La Commenda STORIA Breve storia de La Commenda
di Simona Fumagalli

 

Antico Borgo La Commenda recuperata e valorizzata dall'ing. Luigi De Simone, nella foto, a sinistra

“Dio sa con che cuore scrivo questa a V.S. Illustrissima, dubitando di fastidirla … gli uomini di Montefiascone… mostrano volerle dare un grande assalto per conto mio: e son venuti a tale, che alla scoperta fanno professione di far violenza alle cose della Commenda… la supplico a fermar quelli uomini… che vanno ogni dì a farne ogni sorta di danno…”.

Siamo nel 1564 e Annibal Caro sta scrivendo al card. Ranuccio Farnese. Nella lettera il Caro prega l’alto prelato di intervenire a sedare gli animi dei montefiasconesi che rivendicano il riconoscimento dei loro diritti di pascolo, caccia e legnatico sulle terre della Commenda di SS. Giovanni e Vittore in Selva, insediamento gerosolimitano nei pressi di Montefiascone.

Da molti anni l’illustre letterato, famoso per aver tradotto l’Eneide, è al servizio della nobile famiglia della Tuscia e il cardinale Alessandro Farnese, che lo apprezza anche per la sua arte diplomatica, nel 1555 lo ha premiato facendogli ottenere il titolo di Cavaliere dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme e gli ha affidato la Commenda di Montefiascone.

La Commenda

Data l’importanza che la Commenda aveva assunto nel corso degli anni, per il Caro si trattava di un incarico di prestigio che gli avrebbe anche permesso di ottenere cospicui vantaggi economici. Fare il Commendatore di quella vasta tenuta non fu però per lui cosa facile poiché si trovò immediatamente coinvolto nella lite, che perdurava ormai da decenni, tra Viterbo e Montefiascone.

Entrambe le Comunità vantavano diritti sulla Commenda, ed entrambe esigevano il pagamento di gabelle; pretese che il Caro respinse sempre energicamente dicendo che si trattava di “gabelle non dovute, perché la Commenda non dovevasi considerare soggetta ad altri se non al Papa e all’ Ordine dei gerosolimitani”.

E poi c’era anche la questione dei litigi tra coloni...

Ma andiamo con ordine.

Anche se un certo commendatore Laurenti in un documento del 1806 asserisce che il luogo era già abitato in epoca romana, le prime notizie certe sul sito della Commenda si fanno risalire al 1174 anno in cui, da un atto di permuta di beni presso Montefiascone, si apprende che l’ordine monastico Gerosolimitano di San Giovanni è insediato presso il castello di “San Vittore in Silva”.

Ulteriori informazioni emergono da una bolla emanata da Innocenzo III nel 1208 la quale attesta che sul territorio dell’attuale Commenda sorgeva un “castro S. Victoris” e una chiesa dedicata a Santa Lucia.

In seguito i monaci-cavalieri (nel 1530 prenderanno il nome di Cavalieri di Malta) costruiscono, accanto alla chiesa,  un “Ospitale”, dedicato a san Giovanni Battista, ove erano accolti e curati i pellegrini che transitano sulla via Francigena.

La località, che assumerà la denominazione di SS. Giovanni e Vittore in Selva, presenterà quindi tutti gli elementi compositivi tipici degli insediamenti gerosolimitani: una torre, una chiesa, un ospedale e un cimitero. Di quest’ultimo si ha notizia in una bolla di Gregorio IX del 1235 nella quale il Papa disapprova i fratres hospitalis SS. Johannis et Victoris colpevoli di aver seppellito un eretico nel loro camposanto.

Originariamente la Commenda faceva parte del territorio di Viterbo, come risulta dallo statuto del comune del 1251 dove viene dichiarata la supremazia sui beni dell’ospedale dei SS. Giovanni e Vittore. Successivamente, nel 1369, Urbano V istituisce la diocesi di Montefiascone e vi include la tenuta gerosolimitana.

L’atto di Urbano V costituì l’inizio di un’esasperante e complicata contesa tra i due Comuni per il possesso del territorio, controversia che si intensificò quando Gregorio XI, nel 1377, per premiare la fedeltà dei montefiasconesi che per lui avevano combattuto contro Francesco di Vico, estese la giurisdizione del comune di Montefiascone sui luoghi che Urbano V aveva incluso nella diocesi.

Ad aggravare ulteriormente la faccenda contribuivano anche i continui litigi, tra i coloni viterbesi e quelli di Montefiascone,  per i diritti di terratico e legnatico; una contesa che spesso rischiò di creare  gravi incidenti.

Passano gli anni e molte famiglie nobili si avvicendano nel possesso della Commenda.

Giungiamo così al 1555. Annibal Caro è il nuovo Commendatore e i dissidi tra i due comuni sono sempre più aspri.

Il cardinale Alessandro Farnese, nell’aprile del 1557, decide di scrivere all’arcivescovo Maffeo, vice-legato di Viterbo: «Vostra Signoria deve sapere che la commenda di San Giovanni e della quale è di presente Commendatore il Caro, gli è stata conferita da me... come per essere stata di Papa Paolo, santa memoria, e del Signor Ascanio Santa Fiore per sua rinunzia, ed ora del detto Caro rinunziata da me…»

Contemporaneamente invia un ammonimento alla Comunità di Montefiascone: «Io son certo che sapete meglio di me i privilegi e l’immunità della Commenda San Giovanni; e come per la distinzione de’ confini ... è del tutto appartata dal territorio e da ogni vostro affare...».

Prosegue dicendo che intende: «...con questa d’ammonirvi amorevolmente, che vi asteniate di molestrala. Quando no voglio che sappiate che la Commenda è stata conferita al Commendatore Caro da me… e che per esser stata di Papa Paolo, santa memoria, e de’ miei tanto tempo, quanto sapete, io la reputo mia più che mai».

Il lungo conflitto tra il Cardinale e la Comunità di Montefiascone si trascinò per ben sette anni e fu  solo nel 1565, in seguito alla lettera di sollecitazione di Annibal Caro, che le parti avverse sottoscrissero l’atto nel quale si affermava che le terre dovevano assegnarsi ai montefiasconesi.

Morto il Caro nel 1566, la Commenda tornò al cardinale Alessandro Farnese il quale “obtorto collo” fu costretto a rispettare  gli impegni assunti dal suo predecessore.   

In seguito, per evitare contrasti, a ogni nuovo Commendatore il Comune di Montefiascone  notificava i documenti dell’accordo del 1565 e, probabilmente, tutti i Commendatori che si avvicendarono alla Commenda li rispettarono se in una memoria del 1741 si dice che “tutti i singoli patti della capitolazione del 1565 hanno sortito il loro effetto…”

Nel 1798 la Commenda fu incamerata dal Governo Repubblicano e l’anno successivo fu venduta ai principi Doria Pamphili Landi che la mantennero sino alla prima metà del XIX secolo.

Un’ iscrizione, su ciò che   resta del portale della chiesa, ricorda i restauri effettuati dal principe Filippo Andrea Pamphili nel 1865: “ALEX. FAR. PREP. COMEN. PRO PR A IMPENSA RESTAURAVIT AS MDLXXV” e una sentenza del 1937 attesta che Don Alfonso Doria Pamphili riuscì ad ottenere la liberazione degli usi civici rivendicata dal comune di Montefiascone.

Una relazione storica sui pretesi diritti di uso civico di Montefiascone a cura di Fabiano Fagliari Zeni Buchicchio del 1989 ci fa comprendere la vastità della proprietà. Essa riporta: “…Attaccata alla villa risulta esservi una vigna di 18 opere cioè di circa 9000 piante di viti… le quali rendevano del vino buonissimo. Nella tenuta vi scaturivano diverse fonti e rivoli d’acqua più per uso del bestiame che buono a bersi…

Vi era una torraccia antica con una piazza antistante delimitata da sette o otto grotte scavate nel tufo queste servivano in parte per rimessa di animali…altre erano abitate dal lavoratori della Commenda… Il frutto maggiore della tenuta era il grano…

Nella parte più meridionale della tenuta, ai confini con Viterbo vi erano le fornaci per cuocere la calce le quali utilizzavano le pietre di travertino trasportate dal vicino territorio viterbese…”

Molte nobili famiglie si sono avvicendate nel possesso della Commenda, dagli Aldobrandini ai Rospigliosi agli Orsini e, come abbiamo visto, ai Farnese, ma dell’antico fasto oggi  è rimasto solo un ricordo.

Un Cabreo seicentesco conservato presso l’archivio del Sovrano Militare Ordine di Malta offre un’idea della sua magnificenza. Il cabreo datato 1625 è corredato da una dettagliata descrizione sia dei fabbricati compresi dentro il perimetro delle costruzione posta al centro della Commenda sia del territorio della tenuta stessa.

Dalla descrizione risulta  che l’insediamento, oltre alla chiesa, comprendeva quattro casamenti dei quali due addossati sulla parte nord e ovest della chiesa mentre gli altri erano collocati a sud e a est rispetto alla facciata. L’edificio posto a ovest porta la data dell’edificazione che risale al 1893.

Per gli altri è difficile stabilire una datazione precisa a causa dei  continui rimaneggiamenti subiti in epoche diverse.

Un’interessante immagine della Commenda è conservata nel Palazzo Reale di Caserta; si tratta di un acquarello realizzato, presumibilmente nel 1715, dal pittore olandese Gaspar van Wittel, uno dei più celebri vedutisti del XVIII secolo.

Oggi la Commenda, conosciuta come “antico borgo la Commenda”, è di proprietà dell’azienda agricola “Il Marrugio” che, grazie a onerosi lavori di restauro, ha recuperato l’edificio principale trasformandolo in uno splendido residence con ristorante.

Simona Fumagalli

Pianta de La Commenda