Viterbo STORIA
Scheda realizzata da Elisa Angelone per il Centro diocesano di documentazione – Viterbo

 

Piazza delle Erbe nel 1900 con il Palazzo della Pace sorto sulla Chiesa di santo Stefano (Archivio Mauro Galeotti)

Costruita in una contrada anticamente detta di “Prato Cavalluccalo”, il territorio sito fra Piazza del Comune, Piazza del Seminario e Piazza Vittorio Emanuele, la chiesa sembra esistere fin dal 1083, mentre S. Simeone, posta poco più in alto, viene donata intorno alla metà dell’XI secolo ai monaci di Farfa1.

Il favore dei vescovi e dei pontefici nei confronti di S. Stefano – che presto assumerà anche il titolo di S. Bonifacio, dall’omonima chiesa di Ferento i cui possessi le saranno incorporati2 - diverrà presto rilevante3 e, per diversi anni, la chiesa godrà di rendite considerevoli4.

Intorno a metà del XIV secolo, alla terribile epidemia di peste che dilagava nel territorio, si unisce un terremoto che provoca la caduta di due torri poste sul palazzo di fronte alla chiesa. S. Stefano subisce gravi danni5 ma rimane elencata tra le collegiate più importanti della Città6 e centro del fervore religioso che caratterizza questi anni7.

I contrasti interni che turbano Viterbo alla fine del 1300 coinvolgono anche i canonici del Capitolo di S. Stefano che si schierano dalla parte dell’antipapa Clemente VII8. Nonostante le lotte politiche, nella prima metà del XV secolo, nella chiesa sono ancora testimoniati splendidi quadri e pregevoli sculture. Ancora una volta sono i pontefici a sostenerla9, fino al 1485 quando la canonica viene affidata in commenda a diversi cardinali e prelati ed a sostenere la chiesa intervengono l’Arte dei Medici e Speziali, che qui aveva il diritto patronato sulla cappella di S. Niccolò e l’Arte dei Tavernai, Osti e Albergatori che vi si adunava10.

Nel secolo successivo le finanze della collegiata sembrano risentire del peso delle decime e delle contribuzioni straordinarie che gravano sull’intero clero tanto che nel 1568 viene soppressa come collegiata insieme alle chiese di S. Maria Nuova e S. Matteo per dare spazio alla erezione nella cattedrale di un Arcidiacono e quattro canonici11.

S. Stefano resta chiesa parrocchiale e, nel 1620, il territorio di sua competenza si allarga grazie all’unione della vicina parrocchia di S. Croce12. In questi anni vi risulta unita anche la chiesa di S. Quirico, poi ceduta alla Confraternita del Suffragio13.

S. Stefano resta un importante riferimento per la vita sociale e religiosa della Città finché nel 1655 un malaugurato sinistro rovina la torre prospiciente ad essa che crolla abbattendo quasi completamente la chiesa.

Il cardinale Brancaccio si mostra sollecito a riparare a tale disastro senza trovare però l’appoggio del Capitolo della Cattedrale e dei parrocchiani. In quello stesso anno la chiesa viene rasa al suolo, la cura delle anime della territorio di sua competenza è divisa tra le Parrocchie vicine e con le sue rendite si erige un canonicato in S. Lorenzo attribuito al sacrista.

L’area occupata dalla chiesa viene utilizzata per ampliare la piazza che, sita nel cuore della Città e centro di adunanza di artigiani e contadini, nonché di attivo commercio di generi alimentari, era divenuta ormai troppo angusta14.

 

L’archivio della chiesa parrocchiale dei SS. Stefano e Simeone. Per la chiesa di S. Stefano soltanto la visita i Tiberio Muti del 1612-1622 riporta indicazioni circa la tenuta di un archivio, ordinando che si facciano inventari di tutti i beni mobili, immobili e degli introiti, e che se ne rediga una copia per gli atti della sacra visita15. A seguito della distruzione della chiesa la cura delle anime del territorio di sua competenza è distribuita tra le parrocchie vicine.

Oggi presso il Cedido è conservato un unico archivio della chiesa parrocchiale dei SS. Stefano e Simeone costituito di due serie: Libri Sacramentali e Amministrazione. La prima serie comprende un Liber Confirmatorum della chiesa di S. Stefano (1622 – 1654), quattro Libri Matrimoniorum con una datazione compresa tra il 1571 ed il 1850 ma con alcune lacune nella consecuzione cronologica: per la chiesa di S. Stefano mancano gli anni dal 1598 al 1619 e le registrazioni giungono fino al 1657;

Per la chiesa di S. Simeone gli atti di matrimonio partono dal 1700, ma mancano gli anni dal 1743 al 1756. I Libri Mortuorum appartengono soltanto alla chiesa di S. Simeone e coprono un arco cronologico compreso tra il 1761 ed il 1871 senza gravi lacune. Riguardano S. Simeone anche i registri di Stati delle anime (25 unità archivistiche datate 1837-1862).

I registri sono cartacei con coperta in pergamena, presentano una numerazione coeva per pagine ed, inserita in fine, una rubrica alfabetica coeva.

La serie Amministrazione è costituita di 3 Actuarius tutti appartenenti a S. Simeone con datazione 1700 – 1788 e una serie di fogli sciolti datati 1833 e riguardanti lo “Stato di fatto di tutti i beni che si possiedano dal Parroco di S. Simeone Carlo Mattioli dove evidentemente si può conoscere la netta rendita annua” (I fascicolo contiene anche una orazione alla Vergine).

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1 G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. I, Viterbo, Cionfi, 1907, p. 112.

2 Ibidem, p. 195.

3 Nel 1128 S. Stefano è affrancata dal vescovo Pietro in nome del clero viterbese (G. Signorelli, Viterbo nella storia …, Vol. I, cit., p 120). Intorno al 1143 il vescovo Rodolfo le conferisce la libertà (Ibidem, p. 123; G. Signorelli, Le chiese di Viterbo, Ms, s.d., p. 138v). Al 5 marzo 1160 risale la donazione dell’Ospedale annesso alla canonica di S. Stefano presenziata dal vescovo di Tuscania Gensone (G. Signorelli, Viterbo nella storia …, Vol. I, cit., p. 131). Il 3 giugno 1208 il vescovo Raniero la innalza a prioria (Ibidem, p. 163). Nel 1211 Innocenzo III approva il condono della procurazione fatta dallo stesso vescovo Raniero a S. Stefano (Ibidem, p. 165; G. Signorelli, Le chiese di Viterbo, Ms, s.d., p. 138v). Su tali rendite, negli anni successivi, nasceranno profondi dissensi che nel 1236 il vescovo Matteo tenterà di risolvere. Nel 1219 Onorio III la consacra e le conferma alcuni privilegi (G. Signorelli, Le chiese di Viterbo, Ms, s.d., p. 138v).

4 Ancora nel 1272 la riforma delle costituzioni della collegiata da parte del vescovo Filippo vede fissato il numero delle prebende a sette, di cui due da godersi dal priore (ibidem, p. 271). Alla fine del XIII secolo, il vescovo Giacomo Pisani - dimostrando una fervida attività di promozione degli interessi della religione e del clero - ottiene dai pontefici numerosi privilegi a favore delle chiese di Viterbo tra cui, nel 1291, quelli accordati a S. Stefano (Ibidem, p. 300). Purtroppo in questi anni la chiesa subisce spogliazioni e atti vandalici, a sostenerla intervengono Niccolò IV e Bonifacio VIII che concedono agevolazioni e indulgenze per le feste di S. Stefano e S. Bonifacio, S. Felicita e per la dedica della chiesa (Ibidem, p. 314). Le prebende vengono nuovamente riformate e le rendite nuovamente suddivise (Ibidem, p. 315).

5 Ibidem, p. 362; cfr.: M. Galeotti, L’Illustrissima città di Viterbo, Viterbo, Ed. Studio pubblicitario viterbese, 2002, p. 429.

6 G. Signorelli, Viterbo nella storia …, Vol. I, cit., p. 392.

7 Ibidem, p. 394.

8 Ibidem, p. 435.

9 Papa Pio II concede una parte della somma risparmiata dal condono di un sussidio dovuto al Comune destinandola ad ampliare ed Abbellire la piazza antistante la chiesa; il cardinale camerlengo ordina al magistrato della Città, nel 1474, un’offerta di cera nella festa di S. Felicita, il cui corpo era venerato nella chiesa; G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. II, parte I, Viterbo, Unione, 1938, p. 235-236

10 G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. II, parte I, Viterbo, Unione, 1938, pp. 235-236, 248.

11 G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. II, parte II, Viterbo, Unione, 1940, pp. 67, 277.

12 Ibidem, p. 361; cfr.: M. Galeotti, L’Illustrissima città …, cit., p. 429.

13 G. Signorelli, Viterbo nella storia della Chiesa, Vol. III, parte I, Viterbo, Quatrini, 1964, p. 15.

14 Ibidem, p. 97.

15 Cedido, Serie: Visite pastorali, Visita Tiberio Muti, 1612-1622, c. 51v.

 

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