Tuscania STORIA
Mauro Loreti


Dipinto di Enio Staccini 

Tra il 1200 ed il 1300, oltre ai Francescani ed agli Agostiniani, Toscanella vide fiorire anche un grande domenicano: Aldobrandino, il quale scelse di seguire Domenico di Guzmàn, fondatore dell’Ordine dei Predicatori che istruivano il popolo nella fede e nei sani costumi, dopo aver studiato profondamente.

Andavano vestiti di tunica e scapolare con cappuccio bianchi e cappa nera.

I domenicani come i francescani fondarono la loro religiosità nella fiducia incrollabile nella bontà della creazione, per cui ogni dono di Dio è buono. Tommaso d’Aquino, uno dei più grandi domenicani, approfondì ancor più la filosofia e la teologia dell’Ordine e dimorò anche a Viterbo, dove c’era un centro molto importante di studi di filosofia naturale e di teologia.

Il tuscanese Aldobrandino entrò nell’Ordine nella provincia romana e negli ultimi anni del 1200 fu lettore, cioè docente incaricato di leggere ed interpretare gli autori nelle scuole e nelle università e un grande professore. 

Insegnò nel 1287 a Pisa, nel 1288-1289 a Pistoia, nel 1291-1292 a Siena e nel 1292-1293 a Viterbo. Visse fino al 1314. Fu anche uno dei più importanti diffusori del tomismo: le teorie di San Tommaso relative all’accordo duraturo tra fede e ragione per ricostruire l’unità del sapere.

La filosofia prepara razionalmente il terreno sul quale si deve fondare la ricerca della teologia. San Tommaso fece rivivere l’antico pensiero filosofico nello spirito nuovo del Cristianesimo. Aldobrandino, che era stato allievo di San Tommaso nella permanenza a Viterbo dell’aquinate, fu un omileta, cioè compose discorsi sacri, omelie ed istruzioni catechistiche come i sermonari o trattati: De Sanctis, De tempore, Scala fidei, Decalogi, Expositio orationis dominicae, De paenitentia, De peccatis, De domo spirituali che inizia con “domus mea domus orationis vocabitur” tratto dal versetto 13 del ventunesimo capitolo del Vangelo di Matteo, la stessa frase che leggiamo in alto sopra l’altare principale nella Concattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore a Tuscania.

Aldobrandino seguì la vocazione nell’Ordine domenicano e, essendo di Toscanella, era vissuto nel ricordo del magistero e della missione di San Francesco.

Nella sua opera “Summa exemplorum” espose che San Francesco era simile a Cristo nel desiderio della povertà, della benevolenza e della virtù, per il decoro della rettitudine, per l’abbondanza della pienezza, per l’eccellenza della profondità; San Francesco fu conformato dal segno divino, rinvigorito dal divino aiuto, elevato con il divino mezzo; come Cristo si mostrò vicino ad una fonte d’acqua viva, mutò l’acqua in vino, benedì e donò il pane, riportò al verde un ciliegio secco che produsse frutti, liberò le pecore e i buoi dalla malattia, predicò agli uccelli, guarì le persone da varie infermità, salvò persone annegate nel mare, nei laghi e nei fiumi, resuscitò donne e uomini defunti, tormentò e sconfisse in molte maniere i demoni come è chiaro in molti miracoli.

La sua carne, per essere consumata dai molti digiuni e dalle afflizioni, nella morte rifulse con molto splendore. Aldobrandino fu un dotto predicatore ed approfondì le opere del classici greci Platone ed Aristotele, del filosofo romano Severino Boezio e del teologo e filosofo cattolico Ugo da San Vittore, commentato da San Bonaventura da Bagnoregio.