del cadavere di Crescenzio (a. 998) per ordine dell’imperatore Ottone III.

In seguito venne detto Mons Gaudii, per la gioia dei pellegrini che arrivavano alla vista di Roma dopo aver percorso la Via Francisca11. Sul monte v’erano dodici chiese, ed ora ne restano solo due, cioè quella della Madonna del Rosario, che risale al sec. XVII, e quella di S. Onofrio, detta pure di S. Francesco, che è la parrocchiale, e fu edificata dal sacerdote Bartolomeo Neri nel 1660. Vi era uno spedale di S. Agata, che Onorio III prese sotto la sua protezione, ormai scomparso, che serviva probabilmente come luogo di soccorso per i pellegrini ammalatisi durante il viaggio per Roma.

3. Acquatraversa, Tomba di Nerone e l’Ospedaletto Marziale.

Tra il chilometro quarto ed il quinto si trova la località detta Acquatraversa, tenuta ed osteria che prendono il nome da un corso d’acqua che attraversa la strada12.
La storia medievale e moderna di Acqua Traversa, la più confusa di tutte le altre tenute, incomincia con la chiesetta antichissima di S. Stefano, la cui iscrizione trovasi murata ora nel portico di S. Lorenzo in Lucina, che risale all’anno 1112, e dice che Pasquale II trasportò i corpi dei santi dalla chiesa di S. Stefano que sita est in loco qui dicitur aqua trans versa. Ora la chiesetta esiste, ed è stata prima trasformata in taverna, ed ora in piccolo casale.

Le vicende della tenuta di Acqua Traversa sono molteplici: passò probabilmente ai Savelli (come testimonia uno stemma), venne acquistata da Bonifacio VIII (per 3000 fiorini) e nel 1313 passò per la maggior parte della sua estensione alla Chiesa. Nel 1468 faceva parte dei beni dei Nucci, che la rivendettero, insieme alla Casa Lombarda e alla Torre Vecchia (probabilmente la turris magistri Henrici, dove c’era anche un’osteria) per 1200 ducati allo spedale Lateranense. Infine, il 29 marzo 1609, Marcantonio Borghese acquistò tutta la tenuta, compresa la confinante, detta dell’Insugherata, già appartenente all’ospedale di S. Spirito in Sassia alla fine del Cinquecento13.

Superata la salita ed una grande risvolta si trova, alla sinistra, la chiesa rurale di S. Andrea ed un imponente sarcofago, volgarmente chiamato la Tomba di Nerone, in realtà il sepolcro di P. Vibio Mariano. In queste vicinanze si trovava la mansione o stazione dell’antica Cassia ad Sextum. Nessuna antica costruzione ci precisa il posto di questa antica stazione.

Una via si distaccava da questo punto per l’antica Veio. Passata la Tomba di Nerone troviamo a sinistra un’antica conserva d’acqua, ed avanzi di un sepolcro. Al settimo miglio da Roma nei tempi passati esisteva un ospizio per i pellegrini, nelle vicinanze del quale ancora rimane, ad una tenuta, il nome di Ospedaletto Marziale dal nome, forse, del proprietario del fondo (secolo XVIII). Quivi esisteva un ospedale di S. Angelo fondato da Francesco dei Tartari, come risulta dal suo testamento esistente nell’Archivio di S. Spirito, del 1334.

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10 Al tempo di Dante il monte Mario si chiamava monte Malo (Paradiso, XV, 109), ed in un diploma di Federico II leggiamo: “In monte Malo prope Urbem”. Dopo si disse anche monte Maro. Vi tennero accampamento molti imperatori; nell’anno 1111, Enrico V, venendo a Roma, passò per Montem gaudii qui et mons Malus dicitur. Circa il 1170 su quelle alture avvenne una battaglia tra i partigiani dell’antipapa Pasquale III e quelli di Alessandro III, favorevole ai primi. I Romani vi si recavano sia all’arrivo che alla partenza degli imperatori, per godere lo spettacolo dello sfilare dei cortei e degli eserciti e, nel 1312, Enrico VII udì i fischi ed i motteggi che il popolo gli inviava da quelle alture alla sua partenza da Roma. Cola di Rienzo, nel 1354, vi fu incoronato dai cavallerotti e dal popolo romano.

Si racconta che Federico III l’8 marzo 1452, venendo a Roma per farsi incoronare, s’incontrasse sul Monte Mario con Enea Silvio Piccolomini, cui predisse il papato. Nel 1527 il Connestabile di Borbone vi tenne il suo quartier generale. Il Monte in seguito prese la denominazione di mons Gaudii. Sulla origine del nome vi sono molte congetture. L’opinione più ragionevole è quella del GREGOROVIUS, seguito dal TOMASSETTI, che il nome di gaudium gli sia derivato dalla gioia che i pellegrini provavano, quando da quella altura scoprivano il santuario degli Apostoli, dopo lungo e faticoso viaggio. Del resto il nome di “monte della Gioia” (montjoie) lo ritroviamo anche attribuito ad altre alture nelle vicinanze di altri santuari.

11 Il vestito tradizionale dei pellegrini era caratterizzato dalla schiavina che era una cintura con una striscia di cuoio, e dal cappello a larghe tese. Inoltre portavano spesso il bordone, un bastone che a volte era forato e poteva essere suonato come un flauto nelle tappe lungo il cammino. I romei, per differenziarsi da altri pellegrini, portavano anche il sanrocchino sopra l'abito, cioè il distintivo delle chiavi. A volte anche in Italia era portata la conchiglia sul cappello, segno distintivo dei pellegrinaggi verso San Giacomo di Campostela.

12 Il fosso di Acquatraversa nasce dalle colline della Insugherata e dal monte Arsiccio: traversata la Via Cassia tra il III ed il IV miglio, si getta nel Tevere dopo i Due ponti, sotto la Via Flaminia, ove si unisce con il fosso della Crescenza.

13 Nel 1570 risulta che l’ospedale affittava i 631 rubbi di quest’area per 350 scudi l’anno (Archivio Segreto vaticano, Misc., arm. XI, t. 91, f. 371).

 

(Segue)