Viterbo STORIA VITERBESE PER GUARDARE, APPREZZARE E CONSERVARE LA NOSTRA CITTA'
Mauro Galeotti

Vedi le foto, anche inedite, a fine articolo (Archivio Mauro Galeotti)

 

La Madonna della Carbonara

 Chiesa di santa Maria della Carbonara

Poco oltre la Torre di messer Braimando, sulla sinistra è la Chiesa di santa Maria della Carbonara nominata sin dal 1232, come annota Giuseppe Signorelli sul manoscritto delle Chiese di Viterbo.

Esisteva con certezza alla fine del XII secolo, quando vi fu sepolto il precettore Artusio de Pocapalia, come riferiscono gli inquisitori papali di Viterbo i fratelli templari Gerardo da Piacenza e Pietro di Valentino.

Nel 1236 è detta parrocchia. Francesco Orioli riferisce di un atto redatto nel 1243 «sub volta» della Chiesa di santa Maria della Carbonara per l’acquisto di due case poste vicino alla Chiesa di santa Maria in Poggio, per conto dell’imperatore Federico II, che voleva costruire in quel sito il suo palazzo.

Già nel 1309 la chiesa apparteneva all’Ordine dei Templari, lo testimonia un processo intentato a quei cavalieri nello Stato della Chiesa e negli Abruzzi.

In quel periodo la chiesa venne data in custodia a Giovanni, presbitero della Chiesa di san Giovanni in Valle.

Nel 1312 fu concessa all’Ordine Gerosolimitano, ma secondo Gino Rosi (1898 - 1930) quest’ordine l’ebbe sin dalla costruzione.

La chiesa è detta della Carbonara perché costruita presso una di quelle difese costituite da larghi fossati aperti al tempo dell’assedio di Viterbo tenuto da Federico II (1243 - 1244).

Nel 1344 appartiene ai Cavalieri di Rodi o, come scrive Scriattoli, all’Ordine degli Spedalieri di san Giovanni di Gerusalemme, e nel 1348 viene menzionato il convento annesso.

Enzo Valentini, in un suo studio, riporta l’inventario dei beni appartenuti alla chiesa, redatto nel 1449, e conservato a Malta.

Nel 1457, un palazzo in Piazza san Lorenzo, appartenuto alla chiesa, fu demolito per acquisire i sassi necessari per la costruzione della Rocca Albornoz.

Fu officiata, nel 1561, dalla Confraternita dell’Annunziata che, l’8 Luglio 1565, la prese in affitto per quarantacinque scudi e che abbandonò nel 1568. Nel 1574 la parrocchia, già esistente dal 1236, è unita a quella di san Lorenzo. 

Nel 1581 la Confraternita della Misericordia si unì a quella del Gonfalone per l’esiguo numero dei confratelli che ne facevano parte. Nel 1631 furono eseguiti dei restauri nella chiesa da fra’ Tiberio Montemellino di Perugia il quale, afferma Giuseppe Signorelli, «tolse via la forma antica distruggendo le pitture che v’erano». Di lui era una iscrizione sopra la porta della Chiesa, che ricordava «che restaurò tutta la Chiesa con adornamenti di pitture», lo ricorda un cabreo del 1662.

In quell’anno Giovan Battista Ansidei, perugino, fece rifare il tetto con copertini di canali e coppi, che, è ancora Signorelli, «custodiva l’antichissima pittura del santissimo Salvatore sulla porta esterna».

Altri restauri furono eseguiti nel 1796, grazie a frate Carlo Candido del quale era a ricordo una iscrizione. Il Governo francese, requisiti i beni della chiesa, li rivendette ai privati. 

Santa Maria fu acquistata da un certo Santori, poi nel 1807, per opera di frate Candido ritornò all’Ordine di Malta.

Chiusa al culto per diversi anni, fu riaperta il 10 Maggio 1964 alla presenza del Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, fra’ Angelo de Mojana e del cardinale Paolo Giobbe, datario di papa Paolo VI, dopo i restauri eseguiti su finanziamento della Cassa di Risparmio di Viterbo.

In quell’occasione è stata collocata a sinistra dell’ingresso, per chi entra, l’epigrafe in marmo:
Questo antico tempio dei Cavalieri Gerosolimitani / sorto nel sec. XII divenuto poi / Commenda di Santa Maria in Carbonara / guasto dalle ingiurie del tempo / è stato ripristinato a cura della / Cassa di risparmio della Provincia di Viterbo / e riaperto solennemente al culto / da S. Em. il cardinale Paolo Giobbe / presente / S. altezza Em.ma il principe Gran Maestro del / S.M.O.M. / fra Angelo De’ Mojana / plaudenti autorità clero cavalieri e popolo / addì 10 Maggio 1964.

La facciata in pietra di peperino è costituita da un semplice portale con sull’architrave uno stemma raffigurante una croce greca, scomparso da qualche tempo. 

Per Gino Rosi è una Croce di Malta forse del ‘500. In alto dava luce all’interno un’apertura ad arco a tutto sesto, poi resa rotonda come era in origine. Alla sommità, sotto la cornice, lungo le spiovenze del tetto, sono incastonati piatti in ceramica decorati che hanno sostituito altri più antichi, che erano in numero di dieci, o forse undici.

Nel 1922 i frammenti esistenti, visti da Gino Rosi e Umberto Richiello che li descrivono sulla rivista Faenza, mostravano che le scodelle erano ingobbiate e graffite ad eccezione del piatto a sinistra di chi guarda la chiesa, che ricorda la maiolica moresca. Scrive Rosi (1924) che gli acquerelli a colori, eseguiti da Richiello, riproducenti le ceramiche, sono depositati presso la R. Scuola dell’Arte Ceramica a Faenza.

Dalla parte opposta era invece una scodella. Questa presentava ornamenti che circondavano una T e che si intrecciavano intorno ad una stella a sei raggi, formata da due triangoli incastrati tra loro. Ma ecco cos’altro leggo sulla rivista Faenza:
"Nel mezzo del timpano c’è una traccia rettangolare che poteva contenere il titolo della chiesa, in pietra, ma anche una lastra ceramica. Qualcuna delle scodelle manca ora del tutto e ne resta solo la concavità nel muro".

Sulla parte centrale era visibile, fino ai primi del nostro secolo, un affresco raffigurante il Salvatore affiancato da due angeli in adorazione con aureola in oro a rilievo. All’interno, sopra alla porta d’ingresso, è lo stemma in marmo con cornice della famiglia Bussi. Su un «vaso dell’acqua santa» era una epigrafe del seguente tenore, Petrus filius Bentivenga ad honorem Dei et Mariae virginis me fecit, riferita ad una acquasantiera risalente al 1150 circa.

Feliciano Bussi da ciò deduce che la chiesa sia stata fondata da Pietro Bentivenga.

Andrea Scriattoli nel 1920 afferma che l’iscrizione è «in una parete».

Vi è anche un’altra epigrafe del 1524, in peperino, proveniente dalla Chiesa di santa Maria del Paradiso, già sulla pietra tombale del balivo del Gran Maestro Filippo Villiers de l’Isle Adam, ed ora murata sulla parete di controfacciata a destra dell’ingresso, dove è scritto:
R.do fratri Thomae Schiffel / militi Aquillae / baiulivo suo senescalcho / magni probatissimique consilii / viro de religione Hie / rosolimitana semper / benemerito rev.mus ma / gnus Rodi magister / de l’Isle Adam posuit / obiit: augusti MCCCC-CXXIIII.

Sopra a questa è l’altra epigrafe in marmo:
[Croce di Malta bianca su tondo in rosso] Comitato viterbese dei Cavalieri di Malta / S.E. Rev.ma Mons. Adelchi Albanesi / Mons. Stanislao Regni / Don. Gabriele Jannariello / Paolo Fani Ciotti / Giuseppe Siciliano De Gentili / Nicola Lemmi Gigli / Vincenzo Ludovisi / Franco Pierro / Orazio Puletti / Alberto Pulselli / Domenico Smargiassi / promotori delle manifestazioni del 10-V-1964.

A destra dell’altare maggiore è un vecchio ingresso murato con sull’architrave la scritta Philippus [stemma] Sclafenatus, Filippo Schiaffinati, al centro è lo stemma col castello e le torri di cui scrivo appresso.

Dove era la porta è stata collocata una piccola nicchia protetta da un cancelletto con in basso l’iscrizione su marmo:
Reliquia di santa Edvige / dono / dei Cavalieri Slesiani del S.M.O.M. / ai confratelli di Viterbo / 16 Maggio 1967.

A sinistra dello stipite del medesimo ingresso è rimasta una parte di un fregio lobato.

Sull’altare maggiore era una tavola raffigurante la Madonna col Bambino, detta la Madonna della Carbonara, in stile bizantino, che nel 1911, a seguito dell'abbandono della chiesa, per volontà del cardinale Pietro La Fontaine, fu trasferita nella Chiesa cattedrale di san Lorenzo, dal 2000 è al Museo del Colle del Duomo.

Nel 1946 Garrison (1957) scrive la nuova collocazione della tavola nella Chiesa di Santa Maria Nova a Viterbo, a seguito dei bombardamenti che colpirono la Cattedrale  poi, nuovamente fu trasferita in duomo.

Nel 1986 la tavola fu rubata da ignoti, successivamente fu ritrovata dai Carabinieri, una sua copia si trova presso la Cattedrale.
Sulla base della tavola è la scritta "Alma Virgo parit q(uem) falsa sofia negavit". La Vergine generò colui ha negato la falsa sapienza.

L’altare maggiore nel 2002 si presenta con una semplice tavola sostenuta da un cubo, il tutto in peperino.

Dell’immagine della Madonna della Carbonara esistono alcune stampe tratte da lastra di rame incise da Carlo Sella, verso la metà del XIX secolo, in una che possiedo leggo: Immagine di Maria SS.ma che si venera in Viterbo nella / Chiesa di S. Maria in Carbonara dei Religiosi delle Scuole Xne [Cristiane].

In un’altra stampa, che reputo settecentesca, di dimensioni più grandi della precedente, è raffigurata la Madonna col Bambino con in basso, oltre la scritta che è sulla tavola che appresso riferisco, le parole:
Antica miracolosa im(magine) d(et)ta S. Maria in Carbonara / che si venera in Viterbo nella Com(menda) del S. Ord(ine) Gerosol(imitano) / custodita dai Religiosi delle Scuole Cristiane.
Al centro della scritta è uno stemma con una stella a cinque raggi.

Sulla parete, alla sinistra dell’altare maggiore, è un bassorilievo in bronzo, di particolare effetto, riproducente il volto della Madonna.

Il soffitto della piccola sacrestia, subito appresso, è affrescato e presenta uno stemma raffigurante una croce con tre stelle a cinque raggi, due ai lati della croce e una in punta.

Fuori dalla chiesa, a sinistra di chi esce, è la porta già ingresso del convento e della residenza dei Cavalieri Gerosolimitani. Sopra all’architrave è lo stemma del cavaliere Vincenzo Ginori, fiorentino della fine del secolo XVI, nel cartiglio è scritto:
F. Vinc. Ginorus / flor. co. Hier.

Lo stemma è:
d’azzurro alla banda caricata di 3 stelle a 5 raggi del campo ed accostata nel cantone sinistro del corpo di un fiordaliso d’oro, al capo con croce.

Altri stemmi all’interno sugli architravi del fabbricato, sono di Filippo Schiaffinati, dove è scritto:
F. Filippus Sclafenatus mi(les) Ie(rosolimitanus). Ossia, Filippo Schiaffinati cavaliere Gerosolimitano, lo stemma riproduce un castello merlato con due torri dal centro del quale si eleva un albero dai rami a doppia croce di sant’Andrea, al capo la croce. Nella sala della casa sono anche gli stemmi di fra’ Tiberio Montemellino, quest’ultimo, come visto, era perugino e restaurò la chiesa nel 1631. Il Montemellino morì il 5 Maggio 1632 e fu sepolto nella Chiesa di san Francesco.

La Chiesa di santa Maria della Carbonara ha il campanile a vela posto in senso longitudinale sopra al lato destro di chi guarda e porta una campana di piccole dimensioni.

Un cabreo del 1662 riferisce che le campane, in quel tempo, erano due e pesavano una libbre trecento e l’altra cinquanta.

L’abside all’esterno della chiesa ha le mensole della fascia inferiore con scolpite teste di animali e umane. In merito all’abside scrive Gino Rosi (1924), «si abbassa al di sotto del piano della Chiesa di circa 3 metri, formando così anche l’abside della cripta […] chiusi sono i due accessi alla cripta (in parte scavata nel tufo, e ormai devastata e adibita a stalla) i quali scendevano convergendo con leggera curva».

Francesco Cristofori, in una nota, riportata circa il 1890, nella rubrica delle Riforme del 1819 - 1820, scrive:
«Fontana de l’ex conv(en)to di S(an)ta Maria de la Charbonara. [L’acqua deriva] Da la fontana de la Piazza de la Morte».

Lungo la via è un arco che le sta a cavallo, al n° civico 46 è lo stemma in peperino raffigurante la T, il Tau di sant’Antonio, di fronte al quale, al n° 29, è lo stesso stemma, reso in affresco, con i colori d’azzurro alla T di marrone, assai deteriorato. Secondo Andrea Scriattoli questi stemmi si riferiscono all’Arte dei Tessitori.

La Chiesa è stata riaperta al culto e affidata ad una comunità Ortodossa rumena dal 25 marzo 2001, mediante convezione del Capitolo Cattedrale con l’Arcivescovo Joseph, Metropolita Ortodosso rumeno dell’Europa Occidentale e Meridionale.

La facciata della Chiesa di santa Maria della Carbonara

L'altare maggiore della Chiesa di santa Maria della Carbonara nel 1964 (Foto Bruti)

Lato sinistro della Chiesa di santa Maria della Carbonara nel 1964 (Foto Bruti)

Ingresso della Chiesa di santa Maria della Carbonara nel 1964 (Foto Bruti)

La croce templare nella sagrestia della Chiesa di santa Maria della Carbonara nel 1964 (Foto Bruti)

Facciata della Chiesa di santa Maria della Carbonara nel 1964 (Foto Goliardo Gabbianelli)

La Chiesa di santa Maria della Carbonara allestita dalla comunità Ortodossa