Viterbo CRONACA STORICA da "IL MONASTERO" con la storia della Sala della Madonna della Quercia nel Palazzo dei Priori di Viterbo
Mauro Galeotti

 

La processione alla Madonna della Quercia dopo il miracolo delle locuste, in un affresco del Palazzo dei Priori di Viterbo, nella Sala dedicata alla Madonna della Quercia

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"Si ritrovata la Nobilissima Città di Viterbo in una delle maggiori calamità, che forse mai avesse provato.

Erano non meno le sue abitazioni, che le Campagne ripiene di schifose, e perniciose locuste, che entrando in ogni luogo, o pur generandosi da per tutto, infettavano non meno l’acque, e comestibili, di quello infestassero i suoi abitatori; e dopo aver tolte la metà delle raccolte nell’anno 1576, si fattamente eransi rigenerate, e moltiplicate nel mese di Aprile dell’anno seguente 1577 che avendo ricoperto il terreno, consumavano in tal guisa i seminati, radevano l’erbe de prati, e campi, spogliavano gl’Alberi de i germogli, frondi, e frutti, che pareva da per tutto fosse il fuoco, perivano i Bestiami per mancanza de pascoli, e costernati si rimiravono i poveri Cittadini dal terrore e spavento, e non tanto nel rimirare quei sozzi animaletti congiurati al di loro esterminio, che sollevandosi tal volta a foltissime schiere in guisa di dense nubi adombravano il Sole, e oscuravano l’aria, quanto nel riconoscere esser ciò un gran flagello dell’Onnipotente adirato, ricorsero perciò alla Divina misericordia per mezzo di penitenze, e digiuni, si raccomandarno all’intercessione de Santi con processioni, ed altre opere di pietà, e non lasciando i mezzi umani, mandarno fuori centinara di persone con stipendio del Publico, e della Rev.[erenda] Cam.[era] quali con fuoco, acque bollenti, rami d’Alberi, ed altre invenzioni, ne disfecero migliara di rubj; ma quelle a somiglianza delle piaghe d’Egitto sempre più si moltiplicavansi, e sempre più crescevano i danni.

Onde non ritrovandosi altro rimedio, radunato il Generale Consiglio fecero con Voto solenne divotamente ricorso alla loro singolar padrona Maria SS.ma [Santissima], che elettasi per Trono maestoso la Quercia, e spargendo da per tutto i rami delle sue grazie, aveva non meno felicitata la loro Patria, che preservatala nell’occasioni dalle tempeste, pestilenze, dissenzioni, ed altre communi miserie.

Non tardò la sovrana Regina ad ascoltare benignamente la sua diletta Città, e divoto popolo di Viterbo: poiché appena fu fatto il Voto, che placato lo sdegno del suo Figlio, fece insorgere un vento tanto gagliardo, ed insolito, che soffiando per una notte, ed un giorno, in tal maniera dissipò, e fece sparire le locuste, o grilli, che rimase la terra, e l’aria non solo spazzata, e netta da esse, ma bensi anche purgata dall’infezzione, che ne potesse restare; e quello fu anche mirabile, che la raccolta de grani, biade, ed altri frutti della terra, non fu nemmeno copiosa degli altri anni.

A favore si grande, e tanto prodigiosa liberazione convertendo il popolo la mestizia in allegrezza, le lagrime in giubilo, il pianto in festa, non si saziavano di dare incessantemente lodi, e benedizioni alla loro Liberatrice, spopolandosi per più giorni le contrade di Viterbo, luoghi circonvicini per andar tutti a rendergli grazie nel suo Santuario con ricche limosine, donandogli trà l’altre la Communità di Viterbo sudetto cento Scudi; e fatto poi fare un quadro d’argento, in cui si rappresenta la Città, e Campagna in solennissima processione con l’Arcivescovo d’Amalfi, che esercitava il Pontificale in assenza del Cardinal Gambara Vescovo, col Vicelegato Monsignor Conti, Magistrato, Officiali, Clero, e tutto il popolo, lo presentarno a memoria perpetua di tanto beneficio a questa Sagra Imagine, ed anch’oggi si vede con questa iscrizzione:

Almae Virgini ad Quercum ex locustorum nimia clade Voto suscepto, Argenteam Urbis, et agri ixagrofiam Populus Viterbiensis Sal. Ann. 1581 D.D.D.

Fecero anche dipingere nel loro Palazzo il medesimo successo, vicino al Ritratto di questa grande Protettrice che tengono sopra la porta della sala di detto Palazzo, e la sera delli 7 di Settembre vigilia della Natività della Beatissima Vergine fanno ogn’anno per tal memoria una luminaria, e fuochi in piazza”.

(Frate Nicolò Maria Torelli: Miracoli della Madonna della Quercia di Viterbo, in Viterbo 1793, pag. 231, biblioteca: Mauro Galeotti)

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Sala della Madonna della Quercia
nel Palazzo dei Priori di Viterbo

Mauro Galeotti

Entrati nella sala dalle scale del Palazzo dei Priori, di fronte, in una lunetta sulla porta d’ingresso alla Sala regia, è l’immagine della Vergine col Bambino e angeli tra san Giovannino e san Lorenzo dipinta, per i più, nel 1488 dal viterbese Giovan Francesco d’Avanzarano detto il Fantastico (Viterbo 1465 c. - Montefiascone 1530 c.). Stando alla datazione dovrebbe essere questa la prima pittura eseguita nel palazzo, ma è da considerare che in quell’anno il palazzo era ancora in costruzione.

Attilio Carosi non è d’accordo, è certo che non è opera del Fantastico e afferma che questa pittura è da far risalire ai primi del XVI secolo.
In merito alla datazione 1488, lo scrive anche Cesare Pinzi nella guida di Viterbo, esiste la seguente notizia tratta dai Ricordi dei priori nel Novembre Dicembre del 1488 che leggo alla carta settanta:
«Avemo fatto fare una ymagine dela nostra donna benedicta, che non è fornita, nella prima sala grande del palazzo, dal figliuolo di Pietro Paolo de Vansarano».

Sivigliano Alloisi su "Il Quattrocento a Viterbo" afferma invece, come fa Carosi, che va scartata l’ipotesi del Pinzi di attribuire al pittore la lunetta anzidetta e attribuisce l’esecuzione dell’affresco agli inizi del 1500, come potrebbe far testo la scritta sull’architrave della porta sottostante dove è scolpito Iulius II pont. max. col suo stemma, che fu pontefice dal 1503 al 1513.

La citazione dei priori del 1488 potrebbe riferirsi a una pittura eseguita nel vecchio Palazzo dei priori, oggi Prefettura, anche perché non può considerarsi la sala in questione «sala grande».

I quadri riprodotti sono dieci e appare evidente che nove, eseguiti quasi certamente tra il 1561 ed il 1574, sono opera di uno stesso pittore, mentre quello sulla parete tra le due finestre è di altra mano più abile ed esperta e più tardo, da riferire tra il 1582 ed il 1586.
La volta fu rinforzata nel 1491.

Sulla lunetta, sopra l’ingresso dalle scale, è la Processione delle confraternite alla quercia, con l’immagine miracolosa della Madonna, effettuata domenica 20 Agosto 1467, per ringraziare la Vergine dello scampato pericolo della peste. Il cartiglio è purtroppo privo di scritta non più rintracciabile.

Sulla parete è pitturata un’altra Processione alla Quercia, questa volta al Santuario, dove partecipò anche la cittadinanza viterbese, scampata al pericolo dell’invasione delle cavallette avvenuta il 13 Maggio 1581.

I Viterbesi donarono, per riconoscenza, la riproduzione della Città di Viterbo realizzata su una lastra d’argento dall’orafo Francesco Monaldi, noto dal 1551 al 1575. Questi, nel 1575, realizzò su alcune tazze lo stemma del Comune in argento dorato. Voglio ricordare, per curiosità, che nel 1493 l’argenteria del Comune era conservata presso l’orefice Giulio, lo scrive Costantino G. Bulgari.

Dal campanile, che presenta un piano in più dell’originale, si affacciano alcuni fedeli curiosi.
In alto nel cartiglio era la scritta, secondo Nicolò Maria Torelli che la riferisce nel suo libro sui Miracoli della Madonna della Quercia, stampato nel 1725:
Almae Virgini ad Quercum / ex locustarum nimia clade / voto suscepto argenteam Urbis / et Agri iconographiam / Populus Viterbiensis / Sal. An. 1581, D.D.D.

In seguito dei restauri del 1999 oggi leggo:
Almae Virgini ad Quercum / ex locustarum maxima clade / voto suscepto argenteam Urbis / et Agri iconographiam Pop. Vit. / III id. Maii MDLXXXI  D.D.D. / Carolo Montilio Epo [~ sulla p] et Carolo / E Comitum familia illmo [~ sulla m] Prolegato.

Nel primo riquadro affrescato sulla volta è Battista Juzzante con l’immagine della Madonna dipinta su tegola da mastro Monetto e collocata sulla quercia nel 1417.

In basso è scritto:
Imaginem Dei Genitricis pictura a Monecto [in r]udi tegula expressam / Baptista Pauli Iuzantis Viterb. religionis e[rg]o agresti vite / ad quercum alligat et procidens suam misericordiam exposcit. / Salut. An. MCCCCXVII.

Nel secondo riquadro I viandanti si inginocchiano davanti all’immagine miracolosa.
In basso è:
Sui Creatoris Matrem quercus ut agnoscit ramos / eius imaginem deflectens et cultu quondam / veneratur et ab imbribus ac aliis temporum / iniuriis tuetur. Sal. An. MCCCCCXIIII [è esatto MCCCCLXIIII].

Nel terzo riquadro si vede donna Bartolomea che ruba la tegola e poi è ritratta mentre la porta via con sè per ben due volte, è il 1465. La scena è raffigurata anche in una lunetta del chiostro con la cisterna della Basilica di santa Maria della Quercia.

Sotto è scritto:
Bartolomea eximia in hac immagine religione foemina Viterb. illam en quercu semel / atque iterum sublatam ut domum defert repente eundem ad locum / divinitus sibi dicatum redit Salus anno MCCCCLXV.

Il quarto riquadro presenta la tegola protetta da una cappellina in legno alla quale I Senesi vengono a ringraziare donando un ex-voto d’argento con raffigurata la loro città salvata da un terremoto, è il 1467.
Il testo:
Inclyna [leggi Inclyta] Senarum urbe centenis sexque denis / diris terraemotibus plane liberata grata et / pia illius resp. missis huc voti caussa proceri / bus suis mensam argenteam suae Urbis effigiem / referentem huic deiparae DD. Salut. Ann. / MCCCCLXVII.

Nel quinto riquadro un viandante perseguito da alcuni uomini armati prega davanti alla Madonna ed è salvato, è il 1467.
Sotto leggo:
Ad huius imaginis praesidium confugiens quem hostes / feri stricto gladio insequebantur obtutui ipsorum / invisis redditus hostili manu liberatur Salut. Ann. MCCCCLXVII.

Nel sesto riquadro aumenta la devozione per la Madonna e inizia il primo pellegrinaggio da parte dei Viterbesi, tra i fedeli in prima fila, sono anche i malati, che chiedono la guarigione, è l’Agosto del 1467.
Sotto è scritto:
Nuncio utriusque miraculi accepto / frequens Viterbiensium multitudo ad / imaginem visendi ac venerandi caussa / sine cunctatione confluit Salut. Ann. MCCCCLXVII.

Nel settimo riquadro Quattordici paesi si recano dalla Madonna in pellegrinaggio portando doni, oramai i miracoli della Madonna sono assai noti. 
Non manca la presenza dei poveri malati. E’ il 30 Agosto 1467.
Sotto è riferito:
Ingentium miraculorum fama iam percrebescente quatuordecim populi / finitimi aliae que exterae nationes numero quadraginta millium / dominica die post gladiis hostilibus liberati miraculum sequen. / ad imaginem excolendam concurrunt magna voce illius misericor / diam implorantes ac pia munera offerentes. Salut. Ann. MCCCCLXVII.

L’ottavo riquadro presenta una cappellina in muratura, attorno alla tegola della Madonna, con lo svolgimento di una funzione religiosa dove è protagonista Dionisio da san Casciano che nel 1511 fu salvato, nonostante fosse ridotto a fin di vita dai malandrini.

Il miracolo è dipinto anche in una lunetta del chiostro con la cisterna della Basilica di santa Maria della Quercia e sul tabernacolo, opera di Andrea Bregno, della medesima basilica.
Sotto è:
Sancassanessi [sostituisci la prima s con n] semivivo ad Helernu(m) nemus / sub lapidum congerie relicto cui crassator / impius collu(m) gladio ferme secuit linteolo [v]ul / neri obligato salutem Deipara restitui [leggi restituente conti-] / nuo huic imagini et grate et pie ag[it habetque] / gratias illius subsidio servatus Sal. [An. MDXI, per il Torelli l’anno è il MDXXIV].

La Sala della Madonna della Quercia è stata terminata di restaurare nel Febbraio 1999 su finanziamento del Comune di Viterbo e della Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici di Roma.

Responsabile del restauro è stato Bruno Marocchini che ha operato sui precedenti restauri eseguiti nel 1950. 
Già in precedenza, il capo mastro Carlo Antonio Tedeschi, attivo dalla fine del ‘600, aveva avuto l’incarico di ripristinare quelle parti di affresco in deterioramento.

Interessante è stato il recente recupero dell’affresco posto tra le due finestre, infatti sono riaffiorati numerosi personaggi che passeggiano sui prati, nascosti da una ridipintura, forse col fine di portare più in primo piano la scena processionale.

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