Viterbo STORIA
Mauro Galeotti
Alla fine dell'articolo è la descrizione completa del Museo Bonifacio Falcioni da parte di Ferdinando Egidi

                            Il Museo Bonifacio Falcioni nei Musei Vaticani a Roma 

Era il 3 Settembre 1967 quando fui invitato dalla mia amica Rita Dini, figlia di Mario, giornalista, a casa sua, ad assistere da un balcone su Via Cavour, al passaggio della Macchina di santa Rosa, "Volo d'angeli", del costruttore Giuseppe Zucchi, anno in cui si fermò a venti metri da me. Ma non mi sfuggì l'ambiente in cui ero stato accolto, un fantastico Museo, quello della famiglia Falcioni.

L'ingresso è su Via Romanelli, già detta Vicolo di Piazza Padella, almeno agli inizi dell’800, si presenta con una targa invetriata portata alla luce nel 1998 che riferisce tale indicazione. Il Palazzo Falcioni è ad angolo, era già della famiglia Petti.

Ferdinando Egidi, nella sua guida di Viterbo del 1889, descrive il Museo Falcioni conservato nel palazzo omonimo, in Via Romanelli n° 1.

«Il Sig. Bonifacio Falcioni viterbese ha raccolto nella sua casa in Via Cavour una importante collezione di oggetti antichi e medioevali che possono interessare il visitatore. Mancando il museo di un regolare catalogo, daremo un cenno degli oggetti più interessanti».

Elenca vari reperti come terrecotte etrusche provenienti da: Vulci, Poggio san Quirico, Valle Salcina, Vitorchiano, Montefiascone, Musarna, Ferento.

Non mancano gli ori etruschi; due borchie in filigrana, trovate a Bomarzo; un braccialetto e un serto muliebre; due portaricci recuperati a Corchiano ed orecchini provenienti da Montefiascone.

Molti i bronzi etruschi costituiti da «un rimarchevole numero di specchi graffiti», molte le pietre etrusche e romane, le ambre, i vetri, gli smalti, gli avori. Ed ancora «molti frammenti decorati col famoso rubino di Mastro Giorgio: singolare un disco forato che doveva servire pel gioco di una specie di rollina, con numeri, e figure. Lavori in vetro delle antiche fabbriche di Murano.

Una campana arcaica dal comm. [Giovanni Battista] De Rossi attribuita al sec. VIII d. C.». 

Vi erano anche vari sigilli pubblici e privati «fra essi notevole quello di Petrignano raffigurante lo stesso castello; quello di Vitorchiano con la leggenda Sum Vitorclanum clarum membrumque romanum; quello di Acquapendente rappresentante un leone rampante circondato da otto gigli e sormontato dalle chiavi decussate. 

Assortimento di stromenti ed armi medioevali, fra cui alcune tedesche appartenenti agli imperiali del Barbarossa o di Federico II, rinvenute presso la Città».

Il museo conservava anche varie pitture come quella su tela attribuita a Giovan Francesco Romanelli raffigurante alcuni putti, una Madonna di Carlo Dolci (1616 - 1686), un san Francesco del secolo XV, copia dell’affresco di Lorenzo di Giacomo alla Verità e addirittura una «stupenda Madonna in bronzo attribuita a Leonardo da Vinci».

Innumerevoli gli oggetti vari «un orologio del romano Amorotti (1600); un cofano per toeletta appartenuto alla celebre Donna Olimpia Pamphyli decorato ai lati delle sue iniziali; due istromenti o squadre geometriche l’una del Mirandolano (1685), l’altra del Semensio (1616)».

Importante, ricorda ancora Ferdinando Egidi, era anche la collezione delle monete «poichè dall’aes non signatum (Grotte S. Stefano) il cui frammento massimo pesa K. 2,300, all’aes grave e poi man mano alle monete greche, italiche, romane (imperiali, consolari, e famigliari ) si discende con numerosi esemplari alle medieovali (fra cui varie di conio viterbese) ed alle pontificie.  Nella collezione si conservano altresì varie medaglie commemorative».

Nel 1898 sempre l’Egidi, in una ristampa della guida di cui sopra, che stranamente riporta modificata la sola data della copertina, lasciando invariata quella del frontespizio (1889), riferisce proprio a pagina due della copertina: «La descrizione a pag. 60 [del Museo Falcioni] non corrisponde più attualmente allo stato del Museo, poiché gran parte degli oggetti che già vi si conservavano (terrecotte, bronzi, ori, etruschi, greci e romani) trovansi ora in Roma al Museo Gregoriano, nella nuova sala detta di Leone XIII. Sono rimasti in Viterbo i mobili artistici, ceramiche ecc. medioevali».

Il Museo Falcioni, come visto era di notevole interesse e fu ceduto in gran parte, oltre che al Vaticano, anche ai maggiori musei italiani, come Villa Giulia a Roma e quello di Firenze.

Nel 1912 per la costituzione del Museo Civico di Viterbo, fecero parte varie collezioni di antichi oggetti proprietà dell'archeologo Luigi Rossi Danielli, di Pio Capponi, di Vincenzo Falcioni e di Anselmo Anselmi, tutti trasferiti nella Chiesa di Santa Maria della Verità.

E' stato edito anche un libro sulla Collezione Falcioni

La collezione Bonifacio Falcioni (2 voll.)

A cura di Francesco Buranelli
Luigi M. Caliò
Museo Gregoriano Etrusco. Cataloghi, 6
Musei Vaticani (alla data della pubblicazione denominati MONUMENTI, MUSEI E GALLERIE PONTIFICIE)
Città del Vaticano 2000

«…il Museo Falcioni comprendeva non solo reperti archeologici di vario genere e valore, ma anche oggetti e tele rinascimentali e moderne che si distinguono per il loro particolare pregio artistico e che fanno considerare la raccolta […] una vera e propria collezione d’arte».
Luigi M. Caliò


Pregiato catalogo in due volumi, esclusivamente in lingua italiana, dedicato alla collezione Bonifacio Falcioni, che si formò verso la metà del XIX secolo con oggetti di provenienza viterbese, attualmente collocata all’interno del Museo Gregoriano Etrusco.

La collezione si compone di reperti che spaziano dalla Protostoria all’Alto Medioevo, comprendendo anche una ragguardevole sezione ellenistico-romana.
Il primo volume, arricchito da un significativo apparato fotografico, espone i reperti ripartendoli per contesti di ritrovamento e metalli e materiali vari, sezione quest’ultima che comprende oggetti ornamentali, bronzetti figurati, armi e strumenti di vario uso e genere (specchi, monete, chiavi ecc.).

Il secondo volume, anch’esso valorizzato da numerose illustrazioni, presenta i reperti dividendoli per ceramica (greca, etrusca, apula, tardo classica ellenistica e romana), terracotta e infine materiali litici, vetri, avori e ossi. 

In entrambi i volumi ogni singolo manufatto viene classificato e analizzato attraverso un’accurata scheda che propone informazioni storiche e tecniche, descrizioni della struttura, confronti con esemplari della stessa tipologia e ipotesi di ricostruzione. 

In chiusura al catalogo una corposa appendice documentaria relativa alla cessione della collezione ai Musei Vaticani.

Codice prodotto: D623
Rilegatura: brossura
Lingua: Italiano
ISBN: 978-88-8271-152-8
Numero di pagine: 381 + 450 (831)
Formato: 215 x 240 x 60 mm
Illustrazioni: 765 b/n + 509 b/n (1274 b/n)

In copertina: 

I volume: Orecchino a disco, seconda metà - fine VI secolo a.C.;
II volume: Piatto “pontico” su piede, IV secolo a.C., Museo Gregoriano Etrusco, Musei Vaticani, Città del Vaticano.

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Descrizione completa del Museo Bonifacio Falcioni da parte di Ferdinando Egidi

80. Museo Falcioni (H. V). Il Sig. Bonifacio Falcioni viterbese ha raccolto nella sua casa in Via Cavour una importante collezione di oggetti antichi e medioevali che possono interessare il visitatore. - Mancando il museo di un regolare catalogo, daremo un cenno degli oggetti più interessanti.

Terre-cotte etrusche. Onocoe di ceramica sottilissima, con figure rosse su fondo nero rappresentanti tre giovani ignudi che giuocano agli astragali (proveniente dagli scavi di Vulci). - Due rython raffiguranti due etiopi lavorati finamente a stecco, di colorito lucidissimo (Bagnaia). - Altro rython di lavoro greco, rappresentante una testa di Cerere, con la base e le labbra tinte a vernice cotta e il resto a guazzo (Vulci). - Kyatis arcaica, ansata, di terra grossolana (Poggio S. Quirico). - Altro vaso a due anse, arcaico, in terra nera appartenente alla categoria dei vasi laziali ritrovati nel luco arvale (Valle Salcina) e descritti dal Comm. De Rossi. - Vasi di terra mal cotta, neri, a disegni geometrici a stecco (Vitorchiano). - Elegantissima e piccola Kyatis di buccaro sottile con figure ed animali graffiti (sec. VII a. C.). - Varie forme in terra cotta Egizia (Montefiascone). - Vaso aretino modellato a mano a sgonfi. - Collezione di impronte di piedi con iscrizioni aretine. - La maggior parte dei fittili appartenenti alla collezione Falcioni provengono dai dintorni di Viterbo, Montefìascone, Bolsena, Toscanella, Bieda, Cornossa, Faleria, Agro Cibellario, Vulci, Bomarzo, Ferento, Musarna, Surrena, Vitorchiano ec. ec.

Ori etruschi. Importantissimi: due borchie in filigrana di lavoro finissimo (Bomarzo): - un braccialetto, un serto muliebre, due portaricci decorati, trovati entro una tomba (Corchiano): - un serto funereo d'alloro, le cui due ultime rosette son costituite da due pavoni che con la coda formano un flabello, e il mezzo da una gorgone (Bolsena): - orecchini con piccola ampolla di fattura elegantissima (Montefiascone): - finimento con pendenti atti a custodire aromi, e un orecchino con faccia di etiope in ambra ed i ricci in oro (Viterbo).

Bronzi etruschi. Un rimarchevole numero di specchi graffiti, fra i quali è particolare quello raffigurante il figlio che si licenzia dal padre per andare alla guerra, e l'altro con la figura di Mercurio che va ad onorare in un tempio una sacerdotessa: particolarissimo poi uno specchio placcato in argento, con tre figure in basso-rilievo esprimenti Giove, Mercurio e Diomede, con relativa iscrizione etrusca (presso Chia). - Statuetta a braccia articolate, rappresentante Diana giovane, seguita da una piccola Nebride ad unghia di cerva, rinvenuta in fondo a una fonte votiva (Montefiascone). - Thymiaterion o candelabro, la cui base è formata da tre gambe umane coi piedi calzati di sandali, e l'asta da un giovine aruspice che tiene un uccello, di arte squisita (Viterbo). - Thufelta, statuetta rappresentante la madre delle divinità etrusche (Onano). - Infine una collezione numerosa di anelli, fibule, armille, (su cui spesso si veggono smalti gallici), lancie, vasi sacri, idoli, animali, un rasoio, chiavi, serrature, un morso da cavallo, strigili, capedini sacre, ec.

Pietre etrusche e romane. Scarabeo scritto di vaghissimo colore. - Altro Scarabeo inciso rappresentante una biga tirata da animali diversi. - Onice rappresentante una faccia di persona consolare. - Corniola orientale rappresentante Ercole che assale l'Idra. - Breccia rappresentante un amore alato seduto sopra un delfino e portante un tridente cui è infilato un granchio. - Corniola rappresentante Ulisse riconosciuto dal cane. - Calcedonia gialla rappresentante una faccia barbuta. - Pasta vitrea rappresentante Alessandro il Macedone a cavallo, visto in iscorcio dalla parte posteriore. - Altri scarabei, corniole, ec.

Ambre, vetri, smalti, avorî. Fusacchiole, scarabei, pallottole di ambra, campioni di vetri etruschi e romani. - Due tibie di bove, incise e colorate (Corneto). - Fra gli smalti sono da ricordare quelli a più colori, di forma alabastron, e cinque pallottole (Bomarzo) provenienti dalle officine di Tyro e Sydone, per le quali il Sig. Walther Fol fondatore del museo di Ginevra venne appositamente in Viterbo, dichiarandole campione superiore d'assai a quello del museo suddetto.

Cippi fuinerari etruschi. Fra i vari campioni sono importantissime le varie statue sepolcrali in terra cotta con iscrizioni etrusche e romane, appartenenti alla gens Rubria e rinvenute in un medesimo scavo (Toscanella).

Oggetti medioevali. - Una interessante collezione di ceramiche fra cui piatti e mattonelle dell'Abbruzzo, piatti raffaelleschi, piatti gentilizi di famiglie viterbesi, murrine e terraglie di fabbriche locali, acquasantiere, immagini, coppe, vasi per farmacia ec.: tutte le più rinomate fabbriche italiane sono rappresentate: molti frammenti decorati col famoso rubino di Mastro Giorgio: singolare un disco forato che doveva servire pel giuoco di una specie di rollina, con numeri, e figure. - Lavori in vetro delle antiche fabbriche di Murano. - Una campana arcaica dal comm. De Rossi attribuita al sec. VIII D. C. - Vari sigilli, publici e privati: fra essi notevole quello di Petrignano raffigurante lo stesso castello; quello di Vitorchiano con la leggenda SUM VITORCLANVM CLARVM MEMBRVMQVE ROMANVM; quello di Acquapendente rappresentante un leone rampante circondato da otto gigli e sormontato dalle chiavi decuscate. - Assortimento di stromenti ed armi medioevali, fra cui alcune tedesche appartenenti agli imperiali del Barbarossa o di Federico II rinvenute presso la Città.

Pitture e oggetti d'arte. - Tela ad olio rappresentante alcuni putti attribuita a Francesco Romanelli viterbese. - Una madonnina del Dolci. - Tavole greche. - Un S. Francesco del 1400 e due ritratti, di piccole proporzioni, dipinti su rame. - Due fiamminghi in tela. - Copia dell'affresco di Lorenzo di Giacomo alla Verità, e del gradino a S. Marco, del tedesco, vivente, Haicler. - Crocifisso in bossolo di commoventissima espressione del Brustolone. - Stupenda madonna in bronzo attribuita a Leonardo da Vinci.

Oggetti varî. Mobili medioevali, e moderni: elegante scrigno a intaglio del 1500; un orologio del romano Amorotti (1600); un cofano per toeletta appartenuto alla celebre Donna Olimpia Pamphyli decorato ai lati delle sue iniziali; due istromenti o squadre geometriche l'una del Mirandolino (1685), l'altra del Semensio (1616); ec. ec.

Monete. La collezione delle monete è importantissima, poichè dall'aes non signatun (Grotte S. Stefano) il cui frammento massimo pesa K. 2 300, all'aes grave e poi man mano alle monete greche, italiche, romane (imperiali, consolari, e famigliari) si discende con numerosi esemplari alle medioevali (fra cui varie di conio viterbese) ed alle pontificie. Nella collezione si conservano altresì varie medaglie commemorative.

 

 

 

 

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