Quale miglior nido sicuro e protetto se non i fori nelle mura castellane?
A fine articolo 33 foto del fotografo Ezio Cardinali

Mauro Galeotti
e Ezio Cardinali

Qualche notizia sulle mura castellane di Viterbo tratte dallo Statuto di Viterbo del 1237, note riprese dal libro L'illustrissima Città di Viterbo edito nel 2002.

Lo Statuto di Viterbo del 1237 teneva in grande considerazione l’efficienza e la manutenzione delle mura della città, cercando di supplire al finanziamento dei lavori anche con entrate straordinarie, tanto che stabiliva alcune norme che appresso scrivo.

Ad esempio, se il podestà, i consoli o il camerario fossero stati scoperti a ricevere danaro per la stipula di contratti, sarebbero stati puniti con l’ammenda di cinquanta libbre di denari paparini, le quali sarebbero state impiegate per il restauro delle mura.

Era altresì proibito loro introdurre ostaggi in città; qualora lo avessero fatto, sarebbero stati puniti con il pagamento di cento marchi d’argento da utilizzare, anche questa volta, per la riparazione delle mura.

E non è finita. 

Le rendite che derivavano dai Castelli di Celleni, Florentini, Rione, Acute, Criptarum, Canepinae, dovevano servire per riattare le mura.

Se i giudici non rispettavano il termine di cinquanta giorni, per emettere le sentenze dal momento della denuncia, erano puniti con una multa di venticinque libbre di denari paparini, da destinare ai lavori per le mura.

Per aumentare la difesa della città, chiunque era autorizzato a scavare nelle carbonare, che consistevano in una specie di trincea, attorno alle mura.

Chi avesse impedito ciò era colpito da un’ammenda di sessanta soldi. In caso di omicidio premeditato, era prevista una ammenda di duecento libbre, che veniva divisa a metà tra il Comune ed i parenti dell’ucciso. 

Questi ultimi però, per avere la loro metà, dovevano riappacificarsi con l’omicida entro un anno. Se ciò non accadeva la somma a loro spettante veniva utilizzata per riparare le mura.

Se sbagliava ad applicare le norme, non la passava liscia neppure il podestà; infatti, se si fosse verificato ciò, gli venivano decurtate cento libbre, dal suo stipendio, da spendere per le mura.

Ciò a riprova dell’importanza che le mura stesse rivestivano in quei tempi, al fine di proteggere i cittadini da eventuali attacchi nemici.

Chi aveva l’obbligo di costruire i barbacani, ossia quegli appezzamenti di terreno esterni alle mura castellane, doveva essere convocato dal podestà o dai consoli, i quali determinavano le aree e le ampiezze su cui dovevano essere edificati.

Ma almeno dieci anni prima dello statuto, nel 1227, riferisce il cronista Niccolò della Tuccia, «furono fatti li barbacani intorno a Viterbo».

I proprietari dei terreni, presso la cinta muraria, erano obbligati a mantenere efficienti i merli ricostruendoli, qualora fossero risultati caduti. Leggo nella storia di Viterbo manoscritta di Domenico Bianchi: «Oltre le dette mura [di Viterbo] è anco cinta [la città] di antemurali, sopra li quali sono alcuni giardini, latinamente detti pomerii e dal volgo chiamati Barbacani i quali, secondo le croniche, furono cominciati a fare l’anno 1228».

Ma ecco 33 belle foto del fotografo Ezio Cardinali che ringrazio di cuore sia per la sua disponibilità che per l'amore vero che ha per Viterbo.

Per vedere le foto di Ezio Cardinali in Galleria clicca su una di esse