Tuscia STORIA
Giancarlo Breccola - Mauro Galeotti

                           L'incudine sull'architrave della porta della distrutta Chiesa di santa Lucia dei Fabbri a Viterbo 

Tra i tanti libri stampati dalla tipografia del seminario di Montefiascone ce n’è uno, ormai rarissimo, che tratta il particolare argomento della medicina applicata ai cavalli: Mascalcia pratticata da Lodovico Lazarini Marescalco in Orvieto Divisa in tre Parti, Montefiascone 1722, nella Stamperia del Seminario.

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E' questa l'occasione per ricordare la chiesa dell'Arte dei Fabbri di Viterbo.

La storia della Chiesa di santa Lucia dei Fabbri a Viterbo
Mauro Galeotti

Disegno di Busiri Vici, del 1890, della facciata della Chiesa di santa Lucia dei Fabbri 

Il Seminario di Viterbo nella ricostruzione, dopo i bombardamenti del 1944, ha anche assorbito l’area su cui sorgeva la Chiesa di santa Lucia dei Fabbri risalente al 1207, detta in «Castro Viterbii».

Rifatta nel 1450 vi furono eseguite delle pitture nel 1458.

Fu sede dell’Arte dei Fabbri sin dal 1461, per altri storici invece dal 1471, sino alla fine del secolo XIX; aveva per patroni santa Lucia, sant’Alò e san Leonardo.

Vi facevano parte anche i Maniscalchi, i quali con notificazione del delegato apostolico, Marcello Orlandini, del 21 Agosto 1843 dovevano ricordare che «Rimane espressamente proibito ai Maniscalchi il cavar sangue agli animali, e il dare il fuoco alli medesimi, o permettersi altra qualsiasi operazione nelle pubbliche strade.

Restano fissati per tali operazioni i luoghi qui appresso. 

Negli Spazi fuori della Città a piacere. 

Dietro la piazza di Fontana Grande nel luogo presso il Convento de’ PP. Carmelitani Scalzi, e la casa Vittorj. 

Sulla piazza detta del Gesù. 

Sulla piazza di Campodoglio, e nel largo presso le mura Castellane di S. Faustino presso il giardino Saveri. 

I Contravventori saranno puniti colla multa di sc. 2, e se recidivi anche col carcere a nostro arbitrio».

Lo Statuto dei Fabbri e dei Ferrai risale al 1603, quando fu rinnovato in sostituzione di quello più antico del 1471 (Giuseppe Signorelli lo data 1474, Pietro Savignoni 1497), perché era lacero e vecchio e «per esservi molti capitoli che oggi i superiori non li approvano».

Ai rettori dell’arte restò come ufficio d’ordine pubblico l’accertamento e la bollatura delle bilance.

A titolo di curiosità, lo Statuto di Viterbo del 1251 ordinava ai fabbri, per evitare i furti, di non eseguire chiavi se non fosse stata loro portata la serratura, inoltre non potevano vendere o prestare chiavi ai servi.

Nel 1498 Paolo di Matteo, carpentiere, prese a cottimo certi lavori nella chiesa.

Per ampliamento, nel 1576, l’Arte dei Fabbri acquistò da Antonio Tignosini una casa posta avanti alla chiesa. Venne deciso, nel 1604, di far eseguire un quadro riproducente l’immagine di santa Lucia. E l’anno seguente si rifecero gli altari del ss.Crocifisso e di sant’Alò.

Nel 1622 oltre l’altare maggiore è nominato a destra un Altare di san Luigi e a sinistra uno del ss. Crocifisso.

Si ha notizia di altri altari dedicati a sant’Alò, sant’Apollonia e sant’Agata dal 1524.

E’ del 1667 l’aggregazione dell’Arte dei Mercanti alla Chiesa di santa Lucia.

Nel 1712 la chiesa presentava qualche pericolo nella struttura muraria, poi nel 1757 venne realizzato un quadro dal frate conventuale Macedonio per trentadue scudi e furono eseguite pitture nelle cappelle da Giuseppe Marzetti. 

A lavori eseguiti, il 30 Aprile 1758 fu inaugurata la chiesa con la celebrazione, per la prima volta, di sant’Ampelio, con relativa redazione del compendio della vita, stampa dell’immagine e realizzazione di un reliquiario d’argento.

Nel 1773 venne restaurato il coro, già esistente dal 1578.

La chiesa fu restaurata nel 1814 e nel Maggio del 1821, come ricorda Pio Semeria, vi fu ospitato l’Ospedale militare pei Tedeschi. 

Nel 1866 il vescovo Antonio Maria Pettinari, in carica dal 1864 al 1866, sospese l’esercizio delle sacre funzioni nel tempio nominando un amministratore e nel 1867 fu deciso di rifabbricarla.

I bombardamenti aerei da parte degli alleati, nel 1944, hanno distrutto la chiesa, la Chiesa di san Sebastiano dei Falegnami, il Seminario e parte della Casa di Valentino della Pagnotta.

A sinistra il Seminario, la Chiesa di san Sebastiano dei Falegnami e a destra la Casa di Valentino della Pagnotta nel 1944

La facciata era a capanna, con due piccole finestre ai fianchi dell’ingresso, era priva di ornamenti e portava inciso sull’architrave della porta Divae Luciae Sacrum. 

In alto era un rosone che dava luce all’interno.

Andrea Scriattoli ricorda che nella Chiesa di santa Lucia era lo stemma dell’Arte dei Fabbri costituito da un incudine visto di profilo, infatti, nel piazzale antistante l'ingresso al Seminario, sotto il portico, sono conservati due architravi l’uno sull’altro, uno ha la scritta già detta e l'altro mostra lo stemma, in uno scudo a bucranio, dell’Arte dei Fabbri, l’incudine, contornato da un intreccio floreale.