Villa san Giovanni in Tuscia STORIA
Micaela Merlino

L’inaspettato incontro con Cristo Risorto durante il viaggio verso Damasco cambiò per sempre la vita di Saulo (Paolo), nato a Tarso, fervente ebreo ellenizzato, cittadino romano e, soprattutto, persecutore dei Cristiani.

Accecato dalla luce gloriosa del Figlio di Dio, ne sentì però la voce che gli chiedeva conto del perché di tanto odio verso di Lui, e dunque anche verso i credenti.

Una domanda che lasciò mute le sue labbra, ma che sconvolse la sua coscienza. La risposta fu la sua radicale trasformazione in un “uomo nuovo” in Cristo, non più persecutore, ma intrepido apostolo della Buona Novella per le vie del mondo. Fu così che, rivolgendosi soprattutto ai “gentili”, cioè ai pagani, Saulo si recò ad Atene, una famosissima città segnata da un glorioso passato politico e culturale, che anche sotto il dominio di Roma viveva una stagione di vivacità intellettuale. Secondo il racconto riportato negli “Atti degli Apostoli” (17, 16-34) il suo animo “si infiammò nel vedere come la città era piena di idoli”, cosicchè iniziò a discutere nella sinagoga con i Giudei ed i timorati di Dio, e si recò spesso anche nell’Agorà, la piazza principale della città, dove si intratteneva a parlare con quanti incontrava.

Ebbe modo di dialogare anche con alcuni seguaci delle dottrine filosofiche epicurea e stoica, che però non sembravano dargli molto credito. Infatti si domandarono “Che cosa intende dire questo seminatore di chiacchiere?”, mentre altri pensarono che predicasse divinità straniere. Nel testo greco la locuzione dispregiativa rivolta verso Saulo è “raccoglitore di semente”, che nel gergo ateniese era usata per indicare un accattone che racimola il cibo dove può, oppure colui che ripete parole senza conoscerne bene il senso, concetti che possono essere appunto tradotti con il vocabolo ciarlatano.

Tuttavia pur manifestando un po’ di scetticismo, spinti da viva curiosità intellettuale i filosofi ateniesi si mostrarono disponibili all’ascolto, tanto che condussero Saulo nell’Areopago, chiedendogli maggiori ragguagli su quella “nuova dottrina”: credevano di trovarsi di fronte ad uno dei tanti cultori di filosofia che girovagavano nella città, in cerca di nuovi adepti. Saulo iniziò a parlare: “Ateniesi, sotto ogni punto di vista io vi trovo sommamente religiosi. Infatti passando ed osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare su cui sta scritto: - Al Dio Ignoto-. Orbene quello che voi venerate senza conoscerlo, io vengo ad annunciarlo a voi: il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che in esso si trova…”.

Trovandosi di fronte ad un pubblico di pagani di elevata cultura e dediti alla filosofia, Saulo cercò di spiegare il contenuto del kèrigma cristiano (annuncio della morte e risurrezione di Cristo) traducendolo fin dove era possibile, in schemi e contenuti concettuali della cultura greca, affinché i suoi interlocutori potessero comprendere. Come trasmettere a costoro, politeisti, la verità dell’esistenza di un solo Dio, creatore dell’Universo?

Illuminato dallo Spirito Santo, Saulo si appellò all’esistenza in Atene di altari dedicati “Al Dio Ignoto”, affermando che quella divinità sconosciuta che essi adoravano, altri non era che il vero unico Dio creatore del cielo e della terra, e di tutta la realtà. Quel Dio che “dà a tutti vita, respiro e ogni cosa”, e che ha creato anche l’essere umano.

Abilmente egli interpretò in senso cristiano un’usanza religiosa tipica dei pagani, che nulla aveva a che fare con il monoteismo, svelando finalmente chi fosse quel Dio sconosciuto del quale gli Ateniesi, con il lume naturale della ragione, avevano intuito l’esistenza e la presenza. In realtà ritenendo che il numero degli Dèi fosse incalcolabile, i pagani dedicavano altari anche a divinità che mai si erano manifestate agli uomini, ma che dovevano sicuramente esistere; facevano ciò per scongiurare il loro risentimento a causa del sentirsi trascurati, poichè le divinità greche erano suscettibili e pronte a vendicarsi. Saulo spiegò il concetto di Dio, Creatore dell’essere umano a sua immagine e somiglianza, citando addirittura un verso dell’opera “Fenomeni” del poeta Arato di Soli (315-240 a.C.), quando proclamò “di Dio stirpe noi siamo”, idea espressa in modo quasi simile anche nell’ “Inno a Zeus” del filosofo stoico Cleante (330-232 a.C.).

Saulo cercò anche di mettere in luce l’inutilità degli idoli, vuote forme alle quali i Greci dedicavano così tante attenzioni, riproponendo una tematica più volte affrontata dai Profeti dell’antico Israele, come per esempio Isaia, ma del tutto estranea alla religiosità politeista. Secondo i Greci, infatti, i templi erano le case delle divinità, dunque le statue erano le immagini degli Dèi ivi dimoranti, e la loro sovrabbondante presenza pervadeva non solo i luoghi sacri ma tutti gli spazi, pubblici e privati. Fino ad un certo punto del discorso di Saulo i filosofi di Atene ascoltarono in silenzio, senza interrompere, e certamente riflettendo su ciò che man mano veniva loro spiegato.

Ma quando svelò il nocciolo del kèrigma cristiano, il loro atteggiamento cambiò: “Ora, passando sopra i tempi dell’ignoranza, Dio fa sapere agli uomini che tutti, e dappertutto, si convertano, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale sta per giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, accreditandolo di fronte a tutti, col risuscitarlo da morte”. Nel cercare di evangelizzare i filosofi ateniesi, l’Apostolo non accennò minimamente al sacrificio di Cristo sulla croce, né alla sua duplice natura di vero Dio, in quanto Dio Figlio, e vero uomo in quanto incarnato nel seno di Maria. Prudentemente si limitò a parlare di un “uomo” designato da Dio, che fu da Lui risuscitato.

Trovandosi di fronte a persone che vagliavano tutto con il metro della ragione, certamente il suo intento era quello di annunciare in modo graduale la Verità di Cristo, della sua incarnazione, morte e risurrezione. Ma non sempre coloro che sono interessati a conoscere, sono ugualmente disponibili a credere.

Infatti, quando i filosofi sentirono parlare di anastasis (resurrezione) dei morti il silenzio fu subito rotto: “Alcuni lo presero in giro, altri dicevano: Su questo argomento ti sentiremo ancora un’altra volta”. Saulo fu considerato, ad un tempo, sia ciarlatano che pazzo: l’anastasis era impossibile secondo le leggi naturali, dunque non degna di fede, non avendo essi tra l’altro visto mai nessuno risorgere intatto dal proprio sepolcro.

E’ sorprendente che persone abituate allo scambio dialettico e al confronto, si siano mostrati del tutto sordi di fronte ad un annuncio sconvolgente, perché non conforme alla ragione: non fecero altre domande, non indagarono, la loro curiosità improvvisamente si esaurì. Infatti se per gli Ebrei la Verità rivelata da Cristo fu scandalo, per molti pagani fu considerata pura follia. A ben vedere tale presa di posizione era la diretta conseguenza della formazione culturale e filosofica di quegli ateniesi.

Gli Epicurei, per esempio, che seguivano gli insegnamenti del filosofo greco Epicuro (341-271 a.C.), consideravano l’Universo come formato di atomi e di vuoto, dunque avevano una visione materialista del cosmo, ed ogni realtà era destinata irrevocabilmente ad estinguersi. Ma l’uomo doveva liberarsi della paura della morte, perché essa provocando lo stato di “non essere” non può più apportare dolore. Essi consideravano pure l’anima legata strettamente al corpo, tanto da essere essa stessa mortale.

Dunque nessuna prospettiva escatologica era ammessa. L’apologeta cristiano Tertulliano (155 circa-230 circa d.C.) nell’opera “La carne di Cristo”, per contrastare l’incomprensibilità della Resurrezione del Signore da parte dei filosofi pagani, scrisse: “Che il Figlio di Dio sia morto è veramente credibile perché è assurdo. E che, sepolto, sia risuscitato è certo, perché è impossibile”. La ragione umana non può spiegare il Mistero di Dio, il lume naturale pur così importante per comprendere parte della realtà creata da Dio, non può essere superiore a Lui, non può arrogarsi il diritto di rifiutare ciò che non riesce a concepire.

Ma l’annuncio di Cristo pur in mezzo ai filosofi non poteva lasciare tutti increduli o indifferenti. Infatti qualcuno dei semi gettati dall’Apostolo sul duro “asfalto” della ragione, trovò una piccola fessura, vi cadde dentro e raggiunto un pezzetto di terreno fecondo vi germogliò. Saulo non era, dunque, un “raccoglitore di semente”, ma un “seminatore”. Infatti “Alcuni uomini credettero a Saulo e abbracciarono la fede. Tra essi c’era anche Dionigi l’Areopagita, una donna di nome Damaris, ed altri con loro”. Non ebbero paura di essere considerati pazzi, poiché credettero all’ “incredibile”.

Il matematico Pavel Florenskij (1882-1937), ateo poi convertitosi al Cristianesimo, così scrisse: “In tutto ciò che incontriamo osserviamo delle contraddizioni irrisolvibili. Per risolvere questi problemi non abbiamo altra possibilità che la seguente: scegliere ciò che ci offre la Santissima Trinità, oppure la morte nella pazzia”.

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