Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino, archeologa

Etruschi e Romani davano grande importanza ai prodigi, attraverso i quali le divinità comunicavano la loro volontà. Piogge di sassi, nascite mostruose e strani oggetti in cielo, che fanno pensare ai “dischi volanti” degli Alieni.

Nell’antica Etruria i prodigia, ossia gli eventi straordinari ed inattesi, erano considerati portatori di messaggi divini che gli uomini non dovevano ignorare. Ma la volontà degli dèi era spesso imperscrutabile per i profani, o comunque non agevolmente decifrabile. Per far ciò era necessario ricorrere a sacerdoti specializzati chiamati aruspici.

Esperti nella “Disciplina etrusca”, cioè nella mantica (divinazione), attraverso l’iniziazione alla conoscenza di un patrimonio sacrale tradizionale gelosamente custodito, tali sacerdoti erano in grado di decifrare correttamente i segni inusitati, indicando alla comunità il loro vero significato. Nel caso in cui nell’evento straordinario ravvisassero un valore nefasto, illustravano il modo ed i mezzi per purificarsi, al fine di ristabilire il giusto ed armonioso rapporto con le divinità.

I prodigia potevano essere di diversa natura, sia terrestri che celesti. Nella prima categoria erano comprese anche le nascite “mostruose”, che potevano riguardare sia esseri umani che animali, ad esempio bambini privi di un arto inferiore, o ermafroditi, oppure vitelli con due teste. Nel secondo caso, invece, rientravano le piogge di sassi o la caduta di strani oggetti dal cielo.

Stautetta in bronzo raffigurante un aruspice

Gli aruspici erano abilissimi anche nella lettura mantica delle viscere degli animali sacrificati, soprattutto del fegato, un organo che si credeva riverberasse l’assetto del mondo celeste dove vivevano gli dèi, come testimonia un importante reperto archeologico conosciuto con il nome di “Fegato di Piacenza. In cielo gli àuguri, altri sacerdoti di origine etrusca, osservano i fulmini, dalla forma e traiettoria dei quali traevano auspici, e il volo degli uccelli.

Il Fegato di Piacenza

La conquista romana dell’Etruria decretò non solo la fine politica delle diverse città-stato, ma progressivamente anche il declino della cultura degli Etruschi, della loro lingua, delle loro credenze e delle loro tradizioni, vittime di quel processo di omogeneizzazione che la romanizzazione irreversibilmente innescò ed attuò.

Tuttavia alcuni elementi della cultura etrusca, soprattutto quelli inerenti l’ambito magico-religioso, furono assunti e solo in parte rielaborati dai Romani. Tra questi vi fu proprio la mantica, poiché i conquistatori riconobbero che in tale ambito gli Etruschi erano stati, ed erano ancora, dei veri maestri. E’ singolare il fatto che anche in Etruria, come in altre zone dell’Italia ormai romana, continuarono a verificarsi prodigi, e spesso venivano interpellati proprio gli aruspici, a dimostrazione che quel patrimonio di conoscenze non era andato del tutto perduto.

Nella sua monumentale opera storica “Ab urbe condita”, Tito Livio (59 a.C.-17 d.C.) narrando le varie gesta del popolo romano dalla fondazione di Roma, spesso riportò fatti miracolosi. Molto tempo dopo, nel IV secolo d.C., lo scrittore romano Giulio Ossequente raccolse i vari prodigi trasmessi da Tito Livio in un’opera denominata “Liber prodigiorum” (“Il libro dei prodigi”).

Una nascita inconsueta si verificò a Saturnia, dove nel 124 a.C. fu partorito un “vitulus biceps” (“vitello con due teste”), e in questa stessa città nel 117 a.C. “androgynus annorum decem inventus et mari demersus” (“fu trovato un ermafrodito di dieci anni e fu annegato in mare”). Inoltre per eliminare la contaminazione causata dalla sua presenza, fu organizzata una processione di ventisette vergini che “urbem carmine lustraverunt” (“purificarono la città intonando canti”).

La contemporanea presenza di organi sessuali maschili e femminili in una persona era considerata contro natura, quindi portatrice di sventura, per questo motivo la comunità eliminò quell’indesiderato essere umano. A giudicare da altri casi che si verificarono in Italia in quel tempo, pare che l’annegamento o l’abbandono in mare su una barca fosse il triste destino riservato a queste sfortunate persone. Riguardo ai prodigia terrestri, nel 103 a.C. “In agro Vulsiniensi flamma e terra orta caelumque visa contingere” (“Nel territorio di Bolsena una fiamma si sollevò da terra e fu vista toccare il cielo”).

In quello stesso anno un altro evento insolito si verificò nel territorio di Tarquinia dove “lactis rivi terra scaturiente exorti” (“Fiumi di latte sgorgarono dalla terra che li emanava”). Furono subito interpellati gli aruspici e messo in pratica il loro responso, perciò “signa oleagina duo armata statuta supplicatumque” (“Furono innalzate due state armate in legno di ulivo e si fecero pubbliche cerimonie di espiazione.”). Forse si trattava di effigi che raffiguravano la dea Minerva (l’Atena greca), in considerazione del fatto che fu utilizzato legno di ulivo e che le figure erano provviste di armi.

L’ulivo era infatti considerato un albero sacro alla dea Minerva, vergine guerriera e perciò armata. Riguardo ai prodigia celesti nel 106 a.C. a Perugia, e contemporaneamente anche a Roma, “locis aliquot lacte pluit” (“In vari luoghi piovve latte”). Nel 102 a.C. dal cielo d’Etruria “lapidibus pluerat” (“piovvero pietre”), e a seguito di questo evento ritenuto infausto “novemdiale sacrum fuit” (“Furono compiuti riti espiatori per nove giorni”). Nel 100 a.C. nel cielo sopra Tarquinia fu visto un “fax ardens” (“un fascio di luce”) che brillò per alcuni minuti, poi precipitò con rapida caduta. Forse “fax ardens” va interpretato come una cometa, o come una meteora molto luminosa.

Raffigurazione pittorica di due auguri nella Tomba degli Auguri di Tarquinia

Ma ancora più insolito fu l’evento che accadde sempre a Tarquinia, nel medesimo giorno in cui fu visto il “fax ardens”. Infatti “sub occasu solis orbis clipei similis ab occidente ad orientem visu perferri” (“al tramonto un oggetto rotondo simile a uno scudo fu visto attraversare il cielo da occidente ad oriente”). Doveva comunque trattarsi di un segno fausto, perché gli spostamenti da ponente a levante, dove sorge il sole, erano considerati di buon auspicio. Riguardo all’ “oggetto rotondo simile ad uno scudo” gli ufologi vi hanno ravvisato la testimonianza di viaggi di Alieni con “dischi volanti”, nello spazio celeste sopra l’Etruria romana alla fine del II secolo a.C.

L’ipotesi è suggestiva e non mancano studiosi che da molto tempo si dedicano alla ricerca di testimonianze antiche, per avvalorare la tesi di periodiche apparizioni di navicelle extraterrestri nei cieli nostrani. Tuttavia bisogna sempre tenere presente che, quando si ha a che fare con antiche civiltà, non è facile distinguere tra i frutti dell’ immaginario mitico e la vera realtà dei fatti. Per esempio i Romani credevano che al tempo del re Numa Pompilio (715 a.C.-673 a.C.) uno scudo fosse caduto dal cielo. Il re stesso diede ordine ad un artigiano di costruire altri undici scudi sul modello di quello di provenienza celeste.

Tali oggetti furono affidati ai dodici sacerdoti Salii, che il 1° marzo di ogni anno li portavano in processione, cantando il “Carmen saliare” mentre li percuotevano con bastoni. Dunque come considerare questo racconto? Il resoconto veritiero di un oggetto “alieno” effettivamente caduto sulla terra, divenuto oggetto di culto proprio per il suo carattere magico, o al contrario il suggestivo mito di fondazione di un culto, che dall’invenzione di un’origine magica extraterrestre traeva la sua legittimazione religiosa?

Ragionando secondo la metodologia di ricerca dell’antropologia culturale, dobbiamo ritenere vera la seconda interpretazione, perché è un tratto tipico di ogni cultura umana l’invenzione di racconti di fondazione, il cui scopo è spiegare la presenza di varie istituzioni. Tuttavia in un senso più generale, ritengo che le ricerche ufologiche retrospettive, cioè che prendono in considerazione l’età antica per ricercarvi tracce di eventuali presenze extraterrestri, sono utili ma solo se condotte con rigore scientifico, astenendosi dal cedere a facili fraintendimenti e ad interpretazioni acritiche. Nessun elemento va trascurato, se può davvero gettare una nuova luce sulla conoscenza della “verità” di ciò che esiste, od è esistito.

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

chi è on line

Abbiamo 636 visitatori online

 

 I libri

di Mauro Galeotti

 

Cartonato - pag. 246 - euro 25,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it

Cartonato - pag. 808, a colori
da euro 120,00 a euro 80,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it