Viterbo STORIA Era successo che la superiora si era fatta fare una statuetta di santa Rosa...
di Alessandro Finzi

Il Messico appare oggi come un paese profondamente religioso, ma a partire dai tempi di Emiliano Zapata, con le prime occupazione delle terre contro i latifondisti (1910) e poi nella guerra rivoluzionaria a fianco di Pancho Villa (1916) si era sviluppato un crescente sentimento anticlericale basato sul fatto che la Chiesa appariva, all’epoca, come il baluardo dei grandi proprietari terrieri che dominavano il Paese.

Fu però con la presidenza di Plutarco Elías Calles, primo rappresentante della Rivoluzione messicana, arrivato al potere nel 1924, che iniziò una vera e propria repressione anticlericale che colpiva senza esclusione qualsiasi membro della Chiesa, dalle più alte gerarchie fino ai più umili preti, frati o monache.

La repressione fu anche antireligiosa, perché aggrediva direttamente le chiese, le istituzioni educative, sociali e perfino assistenziali; qualunque cosa, anche semplicemente simbolica, relativa a valori spirituali veniva, come minimo, espropriata e destinata ad altri usi. Si era arrivati fino ad impedire l’accesso ai sacramenti da parte dei fedeli e sposarsi in chiesa o far battezzare i figli era diventato causa sufficiente per essere fucilati.

1927. Don Francisco Vira viene fucilato
per aver celebrato la Messa nonostante il divieto

Mons. Salvador Espinoza Medina, Vicario generale della diocesi di Querétaro e Rettore del Tempio di Santa Rosa da Viterbo, da me fortunosamente intervistato, nel giugno del 2005, all’interno del meraviglioso e celebrato edificio barocco, mentre mi aiutava a salire sullo schienale di una panca per poter meglio fotografare l’immagine delle Santa che era collocata troppo in alto per essere ripresa da terra, mi raccontava sdegnato che, per puro spregio, la chiesa era stata adibita a scuderia per i cavalli dell’esercito durante la repressione.

Fu allora che le clarisse di santa Rosa dovettero fuggire in borghese per la terza volta dal loro convento che pure aveva raggiunto grande fama e riconoscimento ufficiale da parte della monarchia spagnola, assumendo il nome di “Real Collegio di Santa Rosa da Viterbo di Santiago di Querétaro” (ho raccontato già su questo giornale come il merito fu di Isabella Farnese, divenuta regina di Spagna col nome di Isabel de Farnesio).

Il convento fu requisito definitivamente ed oggi ospita uffici governativi; solo la chiesa è stata restituita alle sue funzioni anche per la sua fama di somma opera architettonica contenente veri tesori d’arte, dai retablo lignei dorati con oro zecchino, al pulpito intarsiato di legni pregiati, avorio e argento, all’organo settecentesco classificato fra i più begli organi del mondo, alla sacrestia monumentale dove si trovano le statue lignee degli apostoli a grandezza naturale che vengono esposti in ricordo dell’ultima cena.


Il Retablo di santa Rosa da Viterbo nel tempio di Querétaro a lei dedicato

Le monache fuggivano in borghese perché era sufficiente essere riconosciute per venir fucilate. Si può dunque capire le condizioni in cui vivevano mentre il paese era sconvolto da massacri indiscriminati, campi di concentramento, fucilazioni e impiccagioni di massa posti in atto dalla rabbiosa repressione dello Stato.

Ormai sapevano che, diversamente da come era successo le due volte precedenti, non sarebbero più potute ritornare nel loro collegio espropriato e destinato ad altri usi, con le collegiali disperse ed il divieto di svolgere apertamente la loro caritatevole attività. Non potevano nemmeno rivelare la loro identità, pena la morte.

Il più atroce di questi episodi di violenza fu sofferto dal quattordicenne José Luis Sánchez del Río. Richiesto di rinnegare Cristo, si rifiutò anche sotto la minaccia di morte; allora gli scorticarono i piedi; gemeva e piangeva, ma lo costrinsero ad attraversare il paese fino al cimitero. Incredibile la bestiale ferocia degli aguzzini, ma sommo anche lo stoico eroismo del giovane.

Qui ancora gli fu chiesto, pena la vita, di dire: “Morte a Cristo”, ma lui di nuovo gridò: “Viva Cristo Re!”. Lo fucilarono il 10 febbraio del 1928 e nel 2005 è stato beatificato insieme ad altri tredici martiri della seconda decade del 1900.

Ma nel 1926, soprattutto nelle campagne, iniziò un movimento di ribellione e resistenza in armi da parte dei fedeli che venivano spregiativamente chiamati “Cristeros”. Dispersi e male armati il Governo pensò di averne facilmente ragione, ma la rivolta si diffuse rapidamente e fu una rivolta di popolo. Nel 1927 l’esercito ribelle contava già oltre 12.000 uomini, che raddoppiarono l'anno seguente e raggiunsero le 50.000 unità nel 1929. Al fianco dell'esercito operavano le formazioni paramilitari femminili delle le brigate santa Giovanna d'Arco. Al comando vi era il generale ateo Enrique Gorostieta y Velarde.

Consentitemi una parentesi: la gente crede che tutti gli atei siano anticlericali, ma lo sono solo quelli attivi politicamente (qualcuno è apparso anche televisione), ma in maggioranza i non credenti rispettano i fedeli e, se devono combattere, sanno da che parte stare.

Ben presto lo scontro fu alla pari e la guerra minacciava di proseguire per anni. Ogni tentativo di reprimere la ribellione si trasformava in un fallimento e così, il 21 giugno 1929, furono firmati gli Arreglos, cioè gli accordi, che sancivano l'immediato cessate il fuoco, il disarmo dei rivoltosi e l'immunità per questi ultimi.

Gli accordi furono mediati dal vescovo Pascual Díaz il quale fu così ingenuo da non capire con chi aveva a che fare e da non chiedere nemmeno l’abrogazione delle leggi liberticide. Appena deposte le armi il massacro riprese e durò per un altro decennio.


I Cristeros: cartuccera a tracolla, anche donne e bambini in armi.

Le vicende che abbiamo narrate sono il soggetto di un film: ”Cristiada” apparso da un paio di mesi mese nelle sale cinematografiche; chi non l’ha visto può ugualmente documentarsi con alcune pubblicazioni cercando: “L’epopea dei Cristeros in Messico” di Mario Iannaccone; “Dio, Patria e libertà! L’epopea dei Cristeros“ dello storico Alberto Leoni e “Cristiada. Messico martire. Storia della persecuzione“ di Luigi Ziliani.

Da quel tempo il potere in Messico è stato sempre detenuto, fino ad epoca recente, dal Partito Rivoluzionario Istituzionale, nome quanto mai ridicolo perché, se era istituzionale, non si capisce contro chi potesse fare la rivoluzione. Però le persecuzioni poco a poco sono cessate ed oggi in Messico esiste una palese libertà di culto sancita da una specifica modificazione della legge.

Per quanto riguarda le suore del collegio di Santa Rosa, esse si dispersero per il paese. Sono riuscito soltanto a seguire le tracce di un piccolo nucleo che era fuggito in una cittadina non lontano da Querétaro che, strane coincidenze e simmetrie della storia, si chiamava Soriano (oggi Colón) come il rifugio di santa Rosa cacciata da Viterbo.

A Soriano ho conosciuto María de la Luz Gutiérrez Zarazúa la cui famiglia, nonostante il pericolo, aveva accolto ed assistito le suore fuggiasche. Da lei ho appreso molte cose, fra l’altro come fu fucilato Sotero Nieves che era un semplice sacrestano, ma mi limito a raccontare questo aneddoto: le suore hanno dovuto lavorare, ma hanno mantenuto i voti.

Nei primi tempi però dovevano questuare per poter sopravvivere; giravano in borghese, ma, se riconosciute, sapevano che comunque sarebbero state uccise. Era successo che la superiora si era fatta fare una statuetta di santa Rosa (oggi nel tempio di Querétaro) ed un Gesù bambino che portava sempre con sé, avvolto nei panni. Una volta il gruppo fu fermato dai militari, però il capitano disse: “Lasciatele andare, non vedete che hanno un bambino?”. Se avevano un bambino, ovviamente non potevano essere religiose e così si salvarono.

L’ultima superstite si chiamava Madre Paz Orduño e morì nel 1987, all’età di 103, anni a Soriano, assistita fino all’ultimo dalla mia intervistata. Così la rivoluzione messicana, se non riuscì ad abbattere il tempio di santa Rosa da Viterbo, tuttavia pose fine al culto della Santa e ormai neppure i fedeli che frequentano il Tempio sanno chi è stata santa Rosa da Viterbo. Rimane l’opera, ma è stato ucciso lo spirito e i Cristeros hanno combattuto eroicamente, ma invano.

P. S. Se qualcuno è interessato alla straordinaria storia del Collegio e del Tempio di Santa Rosa a Querétaro può chiedere presso il Monastero, con un’offerta per le monache, il mio libro: Santa Rosa in Messico: Storia delle “Rositas” dal 1670 al 1987”.

Alessandro Finzi
Centro Studi Santa Rosa da Viterbo, onlus

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