Viterbo STORIA
Mauro Galeotti

Ingresso del Teatro Margherita, in fondo il Teatro dell'Unione, anni '10 (Archivio Mauro Galeotti)

Il Teatro Margherita era stato costruito davanti all’attuale ingresso del Palazzo Santoro, in Piazza Verdi a Viterbo, in buona parte in legno e con la copertura del tetto in bandoni; era di proprietà di Mario, Ferdinando ed Alessandro Moscatelli.

Al suo interno operava anche il cinematografo che si chiamava Margherita perché era stato decorato con fiori di margherita, sia in pittura che in legno, in piacevole stile Liberty.

L’Urcionio, periodico viterbese, in data 26 Agosto 1911, pubblica la pubblicità del cinematografo:

«Al Cinematografo Margherita. Per le prossime feste di S. Rosa, grandi ed attraentissimi programmi cinematografici delle migliori case italiane ed estere. Il Teatro Margherita poi sede del Cinematografo è il più elegante e signorile ritrovo della città fornito di ventilatori e di ogni comodità reclamata dalle moderne esigenze.  Ogni giorno festivo grandi ed attraenti programmi. Musica nell’interno e nella sala d’aspetto».

Il 3 Marzo 1924, dalle colonne del periodico La Rocca, fu proposto da Domenico Sansoni di demolirlo per mettere in maggior luce il Palazzo Santoro e togliere lo spigolo di Casa Leandri, sul Largo santa Rosa Dipinta.

Poi sabato 7 Agosto 1925 tra le ore 14 e le 15, un tremendo incendio lo divorò e lo distrusse a tal punto che non fu più ricostruito. Quel pomeriggio era stata programmata la visione del film L’età d’amare con Rodolfo Valentino.

Leggo sul periodico La Rocca dell’11 Agosto 1925:

«I pompieri sono stati subito avvisati telefonicamente e da un volenteroso cittadino portatosi in bicicletta rapidamente alla Caserma dei Pompieri in Piazza del Comune. I bravi vigili del fuoco prontamente radunatisi, e fornitesi di pompe, secchie, scale e di tutto insomma il troppo poco materiale a loro disposizione sono accorsi in Piazza Verdi, dove sorge il Teatro Margherita. Ma i militi non hanno potuto salvare nè il fabbricato, intieramente costruito in legno e ricoperto all’interno di tela, nè il materiale: la macchina di proiezione, le poltrone e, non ci sarebbe bisogno di dirlo, la pellicola».

In quel periodo il teatro era gestito da Amedeo Prosperi che aveva rilevato la gestione del teatro dopo qualche anno di gestione da parte di imprenditori forestieri.

Per la demolizione del fabbricato di proprietà di Antonio Sarzana e di Mario, Ferdinando e Alessandro Moscatelli, compresi «i resti del Teatro Margherita», fu incaricato l’imprenditore Giuseppe Soldati il quale, il 4 Giugno 1926, per tale opera aveva offerto al Comune la somma di lire 6.050.

La Gazzetta di Viterbo del 5 Settembre 1965, quindicinale locale, riporta un articolo sul teatro.

«Il teatro consisteva in dieci o dodici pilastri di mattoni alti all’incirca sei metri, destinati a sostenere grandi capriate di legno. La copertura era di lamiera ondulata. Tutto quel legno decorato con enormi margherite in stile Liberty, era in opera da almeno quaranta anni. Bastava un cerino... Si seppe poi che il cerino era stato aiutato con qualche latta di benzina. Nel giro di un’ora o poco più, le lamiere del tetto crollavano sulle ceneri del pavimento e delle poltroncine.

Spariva così, da un momento all’altro il Teatro Margherita, testimone dell’amore dei viterbesi per il teatro nel primo quarto di questo secolo. Sul suo modesto palcoscenico erano passati attori di qualche rinomanza: Carlo Micheluzzi, Gastone Monaldi, Leo Garavaglia e l’ultimo dei grandi epigoni di Antonio Petito nella maschera di Pulcinella, il bravo e dimenticato Nicola Capece che Anton Giulio Bragaglia presentò agli “Indipendenti” quale unico superstite della grande tradizione dei “recitanti all’improvviso”».

Il teatro, tra platea e galleria, ospitava fino a mille spettatori che potevano assistere a spettacoli di prosa, di operetta e di varietà.

 

 

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