Cellere RACCONTO POPOLARE 
Mario Olimpieri

                           Cellere ai tempi di Umbertino, anni '50

Buongiorno Mauro, oggi ti invio il racconto descrittivo di un particolare personaggio della mia infanzia. Ogni tanto veniva a Cellere da Ischia di Castro e… leggere per sapere.

Buona domenica a te e ai lettori. Mario

Umbertino 

Voglio illustrarvi questo semplice e schietto personaggio che ha ravvivato alcuni momenti della mia infanzia.

Siamo negli anni Cinquanta, un periodo in cui la vita del paese scorreva con semplicità, con armonia e senza la frenesia che oggi ci attanaglia e ci rende la vita complicata, nervosa e agitata.

Ho parlato di alcuni momenti della mia infanzia e non di continuità perché Umbertino si vedeva raramente, e ciò lo si spiega con il fatto che non era cellerese.

Egli abitava in un paese limitrofo, era di Ischia di Castro, che dista da Cellere cinque o sei chilometri.

Era piuttosto povero, e periodicamente, ma dopo lunghi archi di tempo, partiva dal suo paese con il postale (così era chiamato in quell’epoca il pullman) e si recava a Cellere per chiedere un po’ di elemosina.

“Partiva molto presto lui da Ischia,

dove si mangia, si beve e si fischia,

e a Cellere veniva in verità

per chieder sempre un po’ di carità”. (elemosina)

Appena veniva avvistato, i bambini gridavano entusiasti e a viva voce: “È arrivato Umbertino, è arrivato Umbertino!”.

Ma come si spiega questa improvvisa euforia e contentezza nel vedere arrivare Umbertino?

Tra poco ve lo svelerò, ma prima voglio chiarirvi il giro che Umbertino faceva per le vie di Cellere: bussava alle porte delle varie case e con molta umiltà e con un bonario sorriso sulle labbra porgeva il suo cappello alle donne che gli aprivano la porta, dicendo: “Signo’, so’ Umberto, fate la carità a Umberto!”.

Qualche cosa racimolava sempre perché la gente, sebbene in quel tempo non disponesse di tanto denaro, era generosa e non sapeva dir di no a una persona così umile, sorridente e riservata.

I suoi ringraziamenti erano schietti e invocava la benedizione di Dio sulle persone che lo aiutavano.

E ora vi spiego il motivo della felicità dei bambini quando vedevano sopraggiungere il nostro Umbertino, un uomo di bassa statura, un po’ tarchiato e con in testa il suo immancabile cappello, non certamente un Borsalino, ma pulito, ben tenuto e che portava con un certo orgoglio.

Io ero un bambino di un’età che non arrivava alle due cifre, e Umbertino lo vedevo come una persona molto grande, ma può darsi che invece avrà avuto quarant’anni o giù di lì.

Spesso intratteneva i bambini con qualche sua piccola abilità, come quella di porsi le mani dinanzi alla bocca per far uscire dei suoni a mo’ di tromba.

Il divertimento più atteso era però quello che consisteva in un gioco semplice e innocente: qualche buontempone prometteva al nostro personaggio una certa offerta, però era sollecitato a mettere a terra il suo bel cappello, porsi davanti a esso e saltarlo a piedi pari.

Umbertino allora, con la calma che lo contraddistingueva e dopo ripetuti inviti, adagiava il suo cappello per terra, gli si metteva come sull’attenti dinanzi e poi con efficace movimento lo saltava a piedi uniti, suscitando l’innocente ilarità dei bambini.

“A terra lo adagiava e poi bel bello    

saltava a piedi pari il suo cappello”.

Come premio per l’azione eseguita, riceveva l’offerta promessa e proseguiva il suo peregrinare per le vie del paese; al termine dei suoi giri, riprendeva il postale per ritornare soddisfatto a Ischia di Castro.

Ma perché, mi son chiesto più volte, con tanti avvenimenti che si verificano nella vita, rimangono poi nitidamente impressi episodi così semplici di vita paesana?

La risposta è davvero chiara e significativa; infatti, non sono le grandi imprese a scuotere l’animo di un bambino e a procurargli un forte ricordo, ma sono quei piccoli episodi che gli hanno fatto vibrare il suo puerile sentimento.

Io non so di preciso che cosa sia poi accaduto nella vita al caro Umbertino, ma voglio immaginarlo felice in un'altra dimensione, non più intento a saltare il suo bel cappello, ma a balzare, sempre a piedi uniti, da nuvola a nuvola in un eterno sorriso.

“Umbertino col lieto suo sorriso

salta ora felice in Paradiso”.

Cellere Via Napoli anni '50 (Archivio Mauro Galeotti)

 

 

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