Viterbo STORIA
Mauro Galeotti

1910 Viterbo Piazza del Plebiscito con Via Cavour
le carceri sono nell'edificio a destra

Con la creazione dell’attuale Via Cavour, sin dal 1573, il palazzo stesso era stato notevolmente ridotto e si era reso insufficiente per ospitare le scuole, il Consiglio comunale il 6 Marzo 1576, stabilì che le scuole stesse fossero aperte nel Palazzo del podestà dove sono oggi gli uffici comunali. 

Dispose, altresì, che il Monte di Pietà fosse trasferito sotto il Palazzo comunale, dove erano le carceri, a destra dell’ingresso principale.

Le carceri nel 1561 erano già sotto il portico del Comune e a fianco era un locale, dato in enfiteusi alla Confraternita di san Leonardo, che fu poi commutato con altro ambiente perché quello fu destinato ad ingresso delle stesse carceri.

Nel 1563 furono spostate nel Palazzo del podestà e nel 1576 all’angolo di Via Cavour, come visto.

Il 1° Agosto 1595 la Confraternita di san Leonardo ricevette l’uso della Chiesa di santa Maria della Salute per assistere i detenuti che si trovavano nel Carcere in Piazza del Comune, la fratellanza aveva manifestato anche la volontà di togliere il sovrastante terrapieno, ma gli Avvocati, proprietari della chiesa, non autorizzarono tale opera. Poi, il 4 Marzo 1613, la Chiesa di santa Maria della Salute, fu riconsegnata all’Arte dei Notai e i confratelli ritornarono nella primitiva sede in Via sant’Antonio.

Le carceri rimasero nel palazzo di Via Cavour, angolo Piazza del Comune fino al 1842, ossia fino a quando furono trasferite nello Stallone del papa, vicino alla Rocca Albornoz, prendendo il nome di Carceri di Sallupara; furono attive almeno fino al 1924.

L’edifico delle Carceri vecchie fu così concesso alla Tesoreria di Stato, poi all’Ospizio degli Esposti che lo cedette in enfiteusi dal 1843 al Comune. Nel 1912, come ho già scritto, vi fu trasferita la Biblioteca del Comune che era nel Palazzo dei priori.

E’ stato poi sede degli uffici sanitari e attualmente vi sono vari uffici comunali, come l’economato, l’ufficio affissioni, l’assessorato alla cultura e l’ufficio tributi.

Oggi, a testimonianza del passato, rimangono sulle finestre dei piani inferiori alcune inferriate e nelle finestre dei piani superiori soltanto i fori delle grate divelte. Sulla facciata, sono murati tre stemmi del Comune realizzati in bassorilievo, su blocchi di peperino quadrati.

Quello sopra la porta prossima all’angolo, ha il leone passante con la palma e nella branca la bandiera. Appresso è l’altro stemma col leone rivoltato con la sola picca, l’ultimo, sopra alle finestre del primo piano, è passante con la palma stilizzata.

Tra le prime due finestre, del primo piano, campeggia lo stemma di papa Paolo III Farnese del 1539 con la scritta: Paulus III pont. / max ann. V. 

Sulla fascia in peperino che orna il palazzo, è quello del prolegato Marsilio Landriani, del 1580:

partito, al 1° l’aquila ed al 2° il castello.

Sotto a quest’ultimo stemma è in un cartiglio l’epigrafe:

Ex auctoritate Alex. Farnesii car. leg. perp. / Marsilius Landrianus pro. leg. / carcerem publicum commodiori / in loco extruendum curavit aere civitatis / a[nno] a par[tu] Virg[inis] MDLXXX.

Tradotta: Per ordine del cardinale Alessandro Farnese legato perpetuo, Marsilio Landriani prolegato, a spese della città, fece edificare in questo luogo più adatto, il pubblico carcere, l’anno 1580.

L’altra epigrafe del 1761, più in basso riferisce:

Emerico Bolognino praesidi / solertissimo integerrimo incomparabili / quod / carcere istos ad coercendam improborum / licentiam excitatos / modo / vacuos atque patefacto in spectaculum / civibus exterisque populo plaudente / exhibuerit / Societas S. Leonardi g.a.m.p / anno MDCCLXI.

Tradotta: In onore di Emerico Bolognini, governatore solerte, integro, impareggiabile perché queste carceri costruite per reprimere la sfrenatezza dei malvagi, ha potute testè, in mezzo al plauso universale, mostrare vuote ed aperte, spettacolo raro per i cittadini e per i forastieri, la Confraternita di san Leonardo, con animo grato, pose memoria l’anno 1761.

Il delegato apostolico Nicola Milella stabilisce, con manifesto del 23 Aprile 1851, che «è vietato espressamente alla moglie del custode di entrare nell’interno delle Carceri degli uomini, mentre dovrà la medesima specialmente presiedere alla Carcere delle donne». Inoltre era proibito ai parenti di mangiare con i carcerati, i quali non potevano ricevere dai parenti stessi non più di una foglietta di vino.

Il custode del carcere non poteva vendere vino, né altre cose, con particolare esclusione dell’acquavite e dei liquori. Era proibito, all’ora dell’ave Maria, che i detenuti fossero fuori della cella e all’interno delle carceri non era consentita la presenza di cani.

L’edificio delle carceri è stato colpito dai bombardamenti aerei dell’ultima guerra (1944) quando vi aveva sede l’ufficio sanitario. Prima della ricostruzione quell’ufficio è stato trasferito nella sede comunale.

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Chiesa di san Leonardo dei Carcerati in Via Cavour (Teatro Auditorium)

Papa Clemente VIII, con lettera in data 13 Aprile 1592, donò alla Confraternita di san Leonardo, che dimorava nella Chiesa di san Leonardo in Valle, un immobile in Via Farnesiana appartenuto alla Reverenda Camera apostolica, al fine di costruirvi più decenti, e più commode carceri.

In quell’edificio fu subito eretto un altare e il 25 Aprile, dello stesso anno, la chiesa fu aperta alla presenza del preside della città e degli ufficiali della Confraternita. Ma alla Confraternita necessitava anche una chiesa più ampia, per l’aumentato numero dei confratelli. Fu quindi concessa la Chiesa di santa Maria della Salute, essendo prossima alle prigioni, della quale presero possesso il 1° Agosto 1595. Ma, il 4 Marzo 1613, venne riconsegnata all’Arte dei Notai e i confratelli ritornarono nella primitiva sede.

Nel contempo però, grazie a pie elargizioni, la Confraternita riuscì ad acquistare, in Via san Lorenzo e in Via Farnesiana, varie case poste intorno alle carceri. Le fece demolire e vi iniziò a costruire la chiesa e l’oratorio. Tutto ciò è narrato nello Statuto della Ven.e Archiconfraternita di San Leonardo eretta in Viterbo sin dall’anno 1541 / Riformato nell’anno 1829, che ho nel mio archivio.

La prima pietra di marmo, per la costruzione della chiesa, fu posta il 6 Luglio 1636 dal cardinale Alessandro Cesarini (1636 - 1638), vescovo di Viterbo, e l’ultima nel 1641 quando fu anche benedetta.
Nello stesso anno il Comune, per la costruzione della chiesa stessa, concesse alcune pietre del Ponte Camillario; oggi quattro suoi capitelli sono conservati nella ex Villa del Seminarietto a La Quercia, presso il Ceis.

Fu distrutta nei bombardamenti aerei del 1944.

Sotto l’altare maggiore fu murata una medaglia d’oro pesante tre once, con su scolpita nel dritto, l’immagine di san Leonardo e nel rovescio, lo stemma del Cesarini.

Fu anche scolpita una epigrafe su pietra «affinché in qualunque futuro tempo la memoria non perisse di così augusta cerimonia».
Alexander SS. Cosmi et Damiani diaconus cardinalis Cesarinus Sodalitati S. Leonardi tutelarique suo templum struere moliente primum hunc lapideum lapidem ejesit. Presidie nonas Julii 1636.

Per la costruzione furono impiegati quattro anni e spesi 5181 scudi. La prima messa fu celebrata il 6 Novembre 1641 e nel 1644 vi prese sede la Confraternita di san Leonardo, ricostituita in Viterbo sin dal 1541. 

Quest’ultima aveva l’obbligo di provvedere alle necessità dei carcerati, come vitto, conforto spirituale e morale.
La Confraternita vestiva con sacco di color rosso cupo e con mozzetta di color turchino, aggiunta nel 1786 per distinguerla dalla Confraternita del ss. Nome di Gesù.

Aveva la facoltà di liberare in perpetuo, un condannato a morte all’anno, privilegio confermato dai papi Gregorio XIII nel 1585, Clemente VIII nel 1601 e dalla Bolla post diuturnas di Pio VII in data 6 Luglio 1816. I confratelli venivano seppelliti nella chiesa a circa sei palmi dall’altare maggiore, questa risulta l’unica sepoltura esistente.


Con l’avvento dei Francesi nel 1810 la chiesa e l’oratorio furono adibiti a carcere, fu così che i confratelli dovettero essere ospitati nella Chiesa di santa Caterina dalla quale erano state allontanate le suore «ora in quella di Maria SS.ma degli Artisti Mercanti [ossia santa Croce dei Mercanti] ed ora finalmente nell’altra dedicata a S. Biagio spettante alla magnifica Arte de’ Calzolari di questa città», così riferisce lo Statuto citato nelle premesse, dettate nel 1829 dal governatore della Confraternita, Lodovico Ottali.

Poi, allontanati i Francesi, nel 1816 fu benedetta di nuovo e l’altare maggiore fu consacrato il 6 Dicembre 1818 dal cardinale Severoli, vescovo di Viterbo. Nel 1827, da una Sacra Visita risulta, tra l’altro, quanto segue. Erano presenti sei altari tutti in cemento di cui cinque in chiesa ed uno all’interno nella residenza della Confraternita.

Erano dedicati, quello maggiore, naturalmente, a san Leonardo, con il quadro col santo titolare, opera di Francesco Maria Bonifazi (1637 - 1722 c.);
poi a san Domenico e san Bernardino, che era di giuspatronato della famiglia Vanni sin dal 15 Maggio 1643.
Lo stemma dei Vanni secondo Mario Signorelli è:
di rosso, al cane levriero d’argento, collarinato d’oro, rampante;

a san Giuseppe;
a santo Stefano protomartire, ma questo si riferisce ai Vanni residenti a Palermo, lo stemma Vanni della linea viterbese è più propriamente: al braccio sinistro vestito, impugnante una palma; a san Lazzaro, il quale era della famiglia Patrizi Chigi Montoro.

Quello della residenza era dedicato a san Filippo Neri su cui era il santo medesimo, opera di Anton Angelo Bonifazi.

Un organo, «con la sua orchestra, in fondo alla chiesa», è citato nel 1865.

Il soffitto si presentava senza volta, infatti quest’ultima fu iniziata a costruire nel 1841. Il campanile a vela, che sosteneva due campane benedette, è ancora sul retro dell’edificio che occupa l’area della chiesa, verso Via san Lorenzo. Tra le reliquie conservate e autenticate erano quelle: della Madonna, di san Leonardo, di santo Stefano, di san Giuseppe e dei dodici apostoli.

La facciata, dalle foto d’epoca che ho, non risulta essere stata mai terminata nella parte al di sopra dell’ingresso, anche se il Comune approvò l’utilizzo del travertino che formava, e forma ancora, il Ponte Camillario.

Scrive Francesco Cristofori sul suo giornale Viterbo, il 22 Settembre 1904:
«Va ultimata la facciata della chiesa di S. Leonardo delle Carceri in via Cavour. Da XVII secolo restò incompleta. 
La confraternita è ricca, dunque potrebbe una buona volta decidersi a far terminare la facciata rimasta a mezzo».

La porta d’ingresso in peperino, aveva sull’architrave il volto di un cherubino e sugli stipiti erano scolpite le catene con le manette dei carcerati, che ritrovo in città nelle formelle con scolpito san Leonardo. Ai lati dell’ingresso erano due nicchie prive di statue e tre pilastri per lato con bei capitelli con su scolpiti ricchi festoni di frutta.

La seconda domenica di Luglio del 1846 il cardinale Gaspare Bernardo Pianetti la consacrò.

In fondo alla chiesa era l’iscrizione:
«Quod huic templo et Leonardiano sodalitio coronidis loco deerat ab fers hodie princeps eminentissime Gasper Bernarde Pianetti auxpex laetitiae publicae dum aedem a majoribus ut acceptam fere ex integro restitutam et exornatam nonis junis MDCCCXLVI. Romana Sede quartum jam diem vacante, solemnibus coeremonis rite consecras indicto anniversario die in Dominicum qui secundus a kal jul obvenerit».

«Nelli due altari in fondo alla chiesa» era questa lapide che ricordava le innovazioni fatte alla stessa per volere della Confraternita di san Leonardo ed eseguite sotto la direzione dell’architetto Paolo Oddi:
«Templum et posticum sacrarium quod in honorem Leonardi patroni coelestis majorem pietas excitavit CCIV ann. vetustate pene fatiscens ut sacris supplicationibus augustis pateret intermedio muro prostrato, parietibus exornatis, fornicibus extructis avis tabulisque longe decentiore cultu restitutis Leonardianum Viterbii sodalitium custodis sumptibusque pie curandis aere conlato renovavit. A.R.S. MDCCCXLV Paulo Oddio concive architecto supra laudem industrio ac purite».

Tra i benefattori ricordo Giovan Lorenzo Franchini, il quale lasciò quattrocento scudi alla Confraternita di san Leonardo per «governarvi li poveri priggioni». Nella chiesa si conservava lo stendardo pitturato da Anton Angelo Bonifazi (1627- 1699) con san Leonardo ed i carcerati.

Tommaso Fiore (1925), autore di una monografia sull’artista Pietro Vanni  (1845 - 1905), scrive che nella chiesa erano gli stendardi eseguiti dal pittore viterbese intitolati: Glorificazione di san Leonardo e san Leonardo in carcere.
La sacrestia era unita all’oratorio ed era dotata di armadi per riporre gli indumenti dei confratelli.

Sopra all’ingresso bugnato dell’attuale edificio, ricostruito, è lo stemma in peperino del vescovo di Viterbo Adelchi Albanesi (1942 - 1970): ai tre monti di verde con prato ed al centro un stella a sei raggi, col capo caricato di un’aquila di nero.

Mauro Galeotti

Notizie tratte da Mauro Galeotti: L’illustrissima Città di Viterbo, Viterbo, 2002

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