Viterbo STORIA
Alessandro Gatti

 Giuseppe Garibaldi

Il 3 novembre 1867 i pontifici trionferanno definitivamente  a Mentana e bisognerà attendere la Breccia di Porta Pia per trovare la vera unità.

Si potrà dunque finalmente parlare d’Italia unita?

In quello sfortunato ottobre del 1867 tramontarono i sogni dei volontari che alla causa dell’unità d’Italia avevano sacrificato la propria vita.

I pontifici trionfarono accompagnati dall’echeggiare delle esultanze della maggior parte dei popolani, i quali non credettero e non vollero l’Italia unita.

“Viva Pio IX”… ”Viva Pio IX”. Queste grida euforiche di gioia furono il trionfo della Chiesa di Roma e la tristezza del tricolore nostro che, all’epoca, non tutti volevano. Sarà per ignoranza, o per meschina riluttanza al cambiamento, quei viterbesi d’allora, proprio come molti di quelli d’oggi, non salutarono la novità né provarono a comprenderla. Vero è che quell’ideale non si seppe comunicare loro e le giubbe rosse vennero viste come una schiera di briganti.

Dalla disfatta di Bagnoregio i garibaldini tentarono un ultimo e disperato tentativo di conquista del viterbese. Alle  tre del pomeriggio del 22 ottobre Acerbi muoveva con 1400 uomini da Torre Alfina, puntando dritto su Viterbo. Ad attendere i prodi un drappello di “Dragoni pontifici”, a vanificare l’effetto sorpresa. I garibaldini erano attesi e sotto le mura di Viterbo trovò morte gloriosa il maggiore Luigi de Franchis.

Le alte mura di Viterbo resero pressoché impossibile l’espugnazione della città da parte dei valorosi uomini che perseguivano l’intento del tricolore. Fallirono gli attacchi dei garibaldini a Porta della Verità e a Porta Fiorentina. Acerbi, costretto alla ritirata, si diresse nuovamente lungo la Capraccia dove sperava la ricongiunzione con i comparti di Torre Alfina.

A capovolgere la situazione a favore dei garibaldini, sarà l’annuncio della fuga di Garibaldi da Caprera. Eludendo la sorveglianza, il 20 ottobre Garibaldi giunse a Firenze passando per Livorno. La notizia del ricongiungimento di questo con il figlio Menotti, a Passo Corese, allarmò i pontifici che decisero di far convergere tutte le truppe attorno all’Urbe.

Vennero pertanto chiamati tutti gli effettivi e sgomberata Viterbo e provincia entro il 30 ottobre. A questo punto Acerbi assumerà il titolo di prodittatore ed annetterà Viterbo al Regno d’Italia, dichiarando decaduto lo stato Pontificio.

Di lì a poco la disfatta di Mentana siglerà la sconfitta definitiva dei volontari garibaldini. Per ora venne convocato un plebiscito alla sala del Comune, il 4 novembre alle ore 13. Acerbi ordinò anche agli altri comuni di indire le votazioni per l’annessione al Regno d’Italia con Roma capitale.

I plebisciti votarono per l’annessione all’unanimità a Montefiascone e Bagnaia, con poco più di mille voti favorevoli a Vetralla e Soriano. Non avranno luogo, invece ad Orte ed Acquapendente poiché vi si erano stanziate coattamente truppe italiane fin dal 30 ottobre. Si ignorano gli esiti delle votazioni a Bagnoregio che, ancora una volta, il destino aveva voluto sotto il controllo garibaldino.

Che durante le battaglie i garibaldini vennero visti ed additati come criminali fu un dato di fatto ma si sa, la gente ama schierarsi dalla parte del più forte e poche  volte è mossa da reali motivazioni di cuore e da animose passioni d’amor patrio. Secondo i pontifici i dati dei plebisciti vennero falsati, questo è quanto appare nell’opera “I Crociati di San Pietro” nel quaderno 484 della “Civiltà Cattolica”, del 21 maggio 1870.

Lasciando da parte i rancori, tenendo conto che quell’Unità d’Italia alla fine s’avrà, nel 1870, con la Breccia di Porta Pia, soffermiamoci ora sul senso ultimo del perché dei volontari debbano dare la propria vita per qualcosa in cui credono.

Quanti persero la vita in quell’impresa disperata lo fecero, è vero, per propria gloria. E’ altrettanto vero che tale gloria la ricercarono nell’ideale elevato di un’ Italia unita. Questo principio di unità non  fu equamente sentito da tutti. Gli Italiani furono divisi da subito. Gli Italiani nacquero come popolo diviso, si unirono e combatterono divisi.

Perfino nel perseguire lo stesso fine apparvero divisi. La battaglia di Mentana sarebbe stata vinta se i reparti avessero saputo comunicare fra loro. A Bagnoregio, il 5 ottobre, non ci sarebbe mai stato quel bagno di sangue se non ci fossero stati disordini e divisioni nella logistica del comando. Da subito il problema degli Italiani fu che si trovarono divisi.

Alla fine di tutto e a conti fatti costituiranno a fatica una Nazione sotto un unico vessillo senza però cessare d’esser divisi.

bibliografia:

- Francesco Petrangeli Papini: la Battaglia di Bagnorea, Mario Bulzoni editore, 1965

- Mentana, cenni storici sulla campagna del 1867, Milano, ed.Bosi, 1874

- I volontari garibaldini del 1867 nella provincia di Viterbo, jesi, Tip. Economica, 1895

- Da Bagnorea a Mentana, Tip. ed Romana, 1878.

- fac.cimile Osservatore Romano 12 ottobre 1867

- www.aliantetuscia.com

- “I Crociati di San Pietro”, quaderno 484 della “Civiltà Cattolica”, del 21 maggio 1870.

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