Blera STORIA
Giuseppe Bellucci

Il somaro scendeva lentamente giù per le piagge, a capo basso, attento a dove poggiare gli zoccoli sul terreno scosceso e disuguale, quasi cosciente di dover salvaguardare oltre alla propria incolumità, anche il carico ciondolante che portava legato al basto: una grossa valigia di cartone più altri due robusti fagotti.

Il bagaglio di un viaggiatore. Dietro di esso, il conducente, il viaggiatore stesso e qualcuno che lo accompagnava.

Giunto in fondo alla valle in cui scorre il torrente Biedano, il minuscolo gruppo superava il ponte medievale e poi risaliva sull’altro versante della collina dirimpetto, non meno ripido e accidentato di quello appena disceso e finalmente spuntava sul pianoro. Proseguiva ancora per alcune decine di metri al termine dei quali poteva deporre il carico davanti alla stazione ferroviaria e attendere il treno. Era questo press’a poco il diuturno tran tran che i cittadini di Blera dovevano affrontare negli tra il 1929 e il 1937.

Per raggiungere la stazione non c’era altra possibilità che percorrere a piedi il tortuoso tragitto, poco più che una mulattiera, ovvero, avvalersi della collaborazione di un asino o un cavallo per il trasporto del bagaglio.

La ferrovia Civitavecchia-Orte, progettata per collegare le acciaierie di Terni al porto di Civitavecchia, aveva sottratto Blera all’isolamento in cui versava, ma era innegabile il grave disagio per fruire del mezzo di locomozione.

Questo asse ferroviario era stato aperto al traffico nel 1929 anche se era stato inaugurato l’anno precedente.

Le previsioni per un miglioramento socio-economico del piccolo centro agricolo non potevano prescindere dal considerare le difficoltà dei cittadini nel fruire di questa importante via di comunicazione.

Si rendeva perciò necessario costruire un altro ponte, oltre ai tre esistenti sul fondovalle, ma stavolta alla stessa quota del centro abitato.

La progettazione e il calcolo furono affidati all’ingegnere Giulio KRALL (Trieste 1901 –Roma 1971).

Il grande tecnico, laureato in ingegneria civile nel 1923 (a soli 22 anni!) al Politecnico di Milano ed in matematica nel 1924 all’Università di Roma, era già noto per le ricerche sulla meccanica analitica, la meccanica celeste e la meccanica applicata. Alla ricerca scientifica associava anche un’intensa attività professionale: era stato il progettista e calcolatore dei bacini di carenaggio di Genova e Napoli, nonché di numerosi ponti in Italia tra i quali il ponte Testaccio a Roma e il ponte di mezzo a Pisa e all’estero, in particolare in Etiopia. Fu tra i primi in Italia ad introdurre l’uso di strutture sottili. Il ponte di Blera, elegante nella sua sobrietà, ne è un esempio.

La costruzione venne eseguita dalla S.A.I. Ferrobeton di Roma su disegno e calcolo del Krall per provvedere alla continuità della strada che avrebbe unito il paese alla stazione ferroviaria.

Fu un’impresa gigantesca e ardimentosa per l’epoca: un ponte in cemento armato ad un solo arco di 90 metri di luce ad un’altezza di 65 mt.

A quei tempi i tubi innocenti per le impalcature non erano nemmeno immaginabili e le costruzioni venivano erette con il massiccio impiego di travi di legno.

Per realizzare l’enorme centina si cominciò innalzando dal fondovalle quattro grandi piloni la cui elevazione fu eseguita col sistema progressivo ad avanzamento interno dei casseri senza incastellatura esterna. Sulla sommità, grazie ad una teleferica lanciata tra le due sponde, furono poi poste in opera le travi a traliccio che costituirono il piano di lavoro sul quale sarebbe stato possibile impostare  le campate triangolari e successivamente le capriate laterali. Una volta completata la struttura lignea dell’arco e collocata l’armatura in ferro, fu proceduto alla gettata del cemento. In contemporanea nelle pareti rocciose dei due versanti, venne ricava la strada di congiungimento.

Nonostante gli accorgimenti antinfortunistici, l’opera reclamò purtroppo una vittima. Un operaio cadde nel vuoto durante i lavori.

Per realizzare il manufatto occorsero 2000 giornate lavorative e, nel 1937, venne inaugurato alla presenza del ministro dei lavori pubblici.

Con questa opera, ardita ed elegantemente ben inserita nel paesaggio, i blerani potevano finalmente fruire del treno senza più il calvario del fondovalle.

Essendo stato costruito principalmente per unire il paese alla stazione ferroviaria, a Blera, citare il ponte è come citare la stazione stessa. A tal proposito vale la pena dare un’occhiata veloce alla tipologia di queste costruzioni nelle quali, nonostante ormai dappertutto rimangano solo ruderi pericolanti, sono ancora possibili delle constatazioni.

Il modello architettonico di quelle ubicate sulla Civitavecchia-Orte, era particolare ed unico in tutta Italia. L’esterno presentava decorazioni di stile romano e tocchi liberty. Il progetto inoltre era lo stesso per tutte le stazioni e la pianta faceva riferimento al tipo “A” del 1906.

La facciata verso la ferrovia aveva aperture a piano terra e piano superiore disposte simmetricamente.  Le versioni potevano essere: piccola, media e grande. Quella media, più diffusa, presentava tre porte sovrastate da altrettante finestre. Quella di Blera invece, unica in tutta la linea, era la versione grande presentando quattro porte e altrettante finestre.

I nomi erano scritti su maioliche gialle e visibili sui tre lati, l’intonaco aveva il color dell’ocra, le porte e le finestre erano incastonate in cornicioni bianchi come bianco era lo zoccolo di tufo lavorato a bugnato. Altro elemento distintivo, poiché inusuale per l’edilizia civile di questi luoghi, era rappresentato dalle mensole che sorreggono il tetto le quali sono molto grandi.

La tratta Capranica – Civitavecchia, comprendente anche Blera venne soppressa nel 1961 a seguito di una frana sul fiume Mignone. In realtà non risultava più essere conveniente economicamente. Il trasporto su gomma stava già facendo passi da gigante per rapidità e facilità nel raggiungimento delle destinazioni. Di qui l’inesorabile abbandono e la cannibalizzazione a cui furono soggette tutte le strutture ad essa connesse. Non più utilizzata, di questa ferrovia se ne parlò ancora negli anni successivi ma solo come set cinematografico. Soprattutto la stazione di Blera e le immediate vicinanze furono utilizzate per la realizzazione di alcune sequenze nei film:

“Un esercito di cinque uomini” del 1969 di italo Zingarelli con Bud Spencer,

“Il piatto piange” nel 1974 diretto da Paolo Nuzzi, tratto dall’omonimo romanzo di Piero Chiara e “Quel maledetto treno blindato” nel 1978 , di Enzo Castellari.