Lucia Maria Arena e Kolb Hans Rainer titolari dell'Antica Legatoria Viali di Viterbo

Viterbo STORIA DEL LIBRO, DELLE LEGATURE (Prima parte)
Mauro Galeotti
Viterbo ha il suo primo libro stampato nel 1488, il 12 Gennaio

Giovanni Gutenberg

La prima stampa eseguita da Giovanni Gutenberg e suoi compagni si ritiene risalga al 1451 e consiste nelle Lettere di indulgenza di papa Nicolò V.

Segue l'immenso lavoro di una Bibbia in folio divisa in due volumi conosciuta come la Bibbia delle 42 linee dal numero delle righe che formano ogni colonna, o anche Bibbia Mazarina perché il primo esemplare descritto in una bibliografia è proprio quello che si conserva nella Biblioteca Mazarina a Parigi. Ne furono stampati 150 copie su carta e 34 su pergamena, oggi ne restano solo 41 esemplari.

La prima stamperia che aprì in Italia fu a Subiaco nel Lazio per opera di Corrado Sweynheym e Arnoldo Pannartz. I due scesero in Italia nel 1464 su invito di alcuni monaci nel monastero benedettino di santa Scolastica e la prima opera certa impressa in Italia è da considerarsi il Lattanzio che reca la data 29 Ottobre 1465. Dopo Roma, nel 1467, nel 1469 la stampa raggiunge Venezia, poi nel 1470 Trevi e Foligno ed è proprio da qui che nasce la prima edizione della Divina Commedia.

Viterbo ha il suo primo libro stampato nel 1488, il 12 Gennaio. E' un trattatello di grammatica scritto da Servio Onorato, sul colophon dello stesso non è riportato il nome dello stampatore. Le origini della legatura si possono ricercare nei tempi assai antichi, quando i rotoli di papiro e di pergamena, per essere protetti, erano conservati in speciali scatole rotonde, dette capsae. Legatori di libri li troviamo ai tempi della Grecia antica e dell'Impero romano. Le legature in uso nel Quattrocento hanno particolari caratteristiche ed erano generalmente realizzate dai monaci nei monasteri, per questo sono chiamate legature monastiche.

Queste sono formate da due tavole di legno che costituiscono i piatti protetti, a loro volta dagli attriti e dalle abrasioni, da borchie metalliche. I volumi erano chiusi con fermagli che tenevano serrato il libro per proteggerlo dalla polvere e dalle deformazioni. I fermagli potevano essere applicati in coppia sul davanti e, per maggiore efficacia, se ne poteva inserire uno sul taglio superiore e un altro su quello inferiore.

Erano totalmente metallici o, in metallo, potevano essere solo l'elemento fissato con i chiodi sul piatto, il cosiddetto tenone, e il gancio, detto puntale collegato all'altro piatto da una fascetta di cuoio o di stoffa. Ancora non esistevano le dorature sui piatti e le decorazioni erano assai semplici e spesso di forma geometrica. I volumi, che erano assai pesanti, erano protetti non solo con borchie, ma anche con piedini e cantonali in metallo. Anche i labbri dei piatti erano protetti con listarelle di metallo, laminette, che erano fissate con chiodini. Il libro era conservato in piano e spesso si legava con una grossa catena di ferro fissata a una parete o ad un pluteo. Il dorso piatto si incomincia ad arrotondare e si introduce il gioco, ossia il piccolo spazio fra dorso e piatti che facilita l'apertura del libro.

Nasce anche l'unghiatura, ossia la sporgenza del piatto dal taglio del libro, ed il taglio è colorato di bruno e spesso reca il titolo manoscritto dell'opera. Il titolo è in prevalenza manoscritto sul taglio o su uno dei piatti della legatura. In seguito il formato del libro è ridotto per una maggiore maneggevolezza e di conseguenza anche le tavolette di legno si riducono e sono legate con striscette di cuoio, pratiche ed economiche. Le coperte sono realizzate con pelle di vitello, di pecora (pergamena) e di scrofa.

Sono decorate con fregi impressi a secco o a freddo e, solo successivamente, con l'uso delle foglie d'oro battuto. L'attrezzo che si usa per l'impressione dei fregi è detto semplicemente ferro e con lo stesso termine si indica anche l'impressione medesima. Due importanti ferri in uso dalla fine del Quattrocento sono la paletta e la rotella. Il primo porta un ornato lineare, che deve essere ripetuto di volta in volta, per imprimere bordure e contorni, il secondo è una ruota metallica incisa con il fregio desiderato che, ruotando su un asse fissato con una forcella su un manico, imprime il fregio stesso all'infinito.

Fine prima parte domani la seconda

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 I libri

di Mauro Galeotti

 

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