Me ha buttata in terra et io me sono alzata...”: una storia “incredibile” del XVII secolo

Micaela Merlino, archeologa, giornalista

Una donna, un uomo, e una presunta violenza nella Villa di San Giovanni del 1610. Ma è ancora un “mistero” come andarono veramente i fatti.

Villa San Giovanni in Tuscia, Via XX settembre nel 1910 circa (Archivio Mauro Galeotti)

La violenza contro le donne è un male antico, che ha trovato sempre terreno favorevole in alcuni stereotipi culturali, operanti in tutte le classi sociali, nei confronti di quello che per troppo lungo tempo è stato considerato il “sesso debole”. Stereotipi che diventarono nel tempo luoghi comuni, pesanti come macigni...

Negli ultimi decenni gli studi storici sulla condizione delle donne sono molto progrediti, si è rivolta l’attenzione a fonti documentarie di diverso tipo, dalle quali poter eventualmente attingere notizie per ricostruire il loro ruolo nel gruppo sociale di appartenenza, le loro funzioni all’interno della famiglia, il contributo lavorativo da esse apportato, ma anche  modi, tempi e significati dell’inferiorità giuridica e sociale che fu loro imposta.

Un tema interessante è anche quello, appunto, dei differenti tipi di violenza fisica, verbale e psicologica ai quali le donne furono esposte (ieri come oggi). Se poi volgiamo lo sguardo alla civiltà contadina del tempo passato, ci rendiamo conto che le donne vissero una condizione doppiamente disagiata: su di esse gravò, oltre al preconcetto dell’“inferiorità per natura”, anche una oggettiva condizione socio-economica di povertà che rendeva più dura la loro vita quotidiana.

Riguardo al rischio di violenza fisica, forse vi erano maggiormente esposte le donne che vivevano nei villaggi, perché poteva accadere che durante i lavori nei campi, o mentre andavano a raccogliere la legna, o ad approvvigionarsi d’acqua presso le fonti, si allontanassero dal paese e restassero sole. Era proprio in aperta campagna, lontano dagli sguardi vigili dei parenti, che esse potevano incontrare qualche malintenzionato, non solo briganti che s’erano dati alla macchia, ma a volte anche qualche loro stesso paesano.

C’è però da restare meravigliati leggendo un antico documento, che riporta un’incredibile vicenda accaduta nella campagna di San Giovanni.

Il 18 dicembre 1610 una donna di nome Teodora si presentò davanti a Fioravante Querci, Podestà della Villa di San Giovanni, per sporgere una denuncia: quello stesso giorno in località Rio di Sasso era stata vittima di violenza.

Così disse: “Essendome io hoggi partita dalla Villa di San Giovanni per andare a trovare mio figlio a casa di Gemma et così a circa mezza strada un certo Giovan Battista di Giovannello il quale stava guardando le pecore mi è venuto appresso et io accorgendomi di cui me li sonno voltata dicendoli che vertesse che non mi desse fastidio”.

Ma Giovanni Battista non sentì ragioni, e dopo averla strattonata e gettata a terra per due volte le usò violenza: “me ha alzato li panni”, dichiarò Teodora e il significato della frase è inequivocabile...

Un racconto che nel complesso sembrerebbe credibile: una donna adulta allontanatasi dal paese, incontrò casualmente lungo la strada un uomo, suo paesano, che approfittò di lei. Ma il dato incredibile della vicenda riguarda proprio Giovanni Battista, perché non era affatto un uomo adulto ma solo un ragazzino di dodici anni!

Il Podestà prese sul serio la denuncia, volle vederci chiaro e convocò il ragazzino, il quale negò sempre di aver usato violenza contro Teodora. Probabilmente anche il Podestà faceva fatica a credere alla versione della donna, tant’è che Giovanni Battista fu chiamato più volte, anche nei giorni seguenti, a fornire la sua versione dei fatti ma non cambiò mai la sua deposizione: “Io non li feci niente, io abbadai alli fatti miei et lei abbadò alli fatti suoi”.

Alla fine Fioravante credette a Giovanni Battista: non era possibile che un ragazzino avesse potuto strattonare, gettare a terra e fare del male a una donna molto più grande di lui. Il 23 dicembre emise una sentenza di assoluzione nei suoi confronti, e la denuncia di Teodora fu archiviata. Purtroppo non sapremo mai quale fu la verità, e chi dei due mentì: Teodora o Giovanni Battista?

Soprattutto resta una domanda: se appare incredibile che un dodicenne abbia potuto fare del male ad una donna anagraficamente più grande di lui, come spiegare la testimonianza rilasciata da Teodora davanti al Podestà? Se lei inventò tutto, perché lo fece? 

Si potrebbe ipotizzare che, come accadeva spesso nei paesi, la donna covasse rancore contro il ragazzino o piuttosto contro la famiglia di lui, ed essendogli capitata l’occasione per vendicarsi di qualche torto subito avrebbe inventato il misfatto. Al contrario, si dovrebbe ipotizzare che Teodora era solo una donna dalla fervida fantasia e così mal disposta nei confronti del prossimo, da non farsi scrupoli nell’inventare eventi loschi per coprire di infamia chi le capitava a bersaglio.

Tuttavia, per quanto inverosimile, non si può escludere del tutto che la testimonianza di Teodora fosse stata veritiera. Ciò getterebbe una luce molto inquietante sui pericoli ai quali erano esposte le donne, le quali potevano finire pure nelle grinfie di ragazzini svegli e senza scrupoli.

Da circa un quindicennio mi occupo di ricerche nell’ambito della storia delle donne, soprattutto relativamente alla civiltà contadina dell’Italia centrale, e a volte mi è capitato di leggere altri documenti d’Archivio nei quali donne giovani e meno giovani denunciavano di essere state importunate, aggredite e percosse non solo da ladri e balordi incontrati per strada, ma anche da parenti rancorosi, amanti respinti, seduttori incalliti, chierici corrotti che avevano perso il lume della ragione (e della fede).

Dover aggiungere alla lista anche ragazzini di dodici anni, non è facile da accettare. Tuttavia anche se la conflittualità tra maschi e femmine era molto diffusa pure in passato, se le relazioni potevano essere segnate dalla violenza ai danni delle donne, in realtà la vita quotidiana nella civiltà contadina era fondata sulla indispensabile collaborazione tra i sessi, sul rispetto e sulla fiducia reciproche, essendo i soprusi eventi tutto sommato eccezionali.