Viterbo STORIA
Mauro Galeotti

Se vuoi leggi pure: Santa Rosa di Viterbo e i suoi abiti

 

                           L'Urna con il corpo di santa Rosa, oggi

L’urna di bronzo dorato che vediamo oggi, con ai lati due angeli d’argento oranti, risale al 1699.

Fu fatta eseguire dal cardinale Urbano Sacchetti, vescovo di Viterbo dal 1683 al 1699, in sostituzione di quella lignea, antica e assai più modesta, che è esposta nella casa natale di Rosa.

L’urna, che conservò il corpo di Rosa dalla sua morte, fu distrutta dall’incendio del 1357 e secondo Ernesto Piacentini, poteva riportare qualche pittura sullo sportello anteriore, che si apriva con due chiavi tenute dalla abbadessa e dalla sacrestana.

Questo per consentire ai fedeli di baciare la mano o i piedi della Santa e per facilitare il lavaggio di quegli arti da parte delle monache, che raccoglievano quell’acqua, «aqua luturae manus», per poi farla bere ai malati.

L’urna alla Santa fu rifatta nel 1358 a spese del Tesoriere Angelo Tavernini e del Castellano della Rocca, con un’iscrizione apposta sulla stessa, come scriverò appresso. Per lo storico Giovanni Mazzaroni l’urna, conservata nella Casa di santa Rosa e giunta sino a noi, non è stata dipinta dal Balletta, perché, secondo lui, questa risale agli inizi del XVII secolo, ossia quando il pittore era ormai morto da tempo.

Pure Ernesto Piacentini, avanza perplessità, infatti non ritiene che l’urna conservata nella Casa di santa Rosa sia del 1358. Secondo lui, o è quella data a pitturare al Balletta, tra il 1441 ed il 1457, o è successiva, del ‘500 o addirittura del ‘600. Su di essa vi sono raffigurati tre miracoli: santa Rosa che converte l’eretica con la prova del fuoco; santa Rosa che risuscita Marco Gualdo e santa Rosa che guarisce la cieca. L’urna del 1358, scrive Piacentini, presentava invece quattro pitture relative ad altrettanti miracoli, con in basso la descrizione degli stessi e riportava chiaramente l’anno millesimo tricentesimo quinquagesimo octavo (1358).

L'Urna nel 1902 (Archivio Mauro Galeotti)

Lo conferma il Processo Callistiano del 1457 ove si leggono i quattro miracoli dipinti sull’urna ed erano: Rosa che si getta nel fuoco e converte l’eretica, la guarigione della cieca Illuminata, la liberazione dal carcere di Giovenale, santa Rosa risuscita Marco Gualdo. Lo stesso processo riferisce anche i committenti dell’urna nelle persone di Rasino Piccardi e Angelo Tavernini e alcuni loro amici, ma ecco quanto ci interessa, tradotto da Ernesto Piacentini: «Alla fine di detti miracoli vi era questa iscrizione: In nome del Signore amen. Nell’anno del Signore 1358 nella dizione undecima, nel mese di agosto. 

Questo miracolo fece dipingere a lode e reverenza della Beata Vergine Rosa Ser Rasino Piccardi di Narni primo castellano della rocca della Chiesa in Viterbo, affinché preghi Cristo che conservi totalmente la Chiesa, i pastori, Ser Angelo Tavernini tesoriere, lo stesso Rasino e tutti i benevoli amici dei predetti». Sembra che i resti dell’urna del 1358 fossero ridotti a pezzettini dalle monache per farci delle croci distribuite per devozione, infatti nel 1803 una di queste croci fu inviata dal nostro vescovo a papa Pio VII, era «una croce del legno della cassa che tanti anni dopo l’incendio contenne il corpo di S.Rosa». Così dalle Memorie storiche nel Monastero di santa Rosa.

L’urna in legno giunta sino a noi, invece secondo Giuseppe Signorelli, fu data a miniare e dorare nel 1462 al pittore viterbese Francesco d’Antonio detto il Balletta. In effetti una memoria senza data, conservata nel Monastero di santa Rosa, riferisce che le monache fecero fare un’urna di legno con dipinti alcuni miracoli e con ornamenti a colori e in oro fino «per mano de mastro Francesco pentore viterbese», il lavoro costò ventiquattro ducati. Pinzi invece la dice eseguita da quel pittore nel 1452.

1900 circa. L'antica Urna nel Convento, miniata e dorata nel 1462 dal pittore viterbese Francesco d’Antonio detto il Balletta, in cui era conservata santa Rosa, oggi è nella Casa di santa Rosa (Archivio Mauro Galeotti)

Alla fine del secolo XVII, come ho scritto prima, si provvide alla sostituzione dell’urna predetta con questa che vediamo, in bronzo dorato, giudicata splendida. Infatti, nel 1697, il vescovo Urbano Sacchetti e la badessa di santa Rosa, suor Aura Celeste Lozzi, decisero di rinnovare l’urna della Santa, impiegando anche oggetti preziosi donati al monastero.

Fu incaricato l’artista forlivese Giovanni Giardini, al quale furono dati 3148 scudi e trentotto baiocchi. L’urna nuova fu portata da Roma a Viterbo il 25 Novembre 1699 e il 13 Dicembre 1699 fu incaricato del lavoro di collocazione a dimora lo stesso argentiere Giovanni Giardini, che al presente si trova a Viterbo. Finalmente, il 28 Gennaio 1700, il corpo di santa Rosa, fu adagiato definitivamente nella nuova urna. Era costume all’epoca aprire e chiudere l’urna per far baciare ai visitatori, la mano o il piede della Santa, poi nel 1804 un decreto vescovile, al fine di proteggere il corpo, stabilì che non si poteva aprire più ai visitatori il cristallo dell’urna.

Nel 1770, il 1° Giugno, l’urna fu ripulita e rimbronita e nel 1779 fu adagiato il corpo della Santa su un materassino togliendo la tavola che fino allora ne sosteneva le spoglie. Scrive Giovanni Selli nel 1828, in merito: «Nella base dell’urna pur di metallo vi sono due armi: a destra stanno due braccia incrociate come stemma dei Francescani: a sinistra vi è l’arme del Cardinal Sacchetti […]. La parte anteriore dell’urna è custodita da tre limpidissimi cristalli, quali per mezzo di un idoneo telaro si alzano e si abbassano secondo le circostanze.  La preziosa salma della Santa giace ivi distesa sopra un trapunto di seta color celeste ornato all’intorno di varj fiori con trina di argento. La sua testa riposa sopra un guanciale dello stesso colore trinato di argento».

Il 3 Aprile 1921 col permesso di papa Benedetto XV, il vescovo Emidio Trenta (1860 - 1942) volle effettuare la ricognizione canonica del corpo di santa Rosa, la prima eseguita dal momento in cui la Santa è morta. Infatti, dalle continue aperture dell’urna, che comunque veniva aperta nonostante le proibizioni, si notò che il corpo stava mal conservandosi, così in quell’anno si chiuse il portellino che consentiva il bacio dei piedi e fu fissato il cristallo anteriore. Il dottor Pietro Neri, medico chirurgo in Roma, ebbe l’incarico di ispezionare il corpo della Santa e, in realtà, non rivelò alcuna traccia di conservazione artificiale praticata sia subito dopo la morte, che in seguito. Insomma il cadavere di Rosa si era mummificato naturalmente.

Dalla ricognizione interna del corpo di Rosa risultò, nella cavità addominale, una «notevole quantità di semi di uva conservatissimi, parte liberi, parte inseriti in scibale fecali». Fu trovato intatto solo il suo cuore che, asportato, fu chiuso in un magnifico reliquiario. Ciò poté consolare i Viterbesi che, non potendo più baciare direttamente la Santa, potevano così rivolgere il loro sentimento di devozione al Suo santo cuore. Il reliquiario contenente il cuore di Rosa fu donato da papa Benedetto XV (1914 - 1922), fu poi sostituito con l’attuale in argento cesellato donato nel 1929 da papa Pio XI (1922 - 1939).

In quell’occasione il corpo di Rosa, misurato nella lunghezza, risultò metri 1,295 e del peso di kg. 5,180. Fu quindi portato in processione per le vie della città assieme al cuore, era il 13 Novembre 1921. La scorta d’onore alla Santa era formata da quarantacinque facchini, più il capo facchino, Carlo Selvaggini, e l’immancabile Virgilio Papini, costruttore della Macchina di santa Rosa.

Il vescovo Emidio Trenta benediceva la folla con il reliquiario contenente il cuore di Rosa. Per l’evento straordinario furono scattate delle fotografie in cui si vede, in una posizione affatto riverente, la mummia di santa Rosa dalla schiena. E’ sostenuto da due persone, alla presenza di monsignor Sestilio Giulianelli (Villa san Giovanni 2 Ottobre 1875 - Viterbo 7 Dicembre 1948), arciprete della Cattedrale e prelato domestico di sua Santità, e del vescovo Emidio Trenta (1860 - 1942).

Proprio quest’ultimo in data 29 Ottobre 1921 firmava uno scritto sulla Conservazione del corpo di S. Rosa di Viterbo, lettera pastorale dove tra l’altro leggo: «preoccupato io dei segni di deperimento che mostrava il corpo di S. Rosa, credetti mio dovere informarne umilmente il Santo Padre Benedetto XV». Il vescovo stesso dette incarico della ricognizione del corpo al dottor Neri, e prosegue: «Il Dott. Neri ha assolto il suo compito con vero intelletto di amore e con esito felicissimo (io stesso ne sono testimonio) non ostanti le molte difficoltà, dianzi non previste, che si presentarono. [...].

Erano però avvezzi i fedeli, a dimostrazione sempre maggiore della loro pietà e divozione verso la nostra celeste Patrona, di baciarne la mano: d’ora in poi non potranno più. […]. L’esimio Dott. Neri, perchè il lavoro per la conservazione del corpo santo riuscisse in ogni parte perfetto, si vide nella necessità di esplorarne anche l’interno. E mentre tutto si trovò consunto, soltanto il cuore, sebbene ridotto in piccole dimensioni, si rinvenne intatto.

Vi confesso il vero, o venerabili fratelli e figli, che a questo fatto io mi sentii commosso fino alle lacrime e baciai con santo affetto quella preziosissima reliquia, che ora, racchiusa in un reliquiario, verrà pure baciata da voi. In tal modo, se non potete più baciare la mano della nostra santa Concittadina, ne bacerete il cuore, che è cosa assai più nobile e pregevole della mano». Il corpo di Rosa fu conservato in una nuova urna di cristallo, a tenuta d’aria, realizzata dalla ditta romana Giulio Lupoli.

Nel 1922 papa Benedetto XV elevò santa Rosa a patrona della Gioventù Femminile Cattolica Italiana e in seguito il Terz’Ordine Francescano la indica come patrona delle Araldine. Nell’Ottobre 1946, fu notato un lieve strato di muffa sul pollice e sul dorso della mano sinistra della Santa, l’inconveniente fu rimosso e fu rifatto, per l’occasione, l’abito in seta del medesimo colore.

Nell’Ottobre del 1958 il corpo di santa Rosa venne portato processionalmente per le vie di Viterbo, lo stesso fu fatto il 2 Settembre 1983, per ricordare il 750° anniversario della nascita. Altra ricognizione del corpo fu eseguita il 3 Novembre 1962 dal dottor Osvaldo Zacchi, il corpo misurato nella lunghezza dette un risultato differente da quello del 1921, mt. 1,37, e per il peso «si può grossolanamente arguire che il suo peso non superi i 7 kg.».

Santa Rosa nella Cattedrale di san Lorenzo (Foto Mauro Galeotti)

Ultima ricognizione è quella del 1998, eseguita dal tecnico antropologo della Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo, Salvatore Caramiello e dal dottor Luigi Capasso del quale riporto qui di seguito una nota in merito. «Nel 1995 è iniziata una ricognizione scientifica sul Corpo di Santa Rosa che ha consentito di accertare il reale stato del Corpo e di aggiornare il sistema conservativo. Con l’occasione è stato possibile rimuovere dalla superficie i molti strati di vernici, cere e lacche che nel corso degli ultimi tre secoli si sono stratificati sulla cute. 

Il Corpo di Santa Rosa liberato dai materiali (in stato di degrado) impiegati nel corso degli antichi restauri, ha dimostrato di essere una mummia naturale in perfetto stato di conservazione, con cute integra e tanto ben conservata da mostrare ancora tutti i fini dettagli della superficie, come i bulbi dei capelli e i pori cutanei. Persino le sclere sono ancora così ben conservate da dimostrare il loro originario colore blu. Durante la ricognizione è stato possibile eseguire molti accertamenti ed approfondire la conoscenza scientifica del Corpo attraverso i più moderni mezzi tecnologici.

Cosicché le radiografie hanno dimostrato che persino gli organi interni più delicati (come fegato e il cervello sono perfettamente conservati). Si è altresì accertato che la Santa non aveva lo sterno (agenesia congenita dello sterno): una malattia rarissima che generalmente conduce a morte in età neonatale. Al termine della ricognizione, il Corpo liberato da tutti gli interventi artificiali sovrapposti nei secoli, è stato inserito nell’urna sigillata che isolerà per il futuro la Mummia dall’ambiente esterno e dal nostro inquinamento».

Il 1° Settembre 1999 il vescovo di Viterbo, Lorenzo Chiarinelli, in carica dal 1997, ha presentato, nella Sala del pellegrino nel Monastero di santa Rosa, realizzata nel 1982 ed inaugurata il 17 Febbraio 1983, il volto di santa Rosa, o meglio l’immagine che mostra le sembianze della Santa ricostruite con le proiezioni sulla mummia stessa, a cura del Servizio di Antropologia del Ministero dei beni culturali, diretto dal dottor Luigi Capasso.

Il lavoro di ricognizione del corpo era iniziato sin dal 1995 come ho già scritto.