Viterbo STORIA
Alessandro Finzi 

 

                               Una raffigurazione di santa Rosa, insolita per didascalie e iconografia

 Un appassionato collezionista viterbese mi ha recentemente proposto l’immagine di un quadro che raffigura santa Rosa.

Il quadro è stato comprato nel 2016 da un antiquario torinese e portava l’indicazione: "Opera di anonimo del XVII Sec. Titolo dell'Opera  "Santa Rosa da Viterbo". Olio su tela 142 x 104".

La stessa era accompagnata dal seguente commento. "…acquistata da antiquario in Trento. L'opera è stata restaurata agli inizi del 900.

Della stessa epoca la cornice ('900}...."La didascalia era traslitterata come: “St Rosa d ViterbHeldindesGlaubens”; in realtà andrebbe letta come: “Hl Rosa v ViterbHeldindesGlaubens” dove ‘Hl’ sta per ‘Heilige’ e ‘v’ sta per ‘von’ e cioè:“Santa Rosa di Viterbo eroina della fede”.

Apriamo adesso una parentesi: nella traduzione dal francese, edita per la prima volta a Prato nel 1800 dall’Abate Nicola Negrelli e successivamente a Vienna, in italiano, nel 1838, della “Storia di santa Elisabetta d’Ungheria del Conte di Mantalembert, pari di Francia, dopo pagine e pagine dedicate alle numerosissime sante francescane di sangue nobile e anche reale, si conclude brevemente con: “non fia che dimentichiamo quelle uscite dall’ultima classe del popolo, come santa Margherita da Cortona, che di cortigiana divenne modello delle penitenti e soprattutto santa Rosa da Viterbo, illustre e poetica eroina della fede, che di dieci anni appena, nel momento che il Papa fuggitivo non avea più in Italia neanche un palmo di terra che fosse sua, venne in sulla pubblica piazza della sua paterna città per predicarvi i diritti della Santa Sede contro l’autorità imperiale”.

Ecco trovata una delle probabilmente molteplici testimonianza di quell’attributo di “eroina della fede” che si ritenuto così importante da riportarlo addirittura nella didascalia.

Santa Margherita da Cortona

Ma dal passo riportato proviene anche un suggerimento a comparare l’immagine delle due sante.

Il dipinto che raffigura santa Margherita è opera di Vincenzo Angelo Orelli, pittore di scuola lombarda e si trova nella Chiesa di San Lorenzo a Zogno in Provincia di Bergamo.Osservandola ci spieghiamo subito la probabile origina dei quel velo così diverso da quello tradizionale di santa Rosa. Il velo di santa Margherita è infatti un semplice fazzoletto portato sciolto sul capo come è più probabile che fosse alle origini, prima di formalizzarsi nella forma più elaborata che conosciamo per santa Rosa.

Ma vediamo intanto di analizzare meglio l’immagine di santa Rosa.

Questa si trova in un interno definito a destra da una porta chiusa e a sinistra da una finestra in cui appare un cielo con nubi, di una colorazione tendente al blu poco intenso. Dalla sinistra sporge verso il centro un tavolo ricoperto da un panno verde scuro che forma una piega sulla destra.

Questa, assumendo una forma a testa di freccia, respinge lo sguardo in alto verso il volto della Santa. Sul tavolo posa un cestino di rose fra cui una bianca che potrebbe anche avere significato simbolico.

Le rose nel cestino si ritrovano anche in altre raffigurazioni, per quanto non frequenti, di santa Rosa. D’altra parte i cestini sono stati per secoli il mezzo per trasportare piccoli oggetti come il pane, per cui il suo utilizzo, per quanto non tradizionale, ha il vantaggio della verosimiglianza.

La Santa solleva la sinistra verso il cuore con gesto delicato, mentre la destra posa sul cestino e, pur senza trattenerlo, regge un giglio bianco. Con l’incarnato candido e le guance rosee il volto sembra di porcellana. Le pupille nell’immagine, appaiono scure ancorché il proprietario le indichi come celesti. L’abito è formata da una inconsueta ampia mantella marrone dalla cui fermatura al collo fuoriesce liberamente il soffice velo bianco che copre con leggerezza la testa.

La veste, pure di panno marrone, è cinto in vita dalla corda dei francescani che tuttavia è insolitamente sottile e non porta i caratteristici tre nodi simbolo dei voti dell’ordine. Dal cordone pende anche un rosario. L’atteggiamento della Santa è di estasi, con gli occhi rivolti in alto verso la visone che appare dalla sinistra del quadro dove, con felice invenzione, lo spazio chiuso si apre alla visione celeste. Appaiono due cherubini che annunciano una luce in cui si manifesteranno le apparizioni descritte nelle antiche biografie della Santa.

Notiamo che invece è insolito il rosario, comune nelle rappresentazioni di santa Margherita, mentre il giglio appare come una invenzione del pittore che evidentemente vuol fare riferimento alla purezza di Rosa. Per Margherita il giglio non avrebbe senso data la sua iniziale vita dissoluta.

Il quadro che abbiamo illustrato è anche un importante documento storico che ci riporta all’estremo limite nord delle aree di lingua tedesca (Austria e alto Adige) ancora cattolica. Più oltre, salvo fenomeni antichi, lo avrebbe proibito la barriera luterana con il recupero del divieto del culto delle immagini. È un’immagine di confine.

È ovvio che il committente aveva richiesto una raffigurazione di Santa Rosa da Viterbo e il pittore, non conoscendone la tradizionale iconografia, un po’ ha legittimamente inventato e un po’ si è aiutato con santa Margherita da Cortona.

Il dipinto, restaurato e ripulito, è ora perfettamente fruibile. Chi sia interessato all’interessante pittura potrà ammirarla da 2 al 4 settembre, esposta presso il Monastero.

 

 

 

 

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