Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

Il 29 Aprile il Calendario Liturgico celebra la memoria di S. Caterina da Siena (1347-1380) che nel 1363, all’età di sedici anni, dopo aver vinto le resistenze della sua famiglia, vestì l’abito delle Terziarie Domenicane, dette Mantellate per il mantello scuro che portavano sopra la veste bianca, e nel 1365 professò i voti perpetui.

Mossa da grande carità cristiana, volle prestare la sua amorosa opera per alleviare le sofferenze dei malati e dei derelitti alloggiati presso l’Ospedale della Scala e il lebbrosario di S. Lazzaro a Siena, continuando ad essere alacremente attiva anche nei periodi di epidemie che a più riprese flagellavano la città, incurante di mettere a repentaglio la sua stessa vita per il bene del prossimo.

Donna dall’intensa vita mistica, già all’età di sei anni ebbe una prima visione nella quale le si manifestò Cristo, e a sette, avendo fatto voto di castità, cercò di scappare di casa per andare a vivere nel deserto, a imitazione degli anacoreti. Pur essendo semianalfabeta, soprattutto nell’ultimo decennio della sua vita dettò ad altri, che le composero per lei, il contenuto di 380 lettere indirizzate a persone di ogni condizione sociale, con le quali generosamente cercò di spronare i titubanti, confortare gli afflitti, incoraggiare gli incerti, scrivendo parole sagge e piene d’amore, per additare la giusta via che conduce all’incontro con Cristo Risorto.

Alcune lettere furono indirizzate anche ad importanti personaggi politici del tempo, ed in esse la fervente monaca affrontò questioni morali e sociali, non mancando di dare giusti consigli.

Ma il suo zelo, alimentato alla fonte del grande desiderio di conformazione al Signore, fu dapprima frainteso, anche perché contro Caterina si scagliarono i pregiudizi diffusi a quei tempi sul conto delle donne: come poteva un’umile monaca, digiuna di cultura, con poche nozioni di religione, ignara dei grandi temi della teologia, inesperta di questioni politiche e sociali, arrogarsi il diritto di fare riflessioni, esprimere considerazioni, dare consigli, additare la via cristiana a coloro che a lei si rivolgevano? In più, certi suoi atteggiamenti e certe sue parole furono scambiati per intenti anticuriali.

Per tal motivo nel 1374 le fu ordinato di presentarsi davanti al Capitolo Generale dell’Ordine Domenicano, per fornire spiegazioni circa i suoi scritti ed alcuni suoi atti, non comprendendo i suoi detrattori che in lei misteriosamente operava la potenza dello Spirito di Dio.

Provvidenzialmente in quella riunione c’erano anche frati illuminati tanto che, a ben considerare la questione, alla fine non la si ritenne colpevole di alcun misfatto. Tuttavia per prudenza le fu affiancato Fra’ Raimondo da Capua, ufficialmente come confessore che doveva guidarla nel suo percorso di crescita spirituale, evitandole pericolose deviazioni dalla retta dottrina di fede, in realtà forse anche per controllarne più da vicino l’operato. Ma la presenza assidua di Fra’ Raimondo si rivelò una vera benedizione, perché così facendo ebbe modo di conoscere da vicino la forte e volitiva personalità di Caterina, la sincera carità che l’animava e la veridicità delle straordinarie esperienze mistiche che l’univano a Cristo, come il dono delle stimmate che ricevette nel 1375 mentre era inginocchiata davanti al Crocifisso nella chiesa di S. Cristina a Pisa.

Fra’ Raimondo si rese via via conto anche della profonda ispirazione divina che le permetteva di penetrare ad un alto grado il Mistero di Dio, e del magnifico dono della “scienza infusa” che la induceva, lei considerata ignorante dagli uomini, a comunicare per iscritto verità di fede di straordinaria pregnanza. Dal 1376 cominciò ad inviare missive anche a Papa Gregorio XI, che poi incontrò di persona ad Avignone, rivolgendogli accorati appelli sia affinchè ponesse fine alla “cattività avignonese”, sia perché desse avvio alla riforma della Chiesa da più parti invocata, e non più procrastinabile.

Di certo il Pontefice dovette tener conto di quanto quella monaca andava chiedendogli così animatamente, tanto che nel Gennaio 1377 fece ritorno a Roma. Nel 1378 durante momenti di intensa esperienza mistica Caterina, alla presenza del suo confessore Fra’ Raimondo, dettò in lingua volgare a Cristofano di Gano Guidini e a Stefano Maconi, che più tardi tradusse il testo in latino, l’opera conosciuta con il titolo “Dialogo della Divina Provvidenza”, o anche “Libro della Divina Dottrina”.

Considerato già dai suoi contemporanei un capolavoro della spiritualità cristiana, cominciarono a circolarne copie manoscritte, fino alla prima pubblicazione a stampa avvenuta a Bologna nel 1472. L’opera si compone di 167 capitoli, di cui i primi otto formano una specie di Introduzione, mentre gli altri sono raggruppati in quattro sezioni secondo l’argomento affrontato: “Trattato della discrezione”, “Trattato dell’Orazione”, “Trattato della Provvidenza” e il “Trattato della ubbidienza”.

Scopo fondamentale del libro è quello di voler portare l’anima del credente dalla paura dei castighi divini, che rende l’essere umano una sorta di servo davanti a Dio, ad un rapporto di perfetto amore che unisce la creatura al suo Creatore, poiché Dio è innanzitutto un Padre amorevole, sempre sollecito verso i suoi figli. Caterina, che compì almeno un miracolo già durante la sua vita, morì il 29 Aprile 1380 e fu canonizzata quasi un secolo dopo, nel 1461, mentre nel 1939 è stata dichiarata Compatrona dell’Italia insieme a S. Francesco d’Assisi.

Il 4 Ottobre 1970 Papa Paolo VI, proprio in considerazione della sua opera “Dialogo della Divina Provvidenza”, la proclamò Dottore della Chiesa affermando, tra l’altro, che la sua dottrina prende le mosse dai “Misteri della SS. Trinità e dell’Incarnazione del Signore”, alla quale tutte le sue idee sono connesse, e che le sue parole mirano a “condurre ciascuno alla conoscenza di sé e di Dio che abita in noi”. Un segnale forte da parte della Chiesa Cattolica nei riguardi della rivalutazione del ruolo delle sante donne nella storia della Cristianità, segnale reso possibile soprattutto grazie al cambiamento di prospettiva, pur nella fedeltà al depositus fidei, avviato dal Concilio Vaticano II (1962-1965).

Una rivalutazione che successivamente nel 1988 indusse S. Papa Giovanni Paolo II ad indirizzare una Lettera Apostolica alle donne, la “Mulieris dignitatem”, nella quale sapientemente mise in luce le peculiarità del “genio femminile”, ed il suo grande valore nel contribuire a dare testimonianza della Verità. Peculiarità dell’essere donna e ruoli femminili che anche nel presente e in un prossimo futuro la Chiesa dovrebbe impegnarsi a riconoscere, alimentare ed esaltare.

Micaela Merlino

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