Viterbo CRONACA STORICA da "PIZZERIA IL MONASTERO VITERBO"
Nicolò Maria Torelli e Mauro Galeotti

 Leggi a fine articolo del Torelli, se hai tempo:

La storia della Sala della Madonna della Quercia nel Palazzo dei Priori di Viterbo

La Carrozza dei Priori del Comune di Viterbo, è stata tolta senza una valida spiegazione e ora non si sa che fine abbia fatto!

Ingresso alla Sala della Madonna della Quercia nel Palazzo dei Priori di Viterbo
(Foto Mauro Galeotti)

 

Ingresso alla Sala Regia dalla Sala della Madonna della Quercia
(Foto Mauro Galeotti)

"Città e Communi beneficati, e loro gratitudine

L’antichissima Città di Viterbo, preso tal nome dalle prime sillabe di Vitulonia, ed Arbano, parti più nobili, che la compongono, tra le sue molte prerogative non inferiore, ha sempre riconosciuto quella di esser stata eletta dalla Gran Madre di Dio residenza della sua miracolosa Immagine della Quercia.

Perciò sino dal principio la riconobbe per sua principal Protettrice, e Padrona, e come tale la fè effigiare nell’atrio avanti la Nobil Sala del Palazzo publico sopra la Porta di essa Sala; e d’intorno ne’ lati del medesimo Atrio si vedono parimente dipinti; e istoriati i suoi successi prodigiosi ne’ primi anni.

La fece anche dipingere sopra le sue porte principali, come si vede in quelle dette di Santa Lucia [oggi Porta Fiorentina], per dove si va a Civita vecchia.

Come poi si vede registrato negli Statuti di essa città lib. 1 rub. 7 fu stabilito che ogni tre mesi l’Illustrissimo, e Reverendis. Monsig. Governatore, l’Illustrissimi Signori Conservatori, li Signori Confalonieri, Consiliarii, Offiziali, Dottori, il Collegio degli Avvocati, Procuratori, e Notari, tutte le Arti, e loro Rettori, e tutti li Cittadini debbano andare a visitare la Chiesa della Madonna SS.ma della Quercia sotto pena di Libre dieci di Cera all’Eccllmi Signori Conservatori, e di due Libre a ciascuno degl’altri sopraddetti da applicarsi alla detta Chiesa.

Anche per altro voto tutte le Confraternite in forma di solennissima Processione, e gran popolo della Città, ogn’anno nel secondo giorno di Pasqua vanno a visitare, e ringraziare la loro Benefattrice.

Le grazie poi, che il Commune di Viterbo hà ricevuto in diversi tempi da questa miracolosa Imagine, si narraranno a’ suoi luoghi.

La Città di Orte per gratitudine di molte grazie ricevute da questa SSma Vergine aggregò alla sua Cittadinanza li Religiosi del Convento della Quercia; che perciò godono il passo della barca sopra ‘l Tevere, e tutti gl’altri privilegi, come li Paesani.

La Terra di Bagnaia più fortunata per aver vicina questa miracolosa Immagine, à esercitato sempre verso di Lei una singolar divozione, e nelli bisogni l’hà ritrovata sovente propizia, avendola preservata dalla peste, dal sacco dell’Esercito di Borbone, e altri infortuni, come si vedrà.

Viene perciò ogn’anno nel terzo giorno di Pasqua di Resurrezione processionalmente a visitarla con buon’offerta di Cera.

Anche la Terra di S.Martino per esser stata preservata dal contagio, e aver ricevuto altre grazie, viene parimente ogn’anno nel secondo giorno di Pasqua a visitarla in divota Processione, con portare un grosso Cereo.

La gran venerazione, che sempre hanno avuto alla Madonna della Quercia li Signori Romani, si puol raccorre da quello si è detto de’ sommi Pontefici, Eminentissimi Card., Signori Principi, e da quello si dirrà nel secondo Libro, essendo innumerabili gl’aggraziati d’ogni condizione, e sesso in quell’alma Città.

Sino dal principio li fabricarono una Chiesa detta la Madonna della Quercia, vicino a Campo de’ Fiori, e Piazza Farnese, quale avendo ottenuto l’Università de Macellari, vi fondorno la Confraternita con Sacchi bianchi, che fa per insegna la Madonna circondata da rami di Quercia; e dota ogn’anno buon numero di Zitelle.

Altre Chiese, e Capelle in diversi luoghi sono state consagrate a questa miracolosa Imagine, e tra l’altre una fra le Città di Lucca, e S. Miniato in luogo detto Altopasso.

Era quivi un divoto Eremita, che venuto a visitare questo Santuario l’anno 1630 richiese un ritratto della Madonna, che fatto similissimo, portollo in quel suo Romitorio: ed esposto alla publica venerazione, cominciò a far tante grazie, e miracoli, come anche fa al presente, che presto con elemosine de’ concorrenti, li fu fabricata una bella Chiesa.

Segue ancora la divozione, con un continuo, e numeroso concorso di gente, e se ne dispensano le stampe con S. Domenico da una parte, e S. Paolino Vescovo dall’altra".

(Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, pag. 52-54)

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La Sala della Madonna della Quercia nel Palazzo dei Priori di Viterbo
Mauro Galeotti, dal mio libro "L'illustrissima Città di Viterbo", Viterbo, 2002

Di fronte, in una lunetta sulla porta d’ingresso alla Sala regia, è l’immagine della Vergine col Bambino e angeli tra san Giovannino e san Lorenzo dipinta, per i più, nel 1488 dal viterbese Giovan Francesco d’Avanzarano detto il Fantastico (Viterbo 1465 c. - Montefiascone 1530 c.). Stando alla datazione dovrebbe essere questa la prima pittura eseguita nel palazzo, ma è da considerare che in quell’anno il palazzo era ancora in costruzione.

Attilio Carosi non è d’accordo, è certo che non è opera del Fantastico e afferma che questa pittura è da far risalire ai primi del XVI secolo.
In merito alla datazione 1488, lo scrive anche Cesare Pinzi nella guida di Viterbo, esiste la seguente notizia tratta dai Ricordi dei priori nel Novembre Dicembre del 1488 che leggo alla carta settanta:
«Avemo fatto fare una ymagine dela nostra donna benedicta, che non è fornita, nella prima sala grande del palazzo, dal figliuolo di Pietro Paolo de Vansarano».

Sivigliano Alloisi su Il Quattrocento a Viterbo afferma invece, come fa Carosi, che va scartata l’ipotesi del Pinzi di attribuire al pittore la lunetta anzidetta e attribuisce l’esecuzione dell’affresco agli inizi del 1500, come potrebbe far testo la scritta sull’architrave della porta sottostante dove è scolpito Iulius II pont. max. col suo stemma, che fu pontefice dal 1503 al 1513.
La citazione dei priori del 1488 potrebbe riferirsi a una pittura eseguita nel vecchio Palazzo dei priori, oggi Prefettura, anche perché non può considerarsi la sala in questione «sala grande».

I quadri riprodotti sono dieci e appare evidente che nove, eseguiti quasi certamente tra il 1561 ed il 1574, sono opera di uno stesso pittore, mentre quello sulla parete tra le due finestre è di altra mano più abile ed esperta e più tardo, da riferire tra il 1582 ed il 1586.
La volta fu rinforzata nel 1491.

Sulla lunetta, sopra l’ingresso dalle scale, è la Processione delle confraternite alla quercia, con l’immagine miracolosa della Madonna, effettuata domenica 20 Agosto 1467, per ringraziare la Vergine dello scampato pericolo della peste. Il cartiglio è purtroppo privo di scritta non più rintracciabile.

Sulla parete è pitturata un’altra Processione alla Quercia, questa volta al Santuario, dove partecipò anche la cittadinanza viterbese, scampata al pericolo dell’invasione delle cavallette avvenuta il 13 Maggio 1581. I Viterbesi donarono, per riconoscenza, la riproduzione della Città di Viterbo realizzata su una lastra d’argento dall’orafo Francesco Monaldi, noto dal 1551 al 1575. Questi, nel 1575, realizzò su alcune tazze lo stemma del Comune in argento dorato.

Voglio ricordare, per curiosità, che nel 1493 l’argenteria del Comune era conservata presso l’orefice Giulio, lo scrive Costantino G. Bulgari.
Dal campanile, che presenta un piano in più dell’originale, si affacciano alcuni fedeli curiosi.

In alto nel cartiglio era la scritta, secondo Nicolò Maria Torelli che la riferisce nel suo libro sui Miracoli della Madonna della Quercia, stampato nel 1725:
Almae Virgini ad Quercum / ex locustarum nimia clade / voto suscepto argenteam Urbis / et Agri iconographiam / Populus Viterbien-sis / Sal. An. 1581, D.D.D.

In seguito ai restauri del 1999 oggi leggo:
Almae Virgini ad Quercum / ex locustarum maxima clade / voto suscepto argenteam Urbis / et Agri iconographiam Pop. Vit. / III id. Maii MDLXXXI  D.D.D. / Carolo Montilio Epo [~ sulla p] et Carolo / E Comitum familia illmo [~ sulla m] Prolegato.

Nel primo riquadro affrescato sulla volta è Battista Juzzante con l’immagine della Madonna dipinta su tegola da mastro Monetto e collocata sulla quercia nel 1417.
In basso è scritto:
Imaginem Dei Genitricis pictura a Monecto [in r]udi tegula expressam / Baptista Pauli Iuzantis Viterb. religionis e[rg]o agresti vite / ad quercum alligat et procidens suam misericordiam exposcit. / Salut. An. MCCCCXVII.

Nel secondo riquadro I viandanti si inginocchiano davanti all’immagine miracolosa.
In basso è:
Sui Creatoris Matrem quercus ut agnoscit ramos / eius imaginem deflectens et cultu quondam / veneratur et ab imbribus ac aliis temporum / iniuriis tuetur. Sal. An. MCCCCCXIIII [è esatto MCCCCLXIIII].

Nel terzo riquadro si vede donna Bartolomea che ruba la tegola e poi è ritratta mentre la porta via con sè per ben due volte, è il 1465. La scena è raffigurata anche in una lunetta del chiostro con la cisterna della Basilica di santa Maria della Quercia.

Sotto è scritto:
Bartolomea eximia in hac immagine religione foemina Viterb. illam en quercu semel / atque iterum sublatam ut domum defert repente eundem ad locum / divinitus sibi dicatum redit Salus anno MCCCCLXV.

Il quarto riquadro presenta la tegola protetta da una cappellina in legno alla quale I Senesi vengono a ringraziare donando un ex-voto d’argento con raffigurata la loro città salvata da un terremoto, è il 1467.

Il testo:
Inclyna [leggi Inclyta] Senarum urbe centenis sexque denis / diris terraemotibus plane liberata grata et / pia illius resp. missis huc voti caussa proceri / bus suis mensam argenteam suae Urbis effigiem / referentem huic deiparae DD. Salut. Ann. / MCCCCLXVII.

Nel quinto riquadro un Viandante perseguito da alcuni uomini armati prega davanti alla madonna ed è salvato, è il 1467.

Sotto leggo:
Ad huius imaginis praesidium confugiens quem hostes / feri stricto gladio insequebantur obtutui ipsorum / invisis redditus hostili manu liberatur Salut. Ann. MCCCCLXVII.

Nel sesto riquadro Aumenta la devozione per la Madonna e inizia il primo pellegrinaggio da parte dei Viterbesi, tra i fedeli in prima fila, sono anche i malati, che chiedono la guarigione, è l’Agosto del 1467.

Sotto è scritto:
Nuncio utriusque miraculi accepto / frequens Viterbiensium multitudo ad / imaginem visendi ac venerandi caussa / sine cunctatione confluit Salut. Ann. MCCCCLXVII.

Nel settimo riquadro Quattordici paesi si recano dalla Madonna in pellegrinaggio portando doni, oramai i miracoli della Madonna sono assai noti. 
Non manca la presenza dei poveri malati. E’ il 30 Agosto 1467.

Sotto è riferito:
Ingentium miraculorum fama iam percrebescente quatuordecim populi / finitimi aliae que exterae nationes numero quadraginta millium / dominica die post gladiis hostilibus liberati miraculum sequen. / ad imaginem excolendam concurrunt magna voce illius misericor / diam implorantes ac pia munera offerentes. Salut. Ann. MCCCCLXVII.

L’ottavo riquadro presenta una cappellina in muratura, attorno alla tegola della Madonna, con lo svolgimento di una funzione religiosa dove è protagonista Dionisio da san Casciano che nel 1511 fu salvato, nonostante fosse ridotto a fin di vita dai malandrini. Il miracolo è dipinto anche in una lunetta del chiostro con la cisterna della Basilica di santa Maria della Quercia e sul tabernacolo, opera di Andrea Bregno, della medesima basilica.

Sotto è:
Sancassanessi [sostituisci la prima s con n] semivivo ad Helernu(m) nemus / sub lapidum congerie relicto cui crassator / impius collu(m) gladio ferme secuit linteolo [v]ul / neri obligato salutem Deipara restitui [leggi restituente conti-] / nuo huic imagini et grate et pie ag[it habetque] / gratias illius subsidio servatus Sal. [An. MDXI, per il Torelli l’anno è il MDXXIV].

La Sala della Madonna della Quercia è stata terminata di restaurare nel Febbraio 1999 su finanziamento del Comune di Viterbo e della Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici di Roma.
Responsabile del restauro è stato Bruno Marocchini che ha operato sui precedenti restauri eseguiti nel 1950.

Già in precedenza, il capo mastro Carlo Antonio Tedeschi, attivo dalla fine del ‘600, aveva avuto l’incarico di ripristinare quelle parti di affresco in deterioramento.
Interessante è stato il recente recupero dell’affresco posto tra le due finestre, infatti sono riaffiorati numerosi personaggi che passeggiano sui prati, nascosti da una ridipintura, forse col fine di portare più in primo piano la scena processionale.

La Carrozza dei Priori del Comune di Viterbo nella Sala della Madonna della Quercia... sparita!
(Foto Mauro Galeotti)


Era qui, nella Sala della Madonna della Quercia, la Carrozza del Comune, è stata tolta senza una valida spiegazione e ora non si sa che fine abbia fatto!

La carrozza appartenuta al Comune, restaurata nel 1997, è conservata al di là delle due colonne, decorate in giallo antico, che sostengono in un lato la volta della Sala della Madonna della Quercia. Per anni era rimasta abbandonata e dimenticata, lo ricordo bene perché l’ho vista rivoltata su un lato, nel magazzino-garage del Comune, in Via della Pescheria, a destra di chi guarda la Chiesa di santa Maria della Salute.
Agli inizi del secolo scorso era custodita, assieme ad altre due berline, nella sconsacrata Chiesa di sant’Agostino, che veniva impiegata in quel tempo come magazzino dei cereali.

A proposito il conte Cesare Pocci, gonfaloniere dal 1844 al 1845, fece acquistare al Comune le carrozze per maggiore rappresentatività nelle cerimonie importanti e vi impegnò una spesa di milleseicento scudi.

Il 22 Dicembre 1852 Settimio Monachesi ricevette un compenso di scudi 30.05 per i «restauri fatti alle tre carrozze Nobili di questo Ecc(ellentissi)mo Comune, cioè arrotate, stuccate, ritinte, e dorate in vari luoghi e dato infine la vernice coppale a tutti tre».

Nel 1864 venne redatta una Nota di spese incontrate dal sottoscritto Maestro di Casa del Comune Vincenzo Bordoni per il restauro delle carrozze [tre in tutto] dell’Eccellentissimo Municipio. 

In quell’occasione vennero spesi scudi 83,10 e furono incaricati: Francesco Leandri, per la fornitura della coppale inglese; Settimio Monachesi, nella qualità di verniciaro; Pietro Garbini, doratore; il pittore Gaetano Spadini, per alcuni ritocchi ai leoni, simbolo del Comune dipinti sugli sportelli, e «per piccoli lavori di Ferracocchio» tale Cappuccini. In verità trovo che il Comune aveva già in uso una carrozza, riparata dal fabbro Domenico Schiena il 12 Ottobre 1798, che era di Giovanni Giacomo Belli «da lui data in servizio del commandante di Piazza per il suo viaggio in Roma d’ordine della Municipalità».

Notizia delle carrozze si ha anche da Gaetano Coretini che, nel 1774, descrivendo i rubboni indossati dai Conservatori, di damasco per l’Estate e di velluto per l’Inverno, ricorda che quest’ultimi «quando vanno in forma pubblica marciano con due, e nelle funzioni più ragguardevoli con tre carrozze, con fiocchi alle teste de’ cavalli, preceduti sempre da uno de’ loro famigli con ombrelletta, e serviti da numerosa corte consistente in otto cappe nere, otto staffieri e quattro trombetti […] ed in tali occasioni da una cappa nera si porta una gran mazza di argento dorato con sopra un lione coronato avente sotto la destra branca il globo quadripartito colle quattro lettere F.A.V.L.».

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