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Viterbo
VIDEO DEI PROTETTORI


11 Giugno 2014. Le reliquie dei protettori di Viterbo, santi Valentino ed Ilario, entrano nel Quartiere di Villanova in ricordo della loro protezione a Viterbo e ai Viterbesi colpiti dal terremoto il 14 Gennaio 1703.
Sono presenti il parroco responsabile don Emanuele Germani, il parroco moderatore don Mauro Manzoni, i confratelli della Confraternita dei santi Valentino e Ilario.
Ripresa con iPhone di Mauro Galeotti per il quotidiano www.lacitta.eu

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Notizie che ho tratto dal mio libro "L'Illustrissima Città di Viterbo" edito nel 2002 (m.g.)

Il Ponte Camillario è costruito in blocchi di travertino in opus quadratum e si può far risalire al I secolo dopo Cristo. E’ largo 12,95 metri ed ha una luce di 2,19 metri a monte, e 2,30 a valle.

Su di esso transitava la strada consolare Cassia. Il Comune nel 1636 concesse alcune pietre del ponte, per la costruzione della Chiesa di san Leonardo in Via Cavour.

E’ stato riportato alla luce, perché sommerso dai rovi e dalla vegetazione, nel Marzo del 1994.
Per volontà ed opera del sacerdote don Armando Marini (1940 - 1996), mio eterno amico, a monte del ponte è stato attivato il percorso religioso, itinerario di fede, che conduce, si dice, nei luoghi ove, nel 303 d.C., subirono il martirio i santi Valentino ed Ilario.

Nei pressi è l’edicola innalzata nel 1696, probabilmente su altra, in ricordo della protezione da parte dei martiri durante un terremoto avvenuto a Viterbo l’11 Giugno 1695. Protezione fu chiesta ai martiri anche per il terremoto che colpì la città il 14 Gennaio 1703, leggo sul periodico locale Speranze Nuove del 27 Gennaio 1903:
«S’invocarono i nostri Santi, e non si ebbe a lamentare alcun inconveniente. Perciò ai 14 di Febbraio [1703] il Consiglio generale deliberò che per sette anni la Vigilia della festa dei Ss. Valentino e Ilario i fedeli digiunassero, e si ripigliasse per lo stesso tempo l’uso della processione delle Sante Teste. 

Tal voto fu approvato e confermato dal nostro Vescovo Cardinale Sª Croce. Compiuti i sette anni il voto fu rinnovato per altri sette anni, spirati i quali, si lasciò di fare quella Processione. Ma ai 28 di Agosto dello stesso anno un terribile terremoto scosse soltanto la nostra Città.

I Viterbesi esterrefatti corsero presso le Sante Reliquie al Duomo: la domenica seguente vollero portare processionalmente le Sante Teste, e determinarono di fare ciò ogni anno in perpetuo, come ancora si costuma: soltanto che a cagione de’ tempi è più ristretto il giro della processione, e invece, delle S. Teste si portano in processione due particelle dei crani de’ nostri Santi».

Sotto l’attuale pittura è nascosta la loro effige affrescata e protetta da un cancelletto con la scritta:
Questa edicola, eretta presso il luogo del martirio e del sepolcro dei SS. Valentino ed Ilario, fu restaurata dai fedeli l’anno 1903, VI centenario della traslazione delle ossa dei santi nella Cattedrale di Viterbo.

La grossa pietra, proveniente dal Ponte Camillario, posta avanti all’edicola, vuole rappresentare un altare.
Fino agli inizi del secolo XX vi erano dipinti i martiri in piedi con la palma in mano e sopra a loro un angelo con la corona dei vincitori e vi era la scritta:
«MDCXCVI Ss. Martyres / Valentinus et Hilarius / siste viator, quisquis sis, venerare figuras / sanctorum quorum nomina scripta vides. / Corpora, quae postquam dirum passa sunt tyrannum / hic latuere diu, nunc Cathedralis habet».

Ossia: Fermati, o viandante, chiunque tu sia, venera le immagini dei Santi i cui nomi vedi scritti. Quei corpi, che dopo aver sofferto i martìri di empio tiranno, qui giacquero per lungo tempo nascosti, ora sono conservati nella Cattedrale.

La pittura per l’incuria e per il tempo era quasi cancellata e l’affresco, danneggiato anche per la caduta di un fulmine, nel 1903 fu ripreso dal pittore Enrico Canevari di Viterbo (1861 - 1947), in occasione del VI centenario della traslazione dei corpi.

La pittura restaurata dal Canevari, dietro un compenso di cento lire, si può vedere in una foto riportata sull’opuscolo relativo ai santi Valentino ed Ilario edito nel 1903 da Giuseppe Pierotti.

Il muratore Angelo Fiorucci riparò il tetto, le cornici del timpano, adattò e collocò una croce di ferro sopra al timpano dell’edicola e vi costruì un palco per «prendere la fotografia dell’affresco».

Le notizie le leggo sul periodico Speranze Nuove del 27 Gennaio 1903.


Il dipinto su tela che si vede oggi è opera di don Angelo Gargiuli eseguita per volere di don Armando Marini, parroco eccellente della Chiesa dei santi Valentino ed Ilario, mentre la vecchia raffigurazione dei Santi, come ho scritto, è nascosta dietro al quadro attuale a mo’ di protezione.

Mauro Galeotti