Viterbo LA STORIA DI VITERBO
Mauro Galeotti (dal libro L'illustrissima Città di Viterbo)

 

Porta Valle e Torre detta della Bella Galiana nel 1890 circa (Archivio Mauro Galeotti)

Prima menzione del tratto di mura che va da Porta Faul a Porta di Valle si ha nel 1257 quando «fu fatto il muro a piè di Faule sino alle ripe di S. Chimente, il qual loco si chiamava la Valle del Tignoso», mentre Andrea Scriattoli e Cesare Pinzi lo fanno risalire al 1268.

Nel 1377, il 5 Novembre, piovve così tanto da riempire il letto del Torrente Urcionio, che straripò, allagando la Valle di Faul e rompendo le mura che proteggevano lo sbocco dalla città all’aperta campagna.
Qualche anno dopo, nel 1381, cadde in rovina il muro sotto alla Valle di Faul per lo stesso motivo e, ricorda il cronista d’Andrea, «fe’ uno fosso de sei passa».

Il 1° Novembre 1454 ancora una volta, a causa delle pioggie, l’acqua del Torrente Urcionio fece cadere di nuovo le mura, tre giorni dopo fu proposto di restaurare quanto era stato danneggiato.

La richiesta dei contributi necessari per i restauri delle mura, di cui scrivo, e anche di altri tratti, erano continui, sia da parte dei priori, che di Pietro Lunense, o Pietro di Luni, cancelliere del Comune e segretario pontificio. 

Questi portò a conoscenza, qualora ce ne fosse stato bisogno, visto che già era noto, che il papa concedeva venti ducati d’oro il mese. Ma, il 16 Luglio 1455, più determinate e documentate richieste convinsero papa Callisto III, a concedere almeno duecento ducati d’oro perché i lavori da intraprendere erano cospicui.

Porta Valle e Torre detta della Bella Galiana nel 1900 circa (Archivio Mauro Galeotti)

Tre anni dopo, nel 1457, si resero necessari ed urgenti altri restauri al muro, in più punti demolito. Poi, per maggore stabilità, nel 1464 fu costruito il muro con «la scarpa di fori a piè di Faule sino alla torre della Madonna. E misurato, fu canne 119 e piedi 22 e mezzo. Montò 198 ducati e bolognini 54 di camera».

Ancora un’alluvione, avvenuta il 17 Ottobre del 1493, distrusse questo tratto di mura, così il 15 Maggio del 1494, furono incaricati quattro cittadini che avevano il compito di provvedere al ripristino.

Anche l’anno 1530 fu infausto, infatti, il 6 Ottobre, si abbatté sulla città un nubifragio che demolì varie parti della cinta muraria. Il danno causato fu tanto grave e la spesa da impiegare così notevole, che i Viterbesi, per la ricostruzione, ebbero la riduzione delle imposte, non esclusa quella del sale.

Dalla pianta del Ligustri, 1596, su questo tratto trovo riportata una sola torre detta della Bella Galiana o del Branca.
Il 24 Gennaio 1639 fu rilevato, presso la Chiesa di santa Maria della Palomba, un danno alle mura, infatti:
«E’ caduto un pezzo di muraglia della Città sopra il Convento della Colomba e minaccia tutta via peggiori rovine, et essendo necessaria di risarcirla per non havere a fare spesa maggiore si propone, acciocché provedino per non havere a fare spesa maggiore».

In data 24 Settembre 1642 i conservatori della Città, scoppiata la guerra tra la Città di Castro e il papato, per garantire la difesa della città ordinano «Che si faccia una ferrata più soda e più forte al finestrino del Convento della Colomba fuori delle mura della Città overo che si muri».

Il 26 Ottobre 1706 ancora un’alluvione colpì le mura, tanto che il Torrente Urcionio, ingrossato dall’afflusso delle acque, straripò e ruppe le mura al Cunicchio e all’uscita della Valle di Faul.

Vennero ricostruite, ma nel quarto trimestre del 1742 i priori rammentano ai loro successori:
«Habbiamo visitato alcune muraglie della Città verso lo Spurgo [la Contrada lo Spurgo era detta anche «il Ridotto»] in un grottone e si è fatto descrivere dal Nostro Cancelliere lo stato del medesimo il quale si crede da Capomastri che col tempo possa rovinare e portar seco un quarto di muraglia di Città fondata sopra il medesimo onde potranno fare astringere i patronali a riattare per impedir detta rovina».

Porta Valle e Torre detta della Bella Galiana nel 1910 circa (Archivio Mauro Galeotti)

Nel codice delle Riforme del Consiglio generale dell’11 Giugno 1771, sempre in riferimento alla stessa zona, leggo:
«Essendo rovinata una porzione delle mura castellane in contrada lo Spurgo, e minacciando rovina anche per altro tratto per potersi venire al necessario riattamento si fu fatta formare [...] dal perito mastro Rocco Lucchi [1724 - 1804] la seguente perizia: 12 giugno 1771 [...] un pezzo di muro castellano rovinato da fondamenti in lunghezza di palmi 210, che si dovrà rifar di nuovo, fino all’altezza competente di palmi 22 compreso il fondamento per rinserrar detto vano ed in grossezza palmi 3 pietra.
In altro pezzo di muro restato in piedi tra il rovinato e la terra verso levante è necessario ripigliare il fondamento da una parte per tutto sgranato e scalzato ed in pericolo di cadere, ed in lunghezza palmi 110, altezza palmi 5, grossezza ragguagliata palmi 2 perimente con pietra. In altra partita di muro verso ponente sopra le due Mole da olio, e da Catollo, l’uno del V. Monastero di S. Bernardino, e l’altro del Sig. Tirasacchio in lunghezza di palmi 300 si ritrova il pericolo di rovinare detto muro, come si vede che minaccia con gran crepacci verso le dette Mole ed anche dalla parte di fuori verso la vigna degl’Obblati di S. Carlo, e perciò si dovrà riparare detta imminente rovina con buone e solide appuntellature per le parti, mentre diversamente non solo causerebbe la rovina di esso muro, ma anche delle suddette Mole e pregiudizio di essa vigna con gravissimo danno per poi dopo assicurato venire alla costruzione d’uno sperone dalla parte di dentro verso le Mole in lunghezza di palmi 15, altezza palmi 25, grossezza palmi 10 ragguagliato e tutto di pietra con rimurare e rinzeppare li crepacci con tavolozza, e calce grassa.

Dall’altra parte poi della vigna suddetta degli Obblati contro il destro sperone esiste un muro fatto per controforte, il quale da una parte è distaccato dal muro castellano ed ha formato un’intercapedine causata da vari alberi, e radiche nate dentro l’attaccatura di esso con il muro castellano e perciò si dovranno cavar tutte le dette radiche e ciocchi ed alberi e murare il vano di esso intercapedine fino da fondamenti in lunghezza di palmi 8, altezza palmi 50, grossezza con i pezzi che riempiranno i vani dove erano dette radiche, ed altro pezzo sotto la pianta del muro castellano ragguagliato palmi 4.
Sopra detto controforte dovrassi piantare uno sperone che resti contro il suddetto dalla parte di dentro per contrasto, acciò si abbia esso muro a rovinare nè dall’una nè dall’altra parte lunghezza palmi 20, altezza palmi 23, grossezza rag.to con legature nel vecchio palmi 6.

In altro pezzo di muro che prosiegue verso ponente sotto la torre poco distante dal descritto si dovranno ripigliare tutte le sfoderature che ivi nel fondamento esistono, che formano in più pezzi ca. 3 di muro.

In altro sito poco distante sono nel muro castellano due piante grosse di fico di dentro e di fuori corrispondenti, e con gran rami, e radiche sforzando così il muro castellano alla rovina, si dovrà pertanto sradicare la detta pianta e radiche e riempire il vano di muro che lascerà ca. 5 di muro» e continua più oltre valutando la spesa del restauro «stimo debba bisognarvi la somma di scudi duecento ottantacinque», firmato Rocco Lucchi.

Il dottore Giovanni Selli nel 1828 ricorda che il 25 Maggio 1817 il Torrente Urcionio, dopo una abbondante pioggia, uscì fuori dal suo alveo e «non solo ruppe e sbaragliò le bocchette di Faulle, ma atterrò eziandìo tutto il muro castellano superiore alle indicate bocchette, trasportandone i massi a molte canne di distanza […].

L’architetto sig. Tommaso Giusti fu incaricato del restauro e costruì con molta intelligenza quattro arcate ben solide e resistenti sopra le bocchette chiuse da un sottile muro di mattoni di calce, quali in caso d’inondazione cedessero facilmente al primo impeto, lasciando gli archi aperti e liberi al più facile passaggio del torrente minaccioso».

Padre Pio Semeria, sposta di due anni l’accaduto nelle Memorie che scrive intorno al 1825:
«Nel dì 26 maggio [1819] alle ore 19 in circa venne un gran rovescio d’acqua, accompagnato da tuoni, che durò due ore. Tutti i fossi uscirono dal loro letto. 
L’Alcione alla gabbia del cricco si sollevò qualche palmo sopra le lastre poste in semicircolo, e portò via alcune lastre traverse, che stavano nelle mura, e si aprì un gran varco.
A Faulle allagò tutto il campo, e usciva dalla porta. Gettò a terra e portò via tutto il muro, da cui usciva».

In data 7 Gennaio 1820, tramite pubblicazione e affissione di Notifica, si cercò un muratore, che intraprendesse i lavori di restauro del muro, presso l’uscita del Torrente Urcionio a Faul, rovinato il 26 Maggio 1819 per un’alluvione.

In una perizia di Giacomo Zei, del 13 Giugno 1830, inviata alla Sacra Congregazione del Buon Governo, tra l’altro è detto che «dalla torre di lato la Mola detta di Porta di Valle fino alla Porta chiusa della Palomba, il muro castellano è tutto sfoderato, per cui occorre riprenderlo» per evitare maggiori danni che, comunque, non si fanno desiderare.

Infatti, il 6 Settembre 1879, riporta La rosa strenna viterbese per l’anno 1881, che «Un forte e lungo acquazzone del 6 settembre mise a prova il muro con nuovo sistema testè ricostruito a Faulle nel luogo, dove esce di città l’Urcionio.
L’acqua torrenziale ostruì le cinque capaci aperture di uscita e se non avesse trovato sfogo per la vicina porta della città [Faul] avrebbe atterrate le sovrastanti cortine che a bella posta sono costrutte leggere».

Torre del Branca o della Bella Galiana

A destra di chi guarda Porta Faul è la Torre del Branca.

Porta Valle, Torre detta della Bella Galiana e abside della Chiesa di santa Maria della Palomba nel 1920 circa (Archivio Mauro Galeotti)

La torre fu eretta nel 1296 ed è più popolarmente nota come Torre della Bella Galiana, pur non avendo nessuna relazione con la storia della fanciulla viterbese, vissuta in tempi anteriori alla sua costruzione. 

Sulla sommità è una pietra rettangolare con a sinistra un martello, al centro due bande ondate e a destra le chiavi papali decussate con l’ingegno verso l’alto. Subito sotto sono murati due stemmi, simili e affiancati, con scolpite le branche di leone, stemma di Corrado del Branca da Gubbio, nominato podestà nel 1295, in carica fino al 1296.

Fu costruita con gli incassi dei diritti doganali provenienti dal porto di Montalto allora tributario di Viterbo.

Nel mezzo della facciata, in una cornice quadrata, è una apertura rotonda, che forse conteneva una iscrizione o un bassorilievo.

Più sotto invece è una bella epigrafe, un po’ erosa, ma che comunque conserva ancora le parole scolpite in carattere gotico antico, essa ricorda:
† I(n) n(om)i(n)e D(omi)ni am(en) a(n)no D(omi)ni MCC / nonag(esimo) VI nobil(is) vir do(mi)n(u)s Co(n) / rad(us) d(e) Bra(n)ca civis Eug(ubinus) pot(estas) / Civitat(is) Viterbii felici suo regi(min)e / decorat(us) honore ha(n)c turrim fec(it) / hedificari de redditu CL libr(arum) / p(a)p(a)r(inorum) que castr(um) Mo(n)tis Alti p(ro) / tertia parte port(us) p(er)tine(n)tis / ad co(mun)e Vit(er)bii tenetur eidem / co(mmun)i solvere a(n)nuatim Deo gr(atias).

Tradotta: Nel nome del Signore, amen. Nell'anno del Signore 1296 il nobile uomo Corrado del Branca, cittadino di Gubbio, podestà della città di Viterbo, onorato per il suo felice governo, fece edificare questa torre con il provento di 150 libbre paparine, che il castello di Montalto / la terza parte del porto spetta al Comune di Viterbo / è tenuto a pagare annualmente al medesimo Comune. Rendiamo grazie a Dio.

E’ del 1186 la prima cessione ai Viterbesi del terzo del porto di Montalto.

Il della Tuccia fa risalire all’anno 1174, la visione della Bella Galiana da questo tratto di mura, infatti «l’esercito de’ Romani venne in assedio a Viterbo per volerla a forza [la Bella Galiana] a petizione d’un lor signore, e stettero gran tempo. 
In fine non possendola avere domandorono grazia li fosse mostrata, e così li fu mostrata sopra il muro de Sancto Chimenti [san Clemente], ove furno scarcati tre merli e di questo contenti tornorno a Roma».

Nell’Ottobre del 1979 è stata restaura la Torre della Bella Galiana, dove era crollato l’arco a causa del terremoto del 1976. I lavori sono stati terminati nel Marzo del 1980.

In questi restauri, nel Novembre del 1979, dalla Ditta Alberto Ciorba, è stata ritrovata, sul lato sinistro di chi guarda l’iscrizione murata sulla facciata, una punta di freccia infilata tra i sassi della torre, forse scagliata da una balestra.

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