Tuscania STORIA
Mauro Loreti

Colonnine e capitelli longobardi nella Chiesa di San Pietro a Tuscania

Nel sesto secolo dopo Cristo i tuscanesi erano proprietari delle terre centuriate, suddivise per mezzo di linee tra loro perpendicolari, in tanti quadrati, ognuno dei quali costituiva il fondo per 100 famiglie, tra le quali i lotti venivano distribuiti a sorte.

Dopo l’occupazione nel 574 di Tuscania e del suo territorio, i Longobardi probabilmente erano la metà della popolazione; l’altra metà erano i Tuscanesi bizantini e romanici. In questo periodo crebbe la città come scrigno di ricchezze artistiche e culturali. Tuscania allora era la più vasta diocesi a nord di Roma ed aveva contatti con la Toscana ed il nord. Nel 648 giunsero le ossa dei Santi Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano alla presenza dei romanici e dei longobardi.

Essi amarono il clima, l’ambiente, le terre ed i boschi di Tuscania. Sulla Civita dell’antica “arx”, la rocca, costruirono la chiesa di San Pietro nel punto naturale più alto e l’architetto ” Rodpertus Comacinus” dall’anno 712 inserì nella chiesa forme e proporzioni del protoromanico e realizzò il capolavoro in simbiosi con la città.

Furono costruite tre navate, l’abside e quattro archi .L’epoca è accertata dalla struttura architettonica dalle transenne che dividono le navate: divisione che non fu più fatta in seguito. La chiesa ha tutte le caratteristiche dell’arte comacina. Nell’antica facciata c’erano le lastre di marmo, i plutei ed un paliotto con i bassorilievi che, intorno al 1000, furono spezzati e messi come transenne nel presbiterio. Il marmo fu intagliato come fosse legno con gli archi intrecciati, le palme e la croce.

Vi era una sola torre campanaria. Questa chiesa è la più antica fra quelle di stile lombardo. Alcuni di questi plutei sono simili a quelli che si possono vedere a Berceto in Emilia ed in Toscana a San Concordio di Lucca. Nel presbiterio sono longobarde altre due colonnine bianche che, forse, facevano parte dell’antica facciata ed altri capitelli in fondo alla navata destra, nella scala per la cripta ed in un ambiente prima della cripta. Due di questi sono simili a quelli di Cividale in Friuli e a San Giorgio in Valpolicella in Veneto. Sono dell’antica facciata i sei capitelli della porta principale. E’ longobarda anche una fila doppia di finestrelle cieche e rettangolari nella parte esterna dell’abside. La parte più bassa della cripta è un avanzo di un’antica cappella costruita con i ruderi di un antico tempio pagano.

Nel dicembre dell’anno 739 Rodpertus vendette la casa con la vigna e la terra coltivata, le cose mobili ed immobili che possedeva in Tuscania. Probabilmente aveva terminato i lavori di sua competenza e doveva trasferirsi a lavorare in un’altra città. Nell’estate del 742 il re dei Longobardi Liutprando, a Terni , si incontrò con papa Zaccaria e gli restituì alcune città. Terminati i colloqui il sovrano incaricò suo nipote Agiprando, duca di Chiusi, insieme a “Ramningum gastaldium tuscanensem” affinché al “sancto viro” papa Zaccaria fossero restituite Amelia, Orte, Bomarzo e Blera che nel 739 erano state occupate dai Longobardi. Fu effettuata la restituzione e fu scortato il Papa fino a Blera, confine tra il regno longobardo ed il ducato romano. Poi Ramningo tornò a Tuscania.

Egli era il comandante militare, rappresentante del re, governatore delle terre ed esattore delle tasse. Il Gastaldato era presieduto dal Magister militum, da Kastall (custos) dotato di piena giurisdizione politica e militare come il duca della Tuscia a Lucca. Aveva anche il diritto di riscuotere i tributi ed il terzo dei frutti della terra coltivata (diritto di conquista). Il Gastaldo aveva la sua residenza in una “curtis” (borgo o castello con il mercato recintato) insieme al presidio militare, comandato da un ufficiale chiamato sculdascio.

Nella curtis si amministrava la giustizia, si tenevano i mercati, si adunavano i coloni, si pagavano i tributi. Altri ufficiali inferiori chiamati maiorescari, marcasci, decani con i soldati dipendenti del gastaldato erano dislocati nei centri più importanti e strategici (curten o rocche) per tenere l’ordine ed amministrare la giustizia minore ed erano mantenuti quali ospiti dagli abitanti dei centri stessi e dagli aldi, coloni semiliberi delle ville.

Gli arimanni, i guerrieri liberi risiedevano nell’arimannia, una stabile guarnigione. Essi erano anche proprietari delle terre nelle adiacenze della città ed in altre località strategiche. Tuscania era una zona a rischio di conflitti e scorrerie con i Bizantini per cui gli arimanni erano una forza di pronto intervento militare. In località Porcianello c’erano gli “homines rumnanenses “.

Il santo protettore dei Longobardi era San Michele Arcangelo e costruirono tre chiese a lui dedicate: Sant’Angelo, San Michele e San Potente, che ancora esiste. I Longobardi ci hanno lasciato i nomi delle località Valvidone (bosco delle guardie) e selva Gastalda. Nei documenti ed atti dell’epoca si trovano molti nomi di persone di questa popolazione.

Inoltre troviamo questi termini: visabia (nonna), bisabio (nonno) , angheria (obbligo di lavoro temporaneo), saudacris (terra non coltivata), cergiolito (terra coltivata), wualdimanno (soldato del bosco), wadia (somma garantita in un contratto),commacini (maestranze edili e scalpellini longobardi), cagio (bosco con pascolo), traspadini e transpadani homines (provenienti da oltre il Po), citina (terreno disboscato), scabino (giudice), biscario (ufficiale subalterno del gastaldo preposto alla sorveglianza dei beni rustici), sculdascio (capo della circoscrizione territoriale, la sculdascia; nel gastaldato di Tuscania vi erano varie sculdascie), aldione (servo semilibero destinato alla coltivazione nelle campagne), warcini (cavallari e stallieri), warcinisca ( lavoro agricolo dovuto come obbligo di un accordo).

Nel 791 in un atto viene nominato anche il gastaldo Occini. Nel 799 Carlo Magno rex Francorum et Langobardorum da Siena procedette verso Saturnia e, attraverso la Clodia, passò per Tuscania e raggiunse Roma per essere incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero. La Clodia, infatti, offriva maggiori garanzie di sicurezza rispetto all’Aurelia, che s’ impaludava e subiva gli attacchi dei Saraceni e, rispetto alla Cassia che era soggetta a forti alluvioni. Anche dall’Abbazia del Monte Amiata, grande proprietaria terriera nel nostro territorio, si preferiva questo collegamento.

Speriamo che presto gli archeologi possano trovare anche a Tuscania tombe longobarde in cui poter trovare crocette auree, armi, spade, scudi,lance, speroni, anelli, pendenti, gioielli, fibule,monili, orecchini, collane, monete, coltelli, pettini come si trovano in tutte le località longobarde.

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