Montefiascone STORIA
Giancarlo Breccola da La Loggetta ott-dic 2014

 

Tra i generici limiti di ogni tipo di storiografia, non ultimo, troviamo quello della “cristallizzazione”, cioè di quella insinuante rigidità che si sedimenta sugli eventi, sulle epoche, sui personaggi considera­ti e che li trasforma in stereotipati paradigmi.

Sarà facile, dunque, che il nome di Lucrezia Borgia ­specialmente in persone che resta­no alla superficie delle problematiche stori­che ­si limiti a proiettare l’immagine menta­le di una donna depravata e viziosa; oppure che la parola “barbari” ci ponga in apriori­stica posizione di disapprovazione nei con­fronti di un fenomeno così complesso e arti­colato.

Eludere completamente questo rischio non è possibile in quanto, come bene indica Mario Olivieri nel suo saggio sulla storia e lo storicismo dal titolo La storia introvabile: “L’evento, la storia viva, non esiste ed è per­ciò sempre inattingibile.
Ciò che si raggiunge è una registrazione che, oltre alla parzialità e soggettività in cui si colloca, soffre d’una limitazione, storiograficamente rilevante, consistente nell’essere la produzione d’un significato, pertinente alla registrazione, non all’evento. Quel che si dice «fatto storico» è un riferimento presuntivo all’evento, in sua assenza. I cosiddetti «fatti storici» sono riferi­menti di riferimenti: testimonianze e docu­menti che devono la propria esistenza ad un rinvio la cui sola traccia è nel rinvio medesi­mo”.

E allora ben vengano i minimi contributi che riescono ad aggiungere qualche riferi­mento ai riferimenti, a intridere di maggiore umanità il “fatto storico”. Non risolveranno il problema, ma riusciranno forse a incrinare una piccolissima parte di quella rigiditas alla quale alludevo all’inizio. Nel caso specifico mi riferisco ad alcune voci presenti nel tomo secondo del Codex Diplomaticus Dominii Temporalis S. Sedis curato dal Theiner.

Nel 338° documento di questa rac­colta si trovano registrati gli introiti, i redditi e i proventi riscossi da Angelo Taverini, o Tavernini, avido tesoriere del Patrimonio di San Pietro residente nella rocca di Montefia­scone. Tra gli introiti ­e ne elenco soltanto alcuni ­compaiono le voci riferite alla castellania, al focatico, alla tallia militum, al censo annuo, al terratico, all’affitto di prati e vigne, ai pasco­li, alla tassa della procuratio, alle varie gabelle e pedaggi, e anche quelle relative alle composizioni pecuniarie previste per i reati di vario carattere.

Ed è su questi ultimi che desidero concentrare l’attenzione, in quanto le relative voci, pur non essendo state registrate come pettegolezzi, molti pettegolezzi, all’epoca, avranno comprensibilmente alimentato. Certamente in misura mino­re i fatti che riguardavano le “banali” infrazioni come quelle sotto elencate.

•                Il 26 giugno 1359 Giovanni Conosse [forse Cornosse?] di Marta paga 4 fiorini perché con sette bestie vaccine aveva danneggiato il grano di Vannicello Cola Banesi di Montefiascone.

•                Il 30 aprile 1352 Daniccioli e Abramutii, giudei di Montefiascone, pagano 357 fiorini per conto della comu­nità ebrea del Patrimonio, i cui componenti non aveva­no indossato sopra i vestiti il previsto guarnello rosso che doveva distinguerli dai cristiani.

•                Il 7 giugno 1357 Muzzarello di Rolando di Montefiasco­ne, accusato di aver incendiato un mucchio di fieno del prato di mastro Giovanni di Andrea, paga 5 fiorini.


Ma maggiori dicerie avranno accompagnato vicende più stuz­zicanti come quelle relative alle offese verbali o materiali.

•                Il 1 giugno 1351 Bartolomeo Oddone di Montefiascone paga 4 fiorini perché, a cavallo di un “ronzino”, aveva insultato una donna con parole ingiuriose.

•                Il 9 novembre 1351 donna Isabella, abitante a Montefia­scone, figlia di Blasio di Celleno, paga 3 fiorini perché aveva insultato con ingiurie Jacopo del fu Rolando. 

•                Il 25 novembre 1353 Petrolaccia di Bolsena paga 100 soldi paparini perché aveva picchiato sua moglie Mat­tea.

•                Il 10 febbraio 1356 Margherita di Futio di Montefiasco­ne paga 2 fiorini perché aveva detto parole ingiuriose a Sabella moglie di Longo.

•                Il 1 febbraio 1357 l’ebreo Manuele Alleuzzi, abitante a Montefiascone, paga 2 fiorini per offese con parole ingiu­riose verso Vegnatello Barberino di Montefiascone.

•                Il 22 dicembre 1357 Tromba Vaccari di Montefiascone paga 17 fiorini per aver insultato nottetempo Santuccio Covelli
 

La curiosità di conoscere quale tipo di ingiurie si scambias­sero i nostri remoti progenitori ­che nel caso di Angela di Mancetto troviamo inserite in un vero alterco ­è soddisfat­ta da altre annotazioni più ricche di dettagli.

•                Il 20 ottobre 1358 Angela di Mancetto di Montefiasco­ne paga 9 fiorini, 21 soldi e 9 denari per aver detto paro­le ingiuriose a madonna Riccuzza, moglie di Muzzarello Ferramosche, e cioè: socza puctana, lercia col voltu de la scimia. E sempre nello stesso giorno, la suddetta Riccuz­za paga 8 fiorini d’oro, 36 soldi e 3 denari paparini, per aveva offeso la suddetta Angela dicendole: socza mala vecchia guicza. Guicza o guiczia era chiamata l’acqua sporca che scorreva dai frantoi delle olive.

•                L’8 dicembre 1358 Nuta, moglie di Mero di Radicofani, abitante a Canino, paga 8 fiorini d’oro, 19 soldi e 4 dena­ri per offese con parole ingiuriose contro Tea, moglie di Bastardo di Canino, dicendole: socza mala puctana, che non poteri comperare el mio pannu, percio che tu ai, va a rapire el granu al mulinu tu et tuo maritu. 

•                Il 13 dicembre 1358 Bocio Vanni di Landolfo di Monte­fiascone, abitante a Canino, paga 4 fiorini perché disse a Pietruccio di Pontenovo: latro che ti farò appicchiare.

O nel caso delle più gravi offese di tipo religioso, qualificabi­li quindi come peccati di blasfemia.

•                Il 3 luglio 1356 Catalucio Narduzzi di Montefiascone paga 15 fiorini per aver pronunciato gravi parole di offe­sa contro il nome di Gesù Cristo.

•                Il 7 aprile 1358 Antonio Rossi di Viterbo, abitante a Montefiascone, è condannato a pagare 7 fiorini, divenu­ti 5 poi, per aver maledetto Dio e la Beata Vergine Maria.

•                Il 13 giugno 1358 Pietro Ursino di Gallese paga 15 fiori­ni per aver detto nella piazza del Comune in grande spre­gio al pontefice “se morisse il papa saremmo salvi”, se avessimo mortu el papa fumora sciolti.

Ma anche allora, come oggi, più intensamente sarà scattato il cicaleccio quando nell’ambito della chiacchera si trovava­no implicazioni di tipo sessuale.

•                Il 21 giugno 1351 Marco di Pietro Boni di Bagnoregio paga 12 fiorini per aver detto di voler conoscere carnal­mente Margherita, moglie di Guelfo.

•                Il 1 luglio 1351 il presbitero Simone di Putio di Canino paga 4 fiorini perché si diceva che avesse rapporti con una concubina.

•                Il 10 giugno 1355 Iocio Martinelli di Grotte paga 50 lire paparine per aver preso Vannuzza figlia di Cagni, cono­scendola carnalmente.

•                Il 16 giugno 1355 Giovanna, moglie di Santuccio di Menico fornaio di Montefiascone, paga 25 lire paparine per aver commesso adulterio con Giovanni Lembo.
 

•                Il 13 ottobre 1357 Bartolomeo Blasio di Celleno, abitante a Montefiascone, paga 18• fiorini perché entrato nella casa di Sanuzzo e della moglie Van­nuzza, conobbe carnalmente detta Vannuzza e con il suo consenso commise adulterio due volte. E ugualmente da Antonio Rossi di Montefiascone, condannato come sopra per aver anche lui cono­sciuto carnalmente la detta Vannuzza, quia accessit etc. ipsam Vannutiam etc. ut sopra 18. flor. cum 3. quartis.

Ora, pur non cedendo alla mala fede, credo che qualche perplessità sul comportamento morale di questa Vannuzza legittimamente sorga. E resta la curiosità ­di scarsa importanza e destinata a rimanere comunque insoddisfatta ­di conoscere il suo carattere e, tutto considerato, anche quello del marito Sanuzzo.

Per quanto riguarda le san­zioni del caso, quelle previste sarebbero state di 25 fiorini per ognuno dei due “seduttori”, ma essendo state pagate entro il termine di 15 giorni, gli stessi ­grazie a una clausola ancora oggi attua­le ­beneficiarono dello sconto di un quarto della somma, dectracta sibi quarta parte dicte condem­pnationis propter solutionem per eum factam infra terminum XV. Dierum post latam sententiam secun­dum formam novarum constitutionum.

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