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di Mauro Galeotti
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Viterbo VIDEO 7 maggio 2016. Processione del santissimo Salvatore a Viterbo alla presenza dei buoi, del carro, della tavola, del sindaco Michelini e di don Mario Brizi.
Ripresa con iPhone6 di Mauro Galeotti per il quotidiano www.lacitta.eu

 

La Storia del trittico del santissimo Salvatore

Mauro Galeotti 

Sull’altare dell’abside seguente è conservato il trittico di scuola romana del XIII secolo, dipinto su cuoio steso su tavola. Vi sono raffigurati il ss. Salvatore benedicente in trono affiancato a destra dalla Madonna e a sinistra da Giovanni Evangelista.

E’ stato restaurato da Gualtiero De Bacci Venuti nei grandi restauri degli anni ‘10 del ‘900. Sulla parte posteriore sono dipinti, a sinistra, san Paolo, poi san Michele arcangelo e a destra san Pietro.

Sulla cuspide sono l’Agnus Dei e due angeli in volo e sul rovescio del Salvatore è un cherubino. Secondo Francesco Orioli (1855) l’opera è da far risalire ad epoca assai anteriore al 1283; a suo dire, fu nascosta durante l’assedio alla città da parte di Federico II (1243). Della stessa opinione è Attilio Carosi, che scrive, «probabilmente la sacra immagine era stata nascosta per sottrarla alle ruberie della soldataglia di Federico II durante l’assedio del 1243». Infine, per Pietro Egidi risale al XII o XIII secolo e non è anteriore al Mille, come invece ritiene Andrea Scriattoli.

Il suo rinvenimento è così riferito in un antico manoscritto riportato sul codice n° 130 delle Riforme in data 14 Agosto 1716 alle carte 192 t. e 193.

«Nell’anno delo Signore nostro Iesu Cristo 1283 alli... di Marzo Ioseffo de lo Croco, Joanne de la Cipolla aranno co li boi de Scipione del Annio ne lo campo di Julio de la Chirichera, li boi se restettero e no volerno ire nanti e battuti e pongolati se engenochorno un pò in la cerrata e trovaro che l’arato avia entoppato ne una preta granne. Scavorno co la zappa e conubbero che era una cassa de preta co lo coperto puro de preta stuccato e dentro c’era una emaiene de lo Salvatore che l’annettero a pigliare sei preti di San Maria e l’altri preti tutti l’encontrorno, fuori della città co li Comuni che la metterno ne la ditta chiesa vicino la sua residentia.

Io prete Ercole Camerlingo ho recopiata questa memoria che stava nelli ricordi, che no si potia più leggere». 

Il ss. Salvatore si presenta bendicente, nella mano sinistra tiene il libro degli Evangeli aperto, dove si leggono le parole di san Giovanni, «Ego sum via, veritas et vita. Ego sum resurrectio et vita».

Nel 1614 l’immagine del ss. Salvatore fu rimossa dall’altare, umido, oscuro e poco decoroso, per essere collocata sull’altare maggiore. Nel 1622 si trova posta a destra dell’altare maggiore, custodita, per maggiore protezione, in due cappe di legno e circondata da cancellata.

Scrive nel 1930 il canonico Pietro Artemi:

«A memoria del fatto e quasi a rinnovellarne ogni anno la pubblica letizia venne istituita pel di 14 Agosto una solenne processione; nella quale singolar parte prendevano gli aratori, che, dietro il loro vessillo, seguivano a cavallo e scortavano la processione; e tra essi in costume di quel tempo figurava un discendente di Joseffo del Croco. 

Questa solenne processione fu fatta fino all’anno 1870. Ora un drappello di Agricoltori, reca con religioso ossequio le sue offerte, all’altare del SS.mo Salvatore la mattina solenne del giorno 15». 

Giorgio Falcioni scrive che la Macchina del ss. Salvatore, nel 1712, fu realizzata per quaranta scudi dall’ebanista Giovan Vincenzo Calmes e che nel 1713 fu indorata per una spesa di cinquanta scudi.

Da un documento, ritrovato da Silvio Cappelli, si apprende che nel 1787 fu dato incarico di indorare la «macchina per portare in processione la miracolosa immagine del Santissimo Salvatore [...] la quale devesi costruire da Giacomo Tamburini, e Luigi Pricci intagliatori Viterbesi, giusta il disegno dell’architetto Domenico [Antonio] Lucchi [1753 - 1791] da detto Pricci ben veduto, e considerato, a favore della nobilissima Arte agraria di questa suddetta città […] si conviene parimenti,

che il zoccolo della suddetta Macchina debba essere dipinto di giallo antico, i due leoncini, la testa di bove, e i due festoncini di bassorilievo debbano esser dorati ad oro zecchino perché così per patto e non altrimenti. 

Che le nuvole dove posano gli angeli, che reggono il quadro del Santissimo Salvatore debbano essere in argentate, gli angeli poi, e tutto il rimanente della macchina debbano esser dorati ad uso, e stile d’arte, ad oro di zecchino, perché così per patto, e non altrimenti».

La processione in seguito fu spostata al 14 Settembre, oggi si effettua il sabato prima della seconda domenica di Maggio, quest’anno era il primo sabato del mese.

L’immagine del ss. Salvatore veniva annualmente trasportata in processione su una Macchina, come visto, bella e ricca di ornamenti. Oggi, più prudentemente, una copia dell’immagine viene trasportata lungo le vie della Parrocchia di santa Maria Nova, su un carro trainato dai buoi.

Agli inizi del secolo XX e almeno fino al 1914, il Comune di Viterbo pagava un canone di dodici scudi per la Cappella di san Salvatore; scrive Domenico Sansoni (1914), «ed ha il banco sormontato dallo stemma, reliquie uniche e meschine, ma significantissime, per la testimonianza delle relazioni secolari che colla Chiesa di Santa Maria Nuova ebbe costantemente nei tempi passati il Comune di Viterbo».