Viterbo STORIA
Mauro Galeotti

Il Bullicame nel 1901 (Archivio Mauro Galeotti)

Volevo trascrivere una parte del “Trattato de’ bagni di Viterbo” di Cesare Crivellati nobile viterbese, libro edito a Viterbo nel 1706, stampato “per Giulio de’ Giulii”. E' una testimonianza assai graziosa e curiosa di come era presentato ai lettori settecenteschi, quella che noi chiamiamo la "callara del Bullicame".

Sul frontespizio leggo:

"Nel quale si tratta le qualità, & il valore di essi, il modo di usarli, la regola del vivere, & alcuni dubbii curiosi intorno a tal materia.
Agiuntovi dall’istesso una questione, dove si cerca se sia buono nelle infermità usare molti medicamenti, ò nò.
Cose non solo dilettivoli, ma ancora utili, & necessarie, non più date in luce”.

Il testo

”Continuandosi la strada di mezzo, che và verso Toscanella, lontano dal bagno di Ser Paolo circa un quarto di miglio, passato un fossatello a man dritta, in un piano a guisa di un’ara, vi è quel profondo abisso, chiamato comunemente il Bollicame, così detto dal frequente bollire che fà; è tondo di circonferenza di trenta passi, e più; nel mezzo, anzi in più luoghi di esso bollono alcuni capi d’acqua spaventevole a vedere, e in tanta copia, che giudico sarebbono bastati a far macinare un Molino.

La sua caldezza è tale, che non è possibile tenervi la mano per qualsivoglia picciolo spazio di tempo; e se vi si getta alcun Animale lo cuoce talmente, che in brevissimo tempo non vi restano altro che l’ossa; e mettendovisi ova in canestro, o cosa tale, vi si cuocono, come se fussero state poste nel fuoco.

L’acqua è chiarissima, di sapore austero, e dove passa, talmente impietra & imbianca, che par proprio tevertino; fà certi granelli come coriandoli confetti; il suo loto nella superficie è di colore di rugine, mà sotto poi è di color verde.

Prima ch’io parli delle qualità di questo luogo, dirò brevemente alcune cose, che se ne scrivano. Andrea Baccio nel quarto libro de Thermis, al cap. vii parlando della sua origine, dice che l’hebbe da Ercole in questo mondo. Essendo venuto Ercole ai Lucumani, fù pregato da quelli a mostrar qualche segno del suo valore; onde egli preso il palo di ferro, con il quale soleva essercitarsi, lo ficcò talmente in terra, che nessuno lo poteva sficcare; ma pregato a ritrarlo, lo ritrasse, e nell’uscir del palo, scaturi anco una grandissima copia d’acqua.

La qual cosa (dice egli) se ben da Servio è intesa per il Lago Cimino, hoggi detto di Vico, deve nondimeno esser’intesa del Bollicame: e soggiungendo la ragione dice, che nessun de’ gli antichi attribuì mai ad Ercole l’acqua fredda dedicata alle ninfe, come a persone molli, e delicate; ma ben gli attribuirono le calde, onde poi Erculee sono state nominate, quasi, che siano intollerabili ad altri, che a lui, per esser state dalla gran forza sua tirate fuori, concludendo per questo ciò non potersi intendere se non del Bollicame, per esser così servente, e così caldo, il che come ognun può comprendere è mera favola; l’Almadiano parlando della profondità di quest’acqua dice queste parole,

E molti provato han trovare il fondo,
Con mille pasa di fune calando,
Buttando dentro legato un gran pondo.
Molti Prelati così misurando,
Mai non hanno potuto ritrovare
Il fondo di quest’acqua assai provando.

Questa oppinione di tanta sua profondità, se bene da molti in Viterbo è accettata, sono però ancora di quelli, che la rifiutano, & io lasciarò disputarla a chi vuole.

E’ del certissimo, che già molti anni sono vi si buttarono dentro i Diavoli, e fu, che essendo apparsi in grandissima moltitudine sopra la Città, minacciando con rumori horribili di profondarla, furono miracolosamente scacciati dalla Madonna Santissima della Trinità di Viterbo con queste parole.

Andate maledetti al Bollicame. Il qual miracolo è dipinto sopra la Cappella di detta Madonna, e può ancora vedersi nell’Historia.

Ma per venire alle sue qualità, il Savonarola, e gli altri parlando del bagno del Bollicame, che prendeva l’acqua da questo luogo, dicono la sua miniera essere il ferro e l’alume.

Simile ad esso, secondo i medesimi Dottori, è il bagno della Ficoncella di S. Casciano, poiche, come eglino riferiscono, partecipa dal ferro, e dall’alume, ancor che Andrea Schiavetti vi aggiunghi l’argento.

Con tutto ciò se io ho da dire il mio parere, tengo, che il Bollicame non sia affatto privo di solfo, il che si prova, come vuole anco il Baccio, dal suo odore, e dal gran calore attuale che possiede.

Circa la sua qualità in atto io lo giudico caldo in quarto grado, ancor che in potenza, come vuole il medesimo Savonarola non ecceda il temperato, se bene io sono di parere, che per cagion del solfo sia un poco più caldo, e sia di maggior penetrazione.

Nella siccità tengo, se non mi inganno, che arrivi al terzo, onde disse il Savonarola esser temperato in calore, ma secco.

L’uso a tempi nostri e quasi dismesso, e per satisfare ad un quesito, dico essersi dismesso per l’eccessiva calidità attuale, che in lui si ritrova, perilche non si può soffrire, e se anticamente s’usava, era, perche l’acqua in quel viaggio, che faceva per andare alla bagno del Bollicame, si raffreddava alquanto, tal che si rendeva atta all’uso humano, se bene io credo, che usandosi facesse effetti mirabili, si come ha fatto a quelli, che l’hanno esperimentata, essendo stati alcuni, che bevendola, gli ha vacuati eccellentemente, come mi vien riferito, vi si bagnano

anco le pecore per la rogna, e ciò si fa in certe pescine, nelle quali si macerano i lini, e le canapi l’estate, il che si fa in tempo di ventiquattro ore.

Giova bagnandosi in dette piscine alla rogna, al raspo, al mal di gambe, & ad ogni sorte di piaga; e bevendosi, dicono giovare alle opilazioni tanto del fegato, come della milza; & il Savonarola dice giovare al fegato caldo, e a tutte l’altre infermità coleriche, & aduste, & alle humidità hidropiche, e si può dire, che giovi anco alle infermità non calde, ma humide, e ciò avviene per la mistione del ferro, e dello alume, il che si dice anco, per l’istessa ragione della Ficoncella di San Casciano, dicendo di essa il Savonarola, che conferisce allo stomaco caldo, e non caldo, come appresso di lui si può vedere. Si suol anco detta acqua tener in bocca per fermare i denti, che ballano, e con la terra, che produce, si sogliono fregare per farli bianchi”.

Mauro Galeotti
su gentile concessione, dall'oltretomba,
di  Cesare Crivellati

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