Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

Julian (Giuliana) di Norwich visse molti anni in reclusione volontaria in un romitorio, ma la tradizione racconta che la sua solitudine fu allietata dalla presenza di un gatto.

Anche i gatti hanno la loro Santa protettrice. Si tratta di Julian nata nel 1342 nella città inglese di Norwichn e morta nel 1416 (proclamata Santa dalla Chiesa Anglicana e Beata da quella Cattolica), la quale secondo la tradizione visse molti anni da reclusa in compagnia di un gatto. Poche notizie certe si conoscono della sua vita, si ignora persino il suo nome, forse si chiamava Katherine. Probabilmente apparteneva ad una famiglia piuttosto agiata, da giovane era molto legata alla madre ed era una fervente cristiana.

Santa Julian nella Cattedrale della città inglese di Norwichn

E’ certo, però, perché lei stessa lo ha raccontato nel commentario “Rivelazioni dell’amore divino”, che la sua vita mutò radicalmente a causa di una gravissima malattia che la colse l’8 o il 13 maggio 1373 all’età di trentuno anni. Malattia che lei stessa aveva chiesto in dono a Dio per essere purificata, e che per tre giorni la condusse ad un passo dalla morte. Dandola ormai per spacciata, la famiglia chiamò il sacerdote per impartirle l’Unzione degli infermi.

Costui recatosi subito al suo capezzale le mostrò un Crocifisso, esortandola a trarne conforto. Ma fissando intensamente l’immagine di Cristo ella ebbe delle visioni, che continuarono anche nei giorni seguenti (in tutto furono sedici), e che riguardarono la Passione di Cristo, le cui sofferenze provò sul suo corpo. Poi miracolosamente guarì, ma ormai sentiva di dover rispondere in modo più esclusivo alla chiamata di Dio. Allora, probabilmente, entrò nel convento benedettino di S. Maria e di S. Giovanni di Carrow, a poca distanza da Norwich, dove rimase qualche anno.

Resasi conto, però, che la sua vera vocazione era ben più radicale di quella della vita religiosa in convento, scelse di rinchiudersi nel romitorio attiguo alla chiesa di San Julian, per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione solo in compagnia di Dio.

Il romitorio

Il romitorio constava di due stanzette, di cui una si apriva su un orto-giardino nel quale la reclusa poteva recarsi per stare un poco all’aria aperta e per lavorare il terreno, e c’erano in tutto tre finestre. La prima metteva in comunicazione il romitorio con la vicina chiesa per permettere alla reclusa di partecipare alla Messa e di comunicarsi, la seconda si apriva all’esterno facendo in modo che la donna potesse ricevere occasionalmente visite di persone che a lei si rivolgevano per consigli spirituali, mentre attraverso la terza alcune domestiche le facevano pervenire il cibo e la legna per scaldarsi.

Quale preludio della sua nuova vita lontano dagli impegni e dagli affanni del mondo, Katherine decise di abbandonare il suo nome e di assumere quello del Santo della vicina chiesa, Julian. La scelta che fece questa donna ormai vicina alla mezza età non era certo isolata, perché nel Medioevo furono piuttosto diffuse le vocazioni di reclusione volontaria, soprattutto tra le donne.

Già il monaco anglosassone Aelredo (1110-1167), Abate dell’Abbazia cistercense di Rielvaux dal 1147, aveva scritto una “Regola per le recluse” indirizzata alla sorella che intendeva votarsi all’isolamento volontario. L’entrata dell’aspirante reclusa all’interno del romitorio era solennemente celebrata attraverso un rito piuttosto lugubre, perché esaltava anche con inni funebri la morte al mondo della persona; però la cerimonia costituiva anche l’inizio di una nuova vita devotamente appartata, di cui il baricentro diventava solo Dio.

In molti casi la porta veniva addirittura murata, in altri serrata a chiave, onde impedire alla reclusa di assecondare un eventuale e improvviso desiderio di uscire dal romitorio, che avrebbe potuto provare in qualche momento di debolezza spirituale. Tuttavia ciò che sembra aver distinto la reclusione di Julian sarebbe stata, secondo la tradizione, la presenza di un gatto che le avrebbe fatto compagnia nelle giornate dedicate alla preghiera, alla meditazione e a qualche lavoretto manuale. Considerato che la porta del suo romitorio era stata murata, in che modo l’animale riuscì ad entrare?

Si racconta che l’ingegnoso gatto non entrò attraverso la finestra che dava all’esterno, bensì da una fessura lasciata nella muratura da chi aveva sigillato la porta. Certamente fu facile all’agile felino intrufolarsi nelle stanzette di Julian, spinto dalla curiosità. Con una grande sensibilità tipica dei Santi, Julian non scacciò in malo modo l’animale, ma fu felice di ospitarlo nella solitudine del suo romitorio. Tuttavia, a differenza della reclusa, il gatto poteva entrare e uscire a suo piacimento: entrava per fare compagnia a quella donna che era diventata sua amica, usciva quando il suo innato bisogno di indipendenza lo spingeva a girovagare.

La leggenda non specifica se era un gatto o una gatta, né è stato tramandato il suo nome, però nelle icone moderne la Santa è spesso raffigurata in compagnia di questo straordinario animale. Particolare da non trascurare è la presenza del giardino nel romitorio.

Mi piace immaginare che il gatto abbia seguito più volte Julian anche all’aperto, quando andava a rinfrancarsi un po’ o a lavorare l’orticello. Forse si esibiva in acrobazie saltando tra i rami degli alberi, atterrando poi agilmente su muretti di pietra e nascondendosi veloce sotto le siepi, strappando qualche sorriso alla Santa.

Ormai stanco, con disinvoltura si accoccolava sulle ginocchia di Julian seduta nel mezzo del giardino, a contemplare la splendido rigoglio di piante e fiori in primavera, e sprofondava in sonni beati. Questo immaginario quadretto idilliaco di pace e serenità, ben si armonizza con la Teologia dell’Ottimismo della Santa.

Infatti lungi dal sentirsi oppressa dalla reclusione, fu proprio grazie ai molti anni trascorsi in solitudine che maturò in lei una maggiore consapevolezza spirituale. Di particolare importanza fu per lei l’aver compreso, quindici anni dopo dal loro verificarsi e per ispirazione divina, il profondo significato delle sue visioni: Dio è Amore, tutto dall’Amore divino deriva, è permeato e custodito, tutto dunque è immensa gioia.

Anche il Male sarà infine da Dio trasformato in Bene, tanto che la Santa nelle sue “Rivelazioni” scrisse la frase divenuta famosa “All will be well” (“E tutto sarà bene”). In questo Bene sembra che la tradizione abbia voluto comprendere anche una speciale sensibilità, che l’essere umano dovrebbe dimostrare nei confronti degli animali, seguendo l’esempio di Julian.