Viterbo STORIA VISSUTA
Liberamente tratto dall’opera “I profumi semplici della vita” di Maria Antonietta Ellebori

 

Secondo alcuni studiosi, fin dall’origine il vissuto del contadino ha deciso una quotidianità diversa dalle altre, dove risalta la dominanza di forme di pensiero e di comportamenti tradizionali, e l’esistenza di norme specifiche relative al pensiero ed all’eredità della terra, ed ancora alla formazione di comunità, poiché avverte l’allontanamento sociale, causa di un latente senso di inferiorità, aggravato dalla trascuratezza che, a volte, le istituzioni hanno elargito.

Nei primo novecento, la campagna non era ancora stata industrializzata e tutto avveniva ad opera di braccia maschili o … femminili, a seconda delle circostanze e dei luoghi.

ZUPPA DI CAVOLETTI E BACCALA’

Nei primi decenni del secolo scorso, i vigneti delle campagne dei colli romani erano coltivate soltanto dalle braccia delle famiglie vignaiuole. Uomini e donne, si alzavano alle prime luci dell’alba e si distribuivano lungo il podere, ciascuno per i propri compiti: chi zappava, chi potava, chi legava i tralci, chi raccoglieva le “matticelle”(sterpi della potatura); poi, verso le otto rientravano in casa per la prima colazione, che consisteva in una zuppa.

Se la zuppa era di cavoletti e baccalà … era una festa.

La tavolata era numerosa, e Zio Nicola, il capostipite, amava intrattenere con qualche aneddoto divertente, ma mirato ad illustrare un aspetto della quotidianità che tutti loro vivevano ed ad … insegnare qualcosa.

Appena i piatti erano distribuiti e dopo aver fatto il segno della croce, lui ingoiava il primo boccone, poi alzava uno sguardo panoramico sui presenti e cominciava a parlare.

Quel mattino ricordava un amico che aveva chiamato l’ultimo figlio con un nome molto curioso: Argenore.

Lo aveva incontrato per caso all’anagrafe dove quello stava registrando la nascita di un figlio e lui per ritirare un certificato.

Nicola si era complimentato ed aveva fatto gli auguri per il lieto evento, che nella famiglia contadina significava molto, soprattutto se il nascituro era maschio, ma anche le donne erano addestrate a lavorare la vigna fin da subito, pertanto un figlio era sempre ben accolto, qualsiasi fosse stato il sesso; l’importante era che fosse sano.

Era normale che lui chiedesse come l’avesse chiamato, ma rimase meravigliato dallo strano nome, mai sentito in giro.

“Ma non potevi chiamarlo Pietro?”- commentò Nicola.

E l’altro rispose:

“Ce l’ho!”

“Allora chiamalo Antonio”

“Ce l’ho!” – diceva l’altro.

Ed ogni volta che lo zio suggeriva un nome, l’altro rispondeva: “Ce l’ho!”

Visto che la lista sembrava inesauribile e spazientito, come se quello si stesse prendendo gioco di lui, alla fine Nicola esclamava: “Ma quanti figli hai?”

E l’altro: “Ventiquattro!!”

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Zuppa di Cavoletti e Baccalà

 

Si mette sul fuoco una pentola capiente, calcolando quattro mestoli di acqua a persona.

Quando bolle si aggiunge il baccalà secco e con tutte le spine, fatto a pezzetti, con la cipolla il prezzemolo, i pomodoretti e un piccolo peperoncino piccante.

Quando il baccalà sembra cotto si raccoglie con una ramina e si conserva in una ciotola.

Si filtra il liquido e si rimette sul fuoco.

A bollitura raggiunta si immergono i cavoletti e le patate a spicchi grossi.

Non bisogna assolutamente salare.

Quando tutto è pronto si tagliano le fette di pane nelle ciotole, si bagnano con il brodo, si uniscono le verdure e il baccalà.

Si irrora di olio a crudo e si gusta con un buon bicchiere di vino appena attinto dalla cantina.

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