Viterbo STORIA Un reliquiario col Cuore di santa Rosa è la base della realizzazione dell'architetto Ascenzi.
Il vescovo Emidio Trenta (1921): Vi confesso il vero, o venerabili fratelli e figli, che io mi sentii commosso fino alle lacrime e baciai con santo affetto quella preziosissima reliquia
di Mauro Galeotti

 

Reliquiario con il Cuore di santa Rosa di Viterbo

Dalla ricognizione interna del corpo di Rosa risultò, nella cavità addominale, una «notevole quantità di semi di uva conservatissimi, parte liberi, parte inseriti in scibale fecali».

Fu trovato intatto solo il suo Cuore che, asportato, fu chiuso in un magnifico reliquiario.

Ciò poté consolare i Viterbesi che, non potendo più baciare direttamente la Santa, potevano così rivolgere il loro sentimento di devozione al Suo santo Cuore.

Il reliquiario contenente il Cuore di Rosa fu donato da papa Benedetto XV (1914 - 1922), fu poi sostituito con l’attuale in argento cesellato, donato nel 1929 da papa Pio XI (1922 - 1939).

In quell’occasione il corpo di Rosa, misurato nella lunghezza, risultò metri 1,295 e del peso di kg. 5,180. 

Fu quindi portato in processione per le vie della città assieme al Cuore, era il 13 Novembre 1921. 

La processione del 13 Novembre 1921 con il Cuore e il Corpo di santa Rosa

La scorta d’onore alla Santa era formata da quarantacinque facchini, più il capo facchino, Carlo Selvaggini, e l’immancabile Virgilio Papini, costruttore della Macchina di santa Rosa.

Il vescovo Emidio Trenta benediceva la folla con il reliquiario contenente il cuore di Rosa.

Per l’evento straordinario della ricognizione furono scattate delle fotografie in cui si vede, in una posizione affatto riverente, la mummia di santa Rosa dalla schiena. 

E’ sostenuto da due persone, alla presenza di monsignor Sestilio Giulianelli (Villa san Giovanni 2 Ottobre 1875 - Viterbo 7 Dicembre 1948), arciprete della Cattedrale e prelato domestico di sua Santità, e del vescovo Emidio Trenta (1860 - 1942).

Proprio quest’ultimo in data 29 Ottobre 1921 firmava uno scritto sulla Conservazione del corpo di S. Rosa di Viterbo, lettera pastorale dove tra l’altro leggo:

«preoccupato io dei segni di deperimento che mostrava il corpo di S. Rosa, credetti mio dovere informarne umilmente il Santo Padre Benedetto XV».

Il vescovo stesso dette incarico della ricognizione del corpo al dottor Neri, e prosegue:

«Il Dott. Neri ha assolto il suo compito con vero intelletto di amore e con esito felicissimo (io stesso ne sono testimonio) non ostanti le molte difficoltà, dianzi non previste, che si presentarono. [...].

Erano però avvezzi i fedeli, a dimostrazione sempre maggiore della loro pietà e divozione verso la nostra celeste Patrona, di baciarne la mano: d’ora in poi non potranno più. […].

L’esimio Dott. Neri, perché il lavoro per la conservazione del corpo santo riuscisse in ogni parte perfetto, si vide nella necessità di esplorarne anche l’interno. E mentre tutto si trovò consunto, soltanto il cuore, sebbene ridotto in piccole dimensioni, si rinvenne intatto.

Vi confesso il vero, o venerabili fratelli e figli, che a questo fatto io mi sentii commosso fino alle lacrime e baciai con santo affetto quella preziosissima reliquia, che ora, racchiusa in un reliquiario, verrà pure baciata da voi. In tal modo, se non potete più baciare la mano della nostra santa Concittadina, ne bacerete il cuore, che è cosa assai più nobile e pregevole della mano».

Il corpo di Rosa fu conservato in una nuova urna di cristallo, a tenuta d’aria, realizzata dalla ditta romana Giulio Lupoli.

Mauro Galeotti

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