Viterbo STORIA
Mauro Galeotti

 

Una rara immagine della Macchina di santa Rosa "Volo d'Angeli"
davanti al Santuario di santa Rosa

(Archivio Mauro Galeotti, copiala sul tuo computer e conservala)

 Il 3 settembre 1967 la Macchina di santa Rosa "Volo d'angeli", del costruttore Giuseppe Zucchi, nato a Viterbo nel 1922, si fermò in Via Cavour, avanti al Palazzo dell’Amministrazione provinciale, il Palazzo Galeotti, a causa, sembra, di qualche problema nella costruzione alta 30 metri, mai raggiunti prima, alcuni sostennero per il troppo peso, altri per i facchini giovani ancora inesperti.

I facchini lamentavano il fatto che durante il trasporto la Macchina si avvitava su se stessa, a causa della modifica eseguita dal costruttore, il quale aveva abolito le travi alla base, che fuoriescono sia nella parte anteriore che in quella posteriore, le cosiddette stanghette, e quindi anche una sensibile diminuzione del numero dei facchini stessi che avrebbero potuto controllare le "accollate", ossia lo sbalzo di maggior peso sulle spalle dei facchini.

Quella sera il caso volle che mi trovassi affacciato in un balcone del Palazzo Falcioni, che fa angolo con Via Romanelli, ospite dell’amico giornalista Mario Dini. Avevo sedici anni e fu un’esperienza terribile, emozionante, vissuta istante dopo istante.

La Macchina, superato il balcone su cui stavo, d’un tratto rallentò la sua corsa, si fermò sostenuta dai facchini e tra il panico dei presenti sbandò verso destra, colpendo la grondaia del Palazzo Galeotti, sede dell’Amministrazione provinciale.

Poi venni a sapere che anche al momento della partenza da san Sisto la Macchina piegò sulla destra.

Fu raddrizzata a fatica ed in soccorso furono fatti tornare indietro i cavalletti, che erano stati collocati nell’antistante Piazza del Plebiscito, ma l'attesa non fu breve, perché il panico aveva reso tutti impreparati.

Nel frattempo alcuni giovani facchini abbandonarono le loro postazioni, restarono sotto la Macchina i facchini che avevano esperienze passate e in loro aiuto entrarono sotto la base persone che erano lì per assistere al trasporto, incitate dai facchini che urlavano per il tremendo peso.

La Macchina, dopo i vani e disperati tentativi di Giuseppe Zucchi nei confronti dei facchini per far riprendere il trasporto, fu poggiata sui cavalletti, puntellata ed ancorata.

I facchini allora, si riposizionarono in formazione e percorsero le vie della città con coraggio e emozione, fino a raggiungere la Chiesa di santa Rosa, tra fischi e applausi.

Restò lì fino a quando fu smontata, tra discussioni ed interpretazioni sul fatto così straordinario, mai accaduto.

Giuseppe Zucchi tra le polemiche che divamparono, tra le opinioni più differenti, rammaricato, collocò sulla base un cartello, che firmò, con la scritta «Abbandonata dai Cavalieri di Santa Rosa».

Per l’infausta occasione fu scolpita una lapide che mi sembra di ricordare portasse le parole «Fermo Macchina di santa Rosa 1967», ma non fu mai collocata a dimora, anzi ho saputo che è stata distrutta verso il 1995, dopo essere stata custodita fino allora in una stanza del Palazzo dell’Amministrazione provinciale.

Restano a ricordo del fatto solo due anonime, dimenticate, grappe murate sulla facciata del palazzo stesso tra i numeri civici 22 e 24.

Fu fissata il 1° settembre 2007, alla presenza del sindaco Giancarlo Gabbianelli, del sindaco Salvatore Arena, in carica nel 1967, e del figlio di Zucchi, Luigi, al disotto delle grappe, una targa in metallo con la scritta "Qui si fermò quarant'anni fa / una Macchina che cambiò la storia / Volo d'angeli di Giuseppe Zucchi".

Erano allora presenti alla manifestazione anche la moglie del costruttore scomparso, Mafalda Rumori, il presidente della Provincia Alessandro Mazzoli, il costruttore e l’ideatore di “Ali di Luce”, Contaldo Cesarini e Raffaele Ascenzi, un gruppo di facchini d’oggi e di ieri, con alcuni assessori comunali, compreso Giovanni Arena, figlio di Salvatore. Ah, ovviamente c'ero anche io!

Il "Volo d'angeli", che raggiungeva i trenta metri di altezza, come ho scritto sopra, per la prima volta nella storia portò un nome e fu trasportata per ben dodici anni, fino al 1978. Da allora le Macchine che seguirono ebbero tutte un nome.

Ho l’onore di conservare un ciuffo, il numero 5 di quell’edizione, prezioso ed ambito dono del costruttore, col quale avevo una bella amicizia, con la dedica «All’amico Mauro Galeotti, l’autore-costruttore e direttore del Volo d’Angeli, anni 1967-1978, G. Zucchi».

Ma le imprese coraggiose e determinate di Giuseppe Zucchi non terminarono.

Nel 1975, nel costruire il capannone che accoglieva la Macchina di santa Rosa, un operaio purtroppo cadde dall’impalcatura e morì, era il 4 Agosto, a Zucchi venne ritirata l’autorizzazione per continuare a costruire il capannone stesso, il costruttore, caparbio e sicuro di sé, decise allora di erigere la Macchina priva di copertura, così il trasporto fu salvato.

Ho chiesto al sindaco Leonardo Michelini, nell'ultimo incontro in cui veniva presentato il trasporto della Macchina di santa Rosa 2017, di rendere operanti le due anonime grappe in Via Cavour e posizionare su di esse una lastra in pietra con scritto, in memoria di chi verrà dopo di noi, il ricordo di quel grande uomo che fu Giuseppe Zucchi, il quale ideò e realizzò un pezzo unico, raro e prezioso, inciso come un gioiello: Volo d'angeli.

La Macchina ferma in Via Cavour il 4 settembre 1967
(Archivio Mauro Galeotti)

Giuseppe Zucchi accarezzato dai suoi ciuffi e dal Volo d'angeli
(Foto Sergio Galeotti)

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